Vi proponiamo la quarta parte dell'intervista che Filippo Schillaci ha fatto ai membri del gruppo Ecosol di Fidenza, che stanno avviando un’esperienza di cohousing. Il progetto è stato praticamente approvato e al momento è in corso la verifica dei costi.
Luca – L’aspetto sociale è quello che è stato detto. L’aspetto economico consiste sia nel mettere insieme le risorse, i consumi e tutto quanto ma anche, non so se è velleitario, lo scardinare il meccanismo che normalmente viene utilizzato nel settore edile che è quello dove lo scopo è spremere denaro dall’investimento. Qui si voleva riportare il tema nel suo alveo di logica e di buon senso. Quindi anche economico perché tocca i processi economici. Secondo me si potrebbe aprire un discorso, come si fa nell’alimentare, anche di filiera del costruire che è una filiera con un indotto incredibile. Qui si potrebbe parlare di DES, di distretti.
E poi c’è l’aspetto ambientale dove, come si diceva prima, l’attenzione è rivolta alle tecnologie e ai materiali del costruire sano, della bioedilizia. Sull’impatto ambientale, l’obiettivo che ci siamo posti, e che dovrebbe essere raggiungibile, è quello di emissioni zero. Il tutto, ripeto, senza radicalismi. Adesso siamo al punto che abbiamo il progetto che è praticamente approvato, abbiamo il gruppo, abbiamo tutto quanto e stiamo facendo la verifica dei costi.
Se saremo sotto tanto meglio, se saremo leggermente sopra andremo a limare sulle eccellenze che ci siamo posti e cercheremo di discutere i compromessi che ci saranno eventualmente da fare. Il tutto dovrebbe comunque vederci partire questa primavera con i lavori, poi, per le tecnologie scelte che sono quasi tutte a secco, nel giro di un anno e qualche mese termineremo. Vediamo quanto saremo bravi anche nel programmare.
Io – Distretto di Economia Solidale: cosa significa?
Fulvia – Il DES è un’idea nata essenzialmente dai gruppi d’acquisto. La partenza che hanno avuto i GAS era molto legata alla qualità del prodotto e anche al prezzo. Da lì si è arrivati poi alle relazioni. Capire che gli intenti sia di chi consuma un prodotto che di chi lo produce possono essere gli stessi ed è dunque possibile aprire un canale di reciproca utilità. Questo ha portato negli anni a rendere secondario il discorso del biologico.
Luca – Del biologico radicale.
Fulvia – Ma non secondario perché non sia importante. È importantissimo, però abbiamo accettato a volte di acquistare dei prodotti di persone che molto chiaramente dicevano: “quest’anno sono stato in difficoltà, ho dovuto per forza usare qualcosa, io ve lo dico”.
Luca – La trasparenza.
Fulvia - Un rapporto fiduciario in cui le scelte vengono in qualche modo fatte insieme. Da qui c’è stato un salto in avanti, ovvero: proviamo a fare in modo che quello che si produce risponda alle esigenze di chi poi lo consumerà e lo userà. Quindi non è più il mercato che decide cosa io devo mangiare ma sono io che indirizzo il produttore. E all’interno della relazione che si è creata questo si è dimostrato possibile, anzi vincente. Noi abbiamo ad esempio tante volte anticipato dei soldi per l’acquisto di mele a produttori che non ce la facevano a bypassare il problema economico legato alle banche.
Luca – Noi anticipavamo i soldi per le banche e loro ci garantivano un prezzo bloccato, trasparente. Una cosa importante è che in questo modo alcuni nostri interlocutori, che normalmente sono piccoli produttori, hanno potuto continuare a fare il biologico, cosa che prima non avrebbero potuto fare perché avevano come interlocutore la grande distribuzione che li massacrava sui prezzi. E altri si sono convertiti. Quindi si consente anche al produttore piccolo di sopravvivere, e per di più facendo quello che magari sognava di fare ma il mercato convenzionale non gli consentiva.
Fabio – Sto pensando ad esempio a Fabio che adesso fa solo farina biologica vendendola praticamente solo ai gruppi di acquisto. Lui diceva: “se devo vendere la mia farina al mercato normale a 40 centesimi al chilo io la pianto lì. A me costa di più come la faccio io”. Invece coi GAS può produrre il suo grano, il farro ecc, ha un prezzo trasparente, lui guadagna il giusto e noi siamo soddisfatti del rapporto qualità/prezzo. L’intermediario non c’è.
Fulvia – Il salto in avanti è avvenuto proprio partendo dal vedere come una relazione fiduciaria era produttiva non solo per sé e per chi produce, ma anche per il territorio in cui entrambe queste realtà esistono. Insieme ad altri GAS, soprattutto lombardi, abbiamo ragionato sulla costruzione di reti di economia solidale basate sul principio che il nostro tipo di economia può essere solidale con l’ambiente, con chi produce e nei nostri confronti, perché di fatto ci facciamo del bene.
Abbiamo anche visto che questa logica ha molto in comune con il discorso del commercio equo, con i ragionamenti delle cooperative sociali, con tante realtà. Queste realtà che esistono sul territorio potenzialmente lo trasformano perché in qualche modo si crea un’economia che non risponde ai principi della finanza ma risponde ai principi dei bisogni delle persone e anche al bisogno di vivere ciò che si produce.
Nel nostro caso abbiamo scritto insieme a tanti altri GAS il manifesto delle reti per l’economia solidale e abbiamo visto che uno degli strumenti possibili di organizzazione può essere la costruzione di un distretto di economia solidale esteso a una zona, che può essere per noi la provincia di Parma.
Abbiamo cominciato individuando quali erano i produttori potenzialmente interessati a questa relazione, ci siamo divisi in tanti tavoli affrontando i discorsi degli alimentari, degli indumenti, dell’energia. Non si è ancora creato il distretto ma si sono cominciati a intessere questi legami che speriamo poi conducano di fatto – ci condurranno sicuramente – a una rete di interessi comuni. Abbiamo ragionato tanto su chi può entrare nel DES, quale è la griglia che possiamo creare e anche lì il rischio è di diventare estremamente radicali: gente che lavora nel profit ma lavora onestamente tutelando i diritti dei lavoratori e l’ambiente per noi entra.
Luca – Sì, infatti non c’è stata preclusione ad esempio per le società di capitale. È chiaro che bisogna stare attenti, però non c’è preclusione.
Fulvia – Anche se quelle che aderiscono di fatto a questo percorso sono tutte piccole realtà.
Lucio – Si può pensare così di entrare anche in campi più grossi come quello dell’energia: delle famiglie di Fidenza non possono imporre al mercato di scegliere come produrre energia elettrica però un maggior numero di famiglie esteso alla provincia di Parma e altre province della Lombardia possono fare un contratto con un fornitore.
Luca – Ripeto: io vedo fortissime analogie col discorso che abbiamo fatto noi con la casa, che è il discorso del patto, del prodotto ma anche delle relazioni che ci stanno sotto, del fatto che coinvolge gli utenti ma anche chi produce questo manufatto. C’è tutto un discorso potenziale molto interessante. Mi verrebbe da dire: ancor più oggi con la crisi in atto.
Fulvia – Tante volte penso che dovremmo raccontare più spesso quello che facciamo noi gruppo di cinque famiglie che abbiamo da tanti anni il conto comune, che è l’unica cosa che non ci ha mai dato problemi. Su tutto il resto abbiamo discusso, su questo mai.
Luca – Ci preoccupava tanto prima di partire …
Io – Cos’è il conto comune?
Fulvia – Abbiamo proprio un conto intestato a un trust, su cui va il nostro stipendio e da lì ognuno prende quello di cui ha bisogno anche se il patto non detto ma di fatto realizzato è che ognuno sta attento a non superare la sua quota.
Luca – O se la supera avvisa gli altri.
Io – E ciò che voi chiamate il vicinato attivo?
Luca – Ad esempio, per noi andare a vivere vicini vuole anche dire che se uno va a fare la spesa la fa per tutti.
Io È già in atto questo tipo di interazione? La praticate già nonostante non viviate tutti insieme?
Luca – Noi cinque famiglie sì, dal 2002. E il trust l’abbiamo formalizzato proprio davanti a un notaio affinché fosse legale. Con gli altri invece c’è una condivisione di percorso. Non ci sono ovviamente uniformità ideologiche o religiose.
Fulvia – Non sono state richieste anche se ovviamente certi berlusconiani o leghisti sono incompatibili.
Luca – Farebbero molta fatica secondo me… noi abbiamo avuto qualche richiesta di persone che io credo c’entrassero come i cavoli a merenda però questo sistema è autoimmune perché uno che non condivide queste cose, che viene per fare del profitto o non so cosa, automaticamente scappa via per cui ci si auto protegge. Continua...
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