Le mani sull'acqua... altro che Giornata Mondiale

Il 22 marzo Giornata Mondiale dell’Acqua. Ma... in Italia... «A quasi 5 anni dalla straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, il Pd e il Governo Renzi/Madia vogliono comunque consegnare acqua e beni comuni ai grandi interessi finanziari»: questa la denuncia del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Le mani sull'acqua... altro che Giornata Mondiale

Il 22 marzo, dal 1992, è la Giornata Mondiale dell'Acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992, prevista all'interno delle direttive di Agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Ricorrenza che, a quanto pare, in questi anni non ha smosso né animi né cuori, visto che la privatizzazione dell’acqua in tutto il mondo sta procedendo a grandi passi.

L’Italia non è da meno e il governo non si è fermato nemmeno davanti all’esito del referendum del 2011 che ha espresso la volontà dei cittadini sul fatto che l’acqua resti pubblica.

«E’ in discussione alla Camera la legge d’iniziativa popolare presentata dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua nel 2007, con oltre 400.000 firme – spiega il Forum - Ma la legge, grazie ad una serie di emendamenti del PD, arriva in aula con un testo che, eliminando l’articolo 6 sulla ripubblicizzazione del servizio idrico, ne stravolge totalmente il significato. Contemporaneamente, ha iniziato il suo iter il Testo Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia n. 124/2015; un manifesto liberista, che prevede l’obbligo di gestione dei servizi pubblici locali a rete attraverso società per azioni e che ripristina l’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito” nella composizione della tariffa, nell’esatta dicitura che 26 milioni di cittadini avevano abrogato. Si tratta di un attacco senza precedenti all’acqua e alla democrazia. Il PD e governo Renzi vogliono consegnare l'acqua alle lobby della finanza. Rivendichiamo con forza che acqua e beni comuni non appartengono a nessuno».

QUI la videoregistrazione della conferenza stampa che i Movimenti per l’Acqua hanno tenuto alla Camera

Intanto l’Istat fornisce i dati sul consumo di acqua nel nostro paese.

Erogazione dalle reti

Il volume erogato agli utenti dalle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile è complessivamente pari a 5,2 miliardi di metri cubi nel 2012, in diminuzione del 5,4% rispetto al 2008. Si è avuto, pertanto, un consumo giornaliero di acqua per uso potabile pari a 241 litri per abitante, 12 litri al giorno in meno rispetto all’ultimo dato del 2008.

L’erogazione dell’acqua ad uso potabile si presenta eterogenea sul territorio italiano. Con 280 litri per abitante al giorno, il Nord-ovest è la ripartizione territoriale in cui è maggiore l’erogazione di acqua potabile pro capite. Nella stessa ripartizione, peraltro, si registra una forte variabilità territoriale, dai 233 litri per abitante al giorno del Piemonte ai 461 della Valle d’Aosta (regione con il valore più alto). Ai residenti delle Isole vengono erogati giornalmente 210 litri per abitante; mentre, fra le regioni, Toscana e Puglia presentano il valore più basso, di poco inferiore ai 200 litri per abitante.

Nel 2015 l’erogazione dell’acqua nelle abitazioni è stata indicata come irregolare dal 9,2% delle famiglie italiane, percentuale in leggero aumento rispetto al 2014 (8,7%). La problematica è maggiormente segnalato dalle famiglie residenti nelle Isole e nel Sud, con il massimo del disagio rilevato in Calabria (37,7%), Sicilia (24,1%) e Sardegna (21,1%).

La mancanza di fiducia a bere acqua di rubinetto continua a essere abbastanza diffusa tra le famiglie italiane anche nel 2015: poco meno di una famiglia su tre (30% delle famiglie italiane) ha manifestato questa preoccupazione, in leggero calo rispetto all’anno precedente (28,0%) e in controtendenza rispetto al trend registrato        negli ultimi anni. La quota più bassa di famiglie che non si fidano a bere acqua di rubinetto si registra al Nord-est, la più alta nelle isole(52,2%). A livello regionale, la sfiducia è molto elevata in Sardegna (60,3%), Calabria (49,4%) e Sicilia (49,4%); mentre è trascurabile nelle province autonome di Bolzano (2,0%), Trento (4,3%) e in Valle d'Aosta (9,0%).

Acqua e agricoltura

Il settore agricolo è il più grande utilizzatore di acqua. L’uso agricolo comprende sia l’irrigazione sia l’allevamento. L’agricoltura irrigua, in particolare, rappresenta la maggiore pressione sulla risorsa idrica in Italia, che è uno dei paesi europei che maggiormente fa ricorso all’irrigazione.

Nell’annata agraria 2012-2013 la superficie irrigabile delle aziende agricole italiane, cioè la superficie attrezzata per l’irrigazione, era pari a 4.074.750 ettari, distribuiti su 783.647 aziende. Rispetto al 1982 l’area irrigabile ha registrato un incremento di circa il 3%.

La superficie irrigata misura la quantità effettiva di terreni irrigati e può variare notevolmente di anno in anno, a seconda delle condizioni meteorologiche e delle colture praticate. Nell’annata agraria 2012-2013 l’irrigazione è stata effettuata dal 49,0% delle aziende agricole: 720.335 le aziende che irrigano una superficie di 2.917.649 ettari (+16,2% rispetto al 1982).

Acqua e industria

L’Istat diffonde per la prima volta la stima a livello nazionale dei volumi di acqua utilizzata nei processi produttivi dell’industria manifatturiera per settore economico.

Nel 2012 si è stimato che il volume di acqua complessivamente utilizzata come input produttivo dall’industria manifatturiera nazionale sia ammontato a circa 5,5 miliardi di metri cubi. Sono esclusi gli usi di acqua per i servizi igienici e il consumo umano all’interno degli stabilimenti produttivi. Il metodo di stima adottato da Istat si basa sulle unità fisiche di prodotto, distinte per tipologia all’interno di ciascun settore manifatturiero e su specifici coefficienti tecnici di trasformazione. La disaggregazione della stima evidenzia i settori che hanno utilizzato complessivamente una maggiore quantità di acqua per svolgere le rispettive attività di produzione nell’anno considerato.

Tre settori manifatturieri esercitano una elevata domanda di acqua, utilizzando da soli, un terzo del volume totale nazionale. Il primo di questi è il settore Chimica e dei prodotti chimici (681 milioni di metri cubi), seguito dal settore Gomma e materie plastiche (645 milioni di metri cubi) e dal settore Siderurgia e metalli di base (552 milioni di metri cubi). Un altro gruppo di settori si posiziona in un range medio-alto, con una domanda che, per ciascuno, oscilla fra il 5% e l’8% del totale nazionale: fra questi si trovano i settori Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, Carta e prodotti di carta, Tessile, Alimentari e Prodotti in metallo (esclusi macchinari), che insieme utilizzano circa il 34,5% del volume totale nazionale.

L’intensità d’uso dell’acqua è considerato un indicatore di pressione ambientale, poiché descrive l’impatto del sistema economico sulle risorse idriche ed è connessa quindi allo sviluppo sostenibile. Calcolato come rapporto fra la quantità d’acqua utilizzata e il valore della produzione venduta nell’anno in euro, l’indicatore rivela che nel 2012, in Italia, sono stati necessari in media 8,8 litri di acqua per ciascun euro di produzione realizzata. L’indicatore consente di confrontare la domanda di acqua dei diversi settori per unità di valore prodotta e di individuare così i settori più idro-esigenti. Con 73,2 litri utilizzati per euro di produzione venduta, il settore Estrazione di minerali presenta la più elevata intensità d’uso dell’acqua, seguito dal Tessile (25,1 litri per euro). Settori quali Gomma e materie plastiche, Tabacco, Coke e prodotti petroliferi raffinati, Carta e prodotti di carta, Chimica e prodotti chimici e Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi presentano un valore dell’indicatore che oscilla fra 17 e 19 litri per euro di produzione venduta. I settori Alimentari, Autoveicoli rimorchi e semi-rimorchi, Prodotti farmaceutici di base e preparazioni farmaceutiche, Macchinari e apparecchiature, Pelle e prodotti in pelle, Stampa e riproduzione di supporti registrati appaiono i meno idro-esigenti, con valori che non superano in media i 4 litri per euro.

Acqua e energia

L’Istat diffonde per la prima volta anche la stima a livello nazionale dei volumi di acqua utilizzati per la produzione di energia elettrica e di calore nelle centrali termoelettriche.

Nel 2012, la produzione netta1 di energia termoelettrica in Italia è stata di 207.327 gigawattora (GWh) prodotti da 2.725 impianti in esercizio.

La maggior parte della produzione è concentrata in Puglia: nei 55 impianti presenti, è stato prodotto il 15,1% della produzione annua totale, pari a 30.951 GWh, di cui 23.328 GWh provenienti dai quattro impianti dislocati tra Brindisi e Taranto. La seconda regione per produzione netta di energia termoelettrica è la Lombardia, i cui 669 impianti hanno prodotto 30.670 GWh, il 14,6% della produzione termoelettrica totale. La produzione più bassa si riscontra in Valle d’Aosta, che nei suoi sette impianti termoelettrici ha prodotto 9,5 GWh. I livelli di produzione sono contenuti anche in Basilicata (con 868 GWh prodotti, 0,4% del totale Italia) e nel Trentino-Alto Adige (1.064 GWh, 0,5% del totale).

L’energia termoelettrica è ancora la maggior fonte di energia elettrica nel nostro Paese, benché in decrescita dal 2007. Il costante calo della produzione è in parte compensato dall’aumento dell’energia di fonte idroelettrica, eolica, fotovoltaica e geotermica.

La distribuzione territoriale degli impianti termoelettrici è influenzata dalla presenza della risorsa idrica disponibile. Di conseguenza la maggior parte dei grandi impianti si trova lungo la costa dell’Italia meridionale e nelle vicinanze dei grandi corsi d’acqua dell’Italia settentrionale. Il 90% della produzione proviene da 140 impianti, di cui 58 localizzati in comuni costieri; tra questi Brindisi, Priolo, Sarroch e Porto Marghera, dove sono presenti i grandi poli petrolchimici.

L’acqua viene impiegata, sia nel processo produttivo delle centrali termoelettriche, sia esclusivamente per il raffreddamento degli impianti di produzione. Nel primo caso, i volumi di acqua sono utilizzati per produrre energia elettrica, calore, acqua demineralizzata, ma anche per il lavaggio degli impianti di produzione. Oltre all’energia elettrica, gli impianti, infatti, producono calore, ceduto agli stabilimenti produttivi vicini alle centrali sotto forma di vapore, oppure, in alcuni casi, utilizzato per riscaldare l’acqua delle reti di teleriscaldamento delle città. La stima dei volumi non comprende l’utilizzo di acqua di origine meteorica e l’acqua potabile per i servizi igienici ed altri usi civili all’interno degli impianti.

I volumi di acqua utilizzati nel processo di produzione di energia elettrica e nel raffreddamento degli impianti sono stimati, nel 2012, pari a 18,5 miliardi di metri cubi, di cui 119,7 milioni di metri cubi (0,6%) destinati ai processi produttivi. Il corpo idrico prevalentemente utilizzato è il mare, da cui provengono 16,3 miliardi di metri cubi di acqua (88,5% del totale). Il volume di acque interne complessivamente utilizzato è stimato in 2,2 miliardi di metri cubi e deriva, oltre che da corsi di acqua, canali e pozzi, anche da acquedotti industriali, da altri processi produttivi degli stabilimenti vicini e dagli impianti di depurazione delle acque reflue.

Poco più della metà del volume complessivo di acqua viene utilizzato negli impianti del Mezzogiorno (9,4 miliardi di metri cubi), il 27,9% nel Nord (5,2 miliardi di metri cubi) e il restante 21,2% nel Centro (3,9 miliardi di metri cubi).

Le centrali termoelettriche del Nord impiegano il maggior volume di acqua dolce continentale; l’acqua per il raffreddamento è costituita per il 66,4% da acqua di mare e per il restante 33,6% da acque interne prelevate dai grandi corsi di acqua, principalmente dal bacino del fiume Po.

Nelle regioni centrali e meridionali la maggior parte di acqua impiegata per il raffreddamento è, invece, rappresentata dall’acqua di mare, e le acque interne costituiscono circa il tre per cento del complessivo utilizzato. Un maggiore utilizzo di acque interne si riscontra nel processo produttivo, la cui incidenza sul volume complessivo è del 44,4% negli impianti del Mezzogiorno e del 56,6% in quelli del Centro.

Il maggior ricorso all’acqua dolce delle centrali dell’Italia settentrionale deriva dalla più alta disponibilità di acque interne, così come il minor ricorso all’acqua di mare ai soli fini del processo produttivo è dovuto all’incidenza dei costi di dissalazione dell’acqua marina che gli impianti devono sostenere. Per gli impianti dell’Italia centrale e meridionale i costi elevati sono in gran parte compensati dalla loro vicinanza al mare, che ne favorisce, quindi, il maggiore utilizzo.

L’acqua nel mondo

1 miliardo le persone che non ha accesso all’acqua potabile.

Dai 3 ai 4 miliardi quelle che non hanno acqua sufficiente e in quantità stabili.

2,5 milioni coloro che sono sprovvisti di servizi igienici.

8 milioni le persone che muoiono a causa di malattie legate all’insicurezza dell’approvvigionamento d’acqua.

1,4 milioni i bambini all’anno che muoiono per malattie causate da acqua contaminata e dall’assenza di misure igieniche adeguate. Uno ogni 20 secondi.

425 litri al giorno per ogni abitante degli Stati Uniti ai 10 litri di un abitante del Madagscar.

+55% Aumento della domanda mondiale di acqua da qui al 2050, secondo l’Ocse.

215 litri consumo medio pro capite d’acqua potabile al giorno, in Italia. Anche per usi in cui non serve che sia potabile.

140 litri riserva idrica di ogni italiano, contro i 2.200 litri di uno statunitense, i 3.300 litri di un australiano e i 1.100 litri di uno spagnolo,
secondo uno studio Kinsey & Co.

40 litri la quantità minima di acqua al giorno per soddisfare i bisogni vitali, secondo l’Oms.

40% della popolazione mondiale vive sotto questa soglia.

300 litri al giorno il consumo medio stimato nei Paesi più ricchi.

1700 metri cubi l’utilizzo pro capite annuo di acqua negli Stati Uniti (compresi usi agricoli e industriali).

250 metri cubi l’utilizzo pro capite annuo di acqua in Africa.

2,5 miliardi le persone che vivono in zone senza acquedotti e senza infrastrutture, secondo il rapporto Onu “UN-Water”.

1 miliardo le persone che non hanno un rubinetto in casa. Tra queste, otto su dieci vivono in aree rurali.

1/3 gli abitanti del pianeta Terra che vivrà in zone in cui l’acqua scarseggia entro il 2030.

2/3 la popolazione mondiale che potrebbe trovarsi in condizioni di “stress idrico” già entro il 2025.

 

 

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