L'allarme è stato lanciato dagli scienziati dell'Institute of Marine Mammal Studies (IMMS) di Gulfport, nel Missisipi. Venti cuccioli di delfini appena nati o abortiti spontaneamente per cause ancora ignote sono stati trovati spiaggiati negli stati più colpiti dalla marea nera originata dall'esplosione della piattaforma Deepwater nel Golfo del Messico, avvenuta il 20 aprile dello scorso anno.
Secondo gli ultimi dati della National Ocaeanic and Atmospheric Administration (NOAA), dal 1° gennaio ad oggi più di ottanta delfini morti - di cui quarantadue cuccioli - sono stati rinvenuti lungo le coste della Louisiana, Missisipi, Alabama e Florida.
Secondo Moby Solangi, direttore dell'Institute of Marine Mammal Studies (IMMS), nella stagione delle nascite che raggiunge il suo culmine a marzo, normalmente si possono trovare al massimo uno o due delfini morti. Per qualche ragione ancora sconosciuta agli scienziati, questi piccoli delfini sono nati morti o sono stati abortiti spontaneamente.
Solangi afferma che non è una coincidenza e che alla base di questa moria di cuccioli c'è una ragione ben precisa. Con il suo team sta effettuando una serie di analisi per risalire alla causa della morte dei piccoli tursiopi. Gli scienziati procedono eseguendo l'autopsia sui cadaveri dei mammiferi, prelevando e analizzando del tessuto dal corpo per verificare la presenza di eventuali malattie, infezioni virali, tossine.
Purtroppo - questo procedimento può richiedere diverse settimane o addirittura mesi di lavoro - afferma Solange - e senza il responso delle analisi è prematuro capire cosa sta causando quest'allarmante strage di delfini cuccioli. Solange non esclude una possibile connessione tra la loro morte e la fuoriuscita di petrolio avvenuta per esplosione della piattaforma Deepwater nel Golfo del Messico.
Il direttore dell'IMMS ha assolutamente affermato che è un fattore da considerare poiché la marea nera è durata diversi mesi, ha coperto decine di chilometri quadrati di territorio invadendo gran parte degli habitat di questi animali.
Gli scienziati non riescono però a spiegarsi come la fuoriuscita di petrolio potrebbe aver colpito i delfini che ancora si trovavano nel grembo materno, dal momento che, non essendo stati concepiti prima o durante le settimane peggiori della fuoriuscita, non sono venuti direttamente a contatto con gli olii rilasciati e normalmente la contaminazione avviene per inalazione o ingestione diretta o indiretta (per esempio mangiando pesce contaminato).
Il biologo marino e direttore della North Gulf Oceanic Society (NGOS), Craig Matkin seguì gli effetti della fuoriuscita di petrolio della Exxon Valdez nel 1989 su popolazioni di balene in Alaska; egli afferma che, se anche esistesse un legame tra la marea nera e i delfini morti, sarebbe davvero difficile dimostrarlo. Gli insetticidi, i pesticidi (ad esempio il DDT), gli Inquinanti Organici Persistenti sono insolubili in acqua, si propagano nell'aria, nell'acqua a causa della loro scarsa degradabilità e data la loro lipofilia penetrano e si accumulano facilmente nei tessuti adiposi degli animali.
Gli idrocarburi del petrolio - afferma Matkin - vengono invece trasformati dal corpo rapidamente e non persistono nei tessuti. Per questa ragione Matkin sostiene che sarà davvero difficile trovare un collegamento tra i due eventi ad un anno dal disastro.
Blair Mase, coordinatore del Southeast Marine Mammal Stranding Network of the National Atmospheric and Oceanic Administration, ha aggiunto che "probabilmente non riusciranno a trovare nessuna risposta soddisfacente a questa moria di giovani delfini come è successo anche in passato". Infatti dal 1990 ad oggi si sono verificati quattordici eventi di mortalità insoliti ma gli scienziati sono stati in grado di determinare le cause solo di sei casi su quattordici.
A prescindere dai risultati che il team comunicherà dopo aver effettuato tutte le analisi necessarie, i danni causati dalla marea nera nel medio e lungo periodo sono in ogni caso meno evidenti ma sicuramente più subdoli.
È oramai dimostrato che l'esposizione per un medio o lungo periodo a dosi anche minime di petrolio determina l'insorgere di diversi tipi di tumori in diversi organismi e inoltre non dobbiamo sottovalutare gli strumenti e le sostanze chimiche che sono state utilizzate per arginare la marea nera: i solventi ad esempio sono altamente tossici per molti organismi marini o le pompe o aspiratori utilizzate per il recupero del petrolio spiaggiato danneggiano gli ambienti e arrecano disturbo agli uccelli marini se questi strumenti vengono adoperati nei periodi in cui questi animali si riproducono.
Possiamo solo sperare che verranno intensificate e pianificate opere per mettere in sicurezza navi e piattaforme se nel futuro vogliamo evitare di assistere impotenti a disastri del genere, capaci di provocare danni incalcolabili alla biodiversità del Pianeta.