Piuttosto che fare commenti sul libro o scrivere una recensione, preferisco riportarne alcuni passi perché parlano meglio di qualsiasi commento. Il libro in questione è "Accelerazione e alienazione" scritto dal sociologo tedesco Hartmut Rosa.
«Forse l’aspetto più sorprendente e inaspettato dell’accelerazione sociale è la spettacolare e contagiosa “carestia di tempo” delle società (occidentali) moderne. Nella modernità gli attori sociali hanno sempre più l’impressione che il tempo stia loro sfuggendo, che sia troppo breve. Sembra che il tempo sia percepito come una materia prima da consumare al pari del petrolio e che, come questo, sta diventando sempre più caro e costoso».
«Come ci si aspetterebbe, studi empirici mostrano che l’uomo nella società contemporanea si sente davvero pesantemente sotto pressione e si lamenta davvero della scarsità di tempo. Questi sentimenti sembrano essere cresciuti negli ultimi decenni, rendendo plausibile la tesi secondo cui la “rivoluzione digitale” e il processo di globalizzazione portano ad un’ulteriore ondata di accelerazione sociale».
«E molti studi lo dimostrano: così per esempio, sembra esserci una netta tendenza a mangiare più in fretta, dormire meno, parlare meno con i familiari rispetto a quanto facevano i nostri antenati».
«All’accelerazione tecnologica dovrebbe quindi logicamente accompagnarsi un aumento del tempo libero, che a sua volta dovrebbe far rallentare il ritmo della vita o almeno eliminare o alleviare la carestia di tempo . Dal momento che l’accelerazione tecnologica significa impiegare meno tempo per svolgere un determinato compito, il tempo dovrebbe abbondare…..al contrario nella società moderna il tempo diventa qualcosa di sempre più scarso».
«Quelle stesse tecniche che ci aiutano a guadagnare tempo hanno anche portato a un’esplosione delle opzioni nel mondo: non importa quanto veloci riusciamo ad essere, la nostra quota di mondo, cioè la proporzione tra le opzioni realizzate e le esperienze vissute e tutte quelle mancate non cresce, bensì precipita incessantemente. Questa è, oserei dire, una delle tragedie dell’individuo moderno: sentirsi imprigionato in una ruota da criceto, mentre la sua fame di vita e di mondo non è mai soddisfatta, ma anzi gradatamente sempre più frustrata».
«Allo stesso modo, in una società competitiva con ritmi accelerati di mutamento sociale in tutte le sfere della vita, gli individui hanno sempre la sensazione di trovarsi su di una “china scivolosa”: fare una lunga pausa significa diventare fuori moda, antiquati, anacronistici nell’esperienza e nella conoscenza, negli accessori e nell’abbigliamento, negli orientamenti e persino nella lingua».
«La crescita incredibile nella velocità della produzione ha cambiato dalle fondamenta il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente che lo circonda: sostituiamo gli elementi materiali della nostra vita (il mobilio e la cucina, la macchina e il computer, l’abbigliamento e le abitudini alimentari, l’aspetto della nostra città, la scuola e l’ufficio, programmi e strumenti con cui lavoriamo) a una velocità tale che si potrebbe quasi parlare di “struttura dell’usa e getta”. In ciò siamo molto diversi dal mondo premoderno, in cui le cose venivano rimpiazzate solo quando erano rotte o non più funzionali e spesso venivano riproposte più o meno nella stessa forma. Per contro, come osservava già Marx, nel mondo moderno al consumo fisico si è sostituito quello morale: rimpiazziamo gli oggetti quasi sempre prima che si rompano, perché i ritmi elevati dell’innovazione li hanno resi datati e “anacronistici” ben prima che il loro ciclo fisico sia terminato. In questo senso la nostra relazione con il mondo degli oggetti è stata profondamente trasformata dai ritmi di velocità crescenti del mondo moderno».
«In un certo senso l’accelerazione conduce direttamente alla disintegrazione e all’erosione delle nostre relazioni sociali: non riusciamo a integrare gli episodi delle nostre azioni e della nostra esperienza (e degli oggetti che acquistiamo) nella totalità di un’esistenza e di conseguenza siamo sempre più staccati e sganciati dal tempo e dallo spazio della nostra vita, dalle nostre azioni ed esperienze e dalle cose con cui lavoriamo e viviamo».
Rosa non poteva essere più chiaro ed esplicito nel fare una fotografia perfetta dello stato in cui siamo e a quello a cui stiamo andando incontro e il resto del libro è pieno di spunti e riflessioni preziose.
Dopo averci rubato tutto – l’aria, l’acqua, il cibo, la natura, le relazioni, i diritti – ora il sistema della crescita economica e della conseguente vendita di tutto, ad iniziare dalla propria anima, ci vuole rubare l’unica cosa rimastaci: il tempo. Tempo che ci viene rubato con il nostro consenso perché la più forte dittatura, si sa, è quella che non ha bisogno di particolari coercizioni e si serve dei suoi schiavi per esercitare il potere assoluto.
Riprendiamoci il tempo, riprendiamoci la vita, riprendiamoci noi stessi.