Ma nonostante la logica dica il contrario, si continua a proporre la crescita come imprescindibile obiettivo e panacea di tutti i mali. Come ottenere questa crescita è del tutto indifferente, va bene qualsiasi cosa, dalla vendita di armi, alla produzione in massa di oggetti superflui, dalla cementificazione del territorio, alla costruzioni di grandi e devastanti opere, dalle mega fabbriche inquinanti, alla costruzione di inutili e costosissime infrastrutture energetiche. Tutto purché si aumenti di qualche "zero virgola" la crescita e si possa quindi dimostrare che il paese è progredito. Con quali conseguenze, che poi si ripercuoteranno pesantemente anche negli anni a venire, poco importa perché il paradosso della crescita è proprio quello che pure i danni fanno crescere il paese, quindi più ammalati di cancro e malattie varie ci sono, con relative spese sanitarie e più il PIL cresce. Già solo questo parametro aberrante dovrebbe evitare di prendere come riferimento il PIL e avere la crescita come obiettivo.
Noi non abbiamo bisogno del cancro della crescita ma di prosperità e benessere che possono tranquillamente essere raggiunti senza essere legati indissolubilmente alla crescita. Ormai anche molti economisti ci dimostrano che esistono parametri economici migliori e più efficaci per misurare il reale benessere di un paese. Uno degli ultimi importanti lavori in questo senso è della prestigiosa economista Kate Raworth con la sua teoria sull’economia della ciambella, che indica come liberarsi dalla dipendenza dalla crescita, riprogettare il denaro, la finanza e il mondo degli affari, per metterli al servizio delle persone.
Ma oltre i limiti fisici, l’esaurimento delle risorse e l’inquinamento prodotto, ci sono argomenti che dimostrano che nel nostro paese non si possa crescere in maniera significativa. I settori trainanti tradizionalmente sono quello edile e quello automobilistico, ed entrambi in Italia non se la passano bene per ovvi motivi. Si è già costruito l’impossibile, potrebbe aiutare la riqualificazione energetica di tutto il patrimonio edilizio che è in condizioni pietose ma non si agisce in questa direzione. Strano, perché un'azione del genere muoverebbe l’economia in una direzione sensata e farebbe risparmiare tanti soldi ai cittadini e allo Stato. Ma sembra essere una politica troppo lungimirante per essere presa seriamente in considerazione. Il settore automobilistico è già super saturo e al massimo si potrebbe sperare nella sostituzione del parco auto alimentato con combustibili fossili e passare a quello elettrico ma le auto elettriche hanno costi ancora altissimi. Inoltre il futuro della mobilità è collettivo considerando che non ci sono risorse sufficienti per continuare a costruire all’infinito milioni di automobili elettriche o meno che siano.
Sperare che il nostro paese cresca con grandi numeri è più utopico che sperare in una Italia senza corruzione o in cui la burocrazia sia a favore dei cittadini e non il suo nemico mortale. Il perché non possiamo crescere più di tanto è presto detto: non siamo negli anni Cinquanta e Sessanta, quando iniziava l’era dei consumi di massa, in pochi avevano automobili, elettrodomestici, accessori, l’edilizia era agli albori della sua aggressione del territorio e la televisione muoveva i suoi primi passi come megafono principe del consumismo. L’Italia all’epoca era un campo aperto dove si poteva produrre e proporre qualsiasi cosa e sarebbe stata comprata in massa.
Oggi le persone hanno tutto, anzi hanno troppo, non sanno più dove mettere gli oggetti in casa, cantine e soffitte sono strapiene di roba, cassetti pieni di cellulari, automobili e motocicli dappertutto, edilizia padrona di ogni minimo spazio fisico dove è stato costruito qualsiasi interstizio devastando completamente coste, terreni agricoli, città e ovunque luoghi di rara bellezza sono stati sacrificati sull’altare della crescita del conto in banca degli speculatori. Ci sono poi sempre più persone che alla favoletta della crescita, e che bisogna spendere più soldi possibile per il bene del paese, non ci credono più vedendone i tragici risultati sia per l’impoverimento delle persone, sia dei danni all’ambiente. E queste persone che rifiutano il consumismo aumenteranno costantemente e quindi renderanno ancora più difficile la crescita economica.
A fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, la crescita media annuale era del 6,5%. Come è realisticamente pensabile che si possano avere ancora queste percentuali, quando ormai da anni si lotta per raggiungere anche solo misere percentuali di crescita? Non solo è materialmente impossibile visto che gli italiani hanno già tutto ma in più con la politica di criminalizzazione degli immigrati ci si taglia le gambe da soli. Gli immigrati infatti, partendo da zero, sono l'esempio dei perfetti consumatori; e sono anche coloro che possono supportare il sistema pensionistico italiano che prossimamente sarà al collasso, poiché gli italiani sono sempre più anziani e fanno sempre meno figli. Quindi non si capisce chi le pagherà le nostre pensioni se in Italia si fanno sempre meno bambini, i nostri giovani se ne vanno all’estero e quelli che arrivano dall’estero li vogliamo rimandare via a fucilate.
Ma anche se per miracolo avessimo crescite incredibili del 6 o 7%, vorrebbe dire un aumento enorme della produzione di merci per lo più superflue, con tutto il corredo di consumi energetici, inquinamento e rifiuti che darebbero la mazzata finale ad una Italia già in coma profondo a causa dagli effetti della crescita fino ad oggi.
Invece di seguire questa strada cieca, dannosa, senza uscita e sempre perdente della impossibile crescita, perché non puntare decisamente su altri obiettivi e parametri molto più fattibili, intelligenti e dai sicuri risultati?
Puntare alla piena occupazione delle persone e alla conseguente riduzione dell’orario di lavoro, puntare alla qualità del lavoro, sia dal punto di vista ambientale che per le persone, puntare alla salvaguardia del territorio. Puntare alla qualità della vita con la riduzione drastica di ogni livello di inquinamento, ad aumentare l’autonomia energetica e alimentare del paese valorizzando le nostre preziose peculiarità diffuse in tutta Italia. Valorizzare il nostro immenso e unico patrimonio artistico e culturale, rifare del nostro paese il Giardino d’Europa che fu un tempo, prima che la crescita lo facesse diventare una discarica. Tutti elementi questi che aumenterebbero il vero benessere, diminuirebbero gli sprechi e le spese delle persone e di conseguenza diminuirebbero l’esigenza del denaro e del dover lavorare così tanto per comprare merci superflue. Passare quindi da una società dello spreco, dell’accumulo e degli squilibri, ad una società dell’equilibrio, della ponderatezza, dei limiti benefici. Una società del genere farebbe stare meglio tutti indistintamente perché la società che persegue la crescita ha spesso come risultato quello di arricchire coloro che sono già straricchi e infatti i dati circa la disuguaglianze ce lo confermano. Non è certo questa la strada che va seguita. Bisogna con coraggio e lungimiranza cambiare la rotta altrimenti la tempesta perfetta è garantita. Ci sono esempi concreti, progetti, studi, economisti e persone che le soluzioni le hanno, le praticano e le vivono quotidianamente, si prenda esempio da loro invece di continuare a credere all’impossibile, non è difficile, basta volerlo fare.