La Commissione europea, riunita a Strasburgo in occasione di una sessione plenaria del Parlamento europeo, ha presentato nuovi obiettivi anti-inquinamento. Si punta entro il 2030 a riusare o riciclare tutti gli imballaggi di plastica e a ridurre l'uso di microplastiche. La strategia comprenderebbe un'etichettatura più chiara per distinguere polimeri compostabili e biodegradabili e regole per la raccolta differenziata sulle imbarcazioni e il trattamento dei rifiuti nei porti. Attese entro gennaio misure per ridurre l'impatto delle bottiglie d'acqua in plastica.
Eppure, a differenza di quanto lasciano intendere i titoloni trionfalistici dei media, «la nostra non è una strategia anti-plastica», ha detto il vice presidente della Commissione Frans Timmermans, parlando a un gruppo di giornalisti belgi. «La plastica rimane indispensabile per l’economia. L’industria di questo settore dà lavoro a 1,5 milioni di persone nell’Unione». E, tra le altre cose, la Commissione vuole mettere a disposizione dell’industria 100 milioni di euro da investire nella ricerca tecnologica.
Da sottolineare poi che la strategia viene formulata proprio dopo che la Cina ha deciso di vietare l’importazione di rifiuti dal resto del mondo; questo sta costringendo l'Unione Europea a rivedere le priorità. Finora, la UE esportava verso la Cina il 60% dei rifiuti di plastica e il 13% dei rifiuti di carta, chiedendo al paese asiatico di riciclarli o di bruciarli.
Sempre secondo l’esecutivo comunitario, sarà possibile creare 200mila nuovi posti di lavoro da qui al 2030, nel settore del riciclo. L’uso una sola volta di molti imballaggi di plastica fa sì che il valore di questi sacchetti venga perso al 95% in brevissimo tempo. Nel 2015, la Commissione ha imposto che il 55% dei rifiuti di plastica venga riciclato. La proposta è stata fatta propria almeno preliminarmente dal Parlamento e dal Consiglio nel dicembre scorso.
La nuova strategia comunitaria giunge mentre la stessa Commissione europea sta valutando una tassa sulla plastica per finanziare il bilancio europeo. «Sarà necessario fare uno studio d’impatto – nota ancora Frans Timmermans -, tenendo presente che se il nostro obiettivo è di ridurre l'uso della plastica il gettito potrebbe diminuire. Dobbiamo chiederci se questa soluzione possa essere un reddito sostenibile nel tempo».
“La strategia europea sulla plastica presentata oggi dalla Commissione Europea è una buona notizia per l’ambiente e l’innovazione industriale" ha dichiarato Stefano Ciafani direttore generale di Legambiente.
L’Italia, ricorda Legambiente, è stato il primo Paese in Europa ad varare la legge contro gli shopper non compostabili, approvata nel 2006 ed entrata in vigore nel 2012, ad applicare dall'1 gennaio 2018 la messa al bando dei sacchetti leggeri e ultraleggeri di plastica tradizionale, a dire stop ai cotton fioc non biodegradabili e compostabili (dal 2019) e alle microplastiche nei cosmetici (a partire dal 2020). Non va inoltre dimenticato l’impegno sul fronte dell’economia circolare promosso da Comuni, Consorzi ed imprese private.
“Ora - aggiunge Ciafani - i prossimi passi da compiere nel nostro Paese devono riguardare un sistema di controlli efficace per garantire il rispetto delle leggi approvate, nuove misure per contrastare l’usa e getta, ridurre l’uso eccessivo di acque in bottiglia, con conseguente consumo di grandi quantità di plastica, e allo stesso tempo occorre sviluppare la chimica verde, per riconvertire i vecchi petrolchimici in nuove bioraffinerie per promuovere filiere di produzione industriale innovative e rispettose dell’ambiente”.
«Purtroppo l’orizzonte del 2030 appare un po’ troppo lontano rispetto ad una vera e propria emergenza che sta assumendo, giorno dopo giorno, dimensioni estremamente preoccupanti e sulla quale bisogna intervenire con urgenza» dice il WWF.
«Dagli anni ‘50 ad oggi, con l’avvio della grande diffusione dell’uso della plastica, abbiamo prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, gettandone in natura circa 6,3 miliardi. È come se ogni abitante della Terra trascinasse con se circa una tonnellata di plastica. Il 79% di questa è finita nelle discariche e in tutti gli ambienti naturali contaminando aree remote come i ghiacci polari fino le grandi fosse marine a 10 km di profondità. Specie simbolo, come tartarughe marine e balene, sono le vittime più evidenti, ma la tossicità dei rifiuti plastici in mare sta contaminando anche le catene alimentari che arrivano fino alla nostra tavola».
«Senza aspettare l’entrata in vigore delle nuove norme, infatti, da subito tutti possono impegnarsi per ridurre il proprio impatto adottando stili di vita ‘zero plastica’. Le alternative ci sono già e il mercato stesso offre soluzioni sempre nuove ogni giorno: dalla riduzione degli imballaggi al refill di cosmetici e prodotti per la casa».
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