A prima vista sembra "solo" un bell'agriturismo immerso nella natura dei Monti Amerini. Poi si capisce subito che è anche un luogo dove si possono toccare con mano tecnologie pulite e vivere in una casa passiva; un luogo che è un centro di sperimentazione per un modo di vivere sostenibile e anche un luogo dove imparare, di incontro per adulti e piccini. Per cogliere la complessità unica del Per occorre un esercizio di “apertura” e a dare una mano è anche il fondatore, Alessandro Ronca. C’è chi su TripAdvisor ha definito il PeR una “matriosca”: le cose più evidenti ne svelano altre, fino al “cuore”, e la scoperta avviene continuamente e gradualmente, con sorpresa da parte dell’osservatore.
Una cosa che colpisce? Al PeR l’acqua del wc è acqua grigia: è cioè acqua, nella fattispecie piovana, che è stata prima utilizzata per usi domestici (cucinare o lavarsi), poi desaponificata e quindi resa disponibile come acqua di scarico. Forse non tutti sanno che ogni volta che si lo sciacquone si utilizza acqua potabile. Acqua, fra l’altro, che per poter essere resa tale ha subìto a monte un processo di depurazione piuttosto costoso. Al Per anche l’acqua grigia è ritenuta preziosa. Un messaggio posto sopra il wc lo ricorda, invitando ad evitare inutili sprechi.
Alessandro Ronca definisce il Per come «un centro di esperienza e di percorso conoscitivo informato ai principi di autosufficienza energetica e alimentare». In effetti al Per si comprende cosa significa vivere ridimensionando drasticamente il proprio impatto, senza però rinunciare per forza alla comodità. Per Ronca il binomio fondamentale è eleganza frugale.
Ma come nasce il Parco delle Energie Rinnovabili? Sicuramente dalla volontà di Alessandro che, insieme alla moglie Maria Chiara Flugy Papè, aveva deciso di costruirsi una casa e di farlo con criteri che contemplassero il comfort senza un eccessivo dispendio energetico anche perché le caratteristiche geo-morfologiche del territorio lo richiedevano, data la scarsità d’acqua, l’abbondanza di sole nonché la lontananza dalle reti di approvvigionamento. Dopo la costruzione della casa nel 2001 con parametri energetici di un certo livello, Alessandro, Chiara e l’amico Maurizio Ferrario, affascinati da questa formula, decidono di iniziare a sperimentare. E’ così che viene innalzata nel 2004 la cosiddetta “casa energia zero”, ossia una casa totalmente passiva, costruita con criteri di efficienza energetica e con zero emissioni di CO2, che si approvvigiona di acqua, calore ed elettricità grazie alla pioggia, al sole e al vento, avvalendosi, fra l’altro, di una pala eolica e di una serra passiva antistante. Oggi la “casa energia zero” è funzionante e può ospitare gli avventori più curiosi.
Più tardi la sfida diventa più pungente ed è così che si decide di andare avanti partendo nel 2005 con la costruzione dell’edificio principale. Il PeR nasce letteralmente su alcune rovine. Questo luogo, infatti, abitato fino agli anni Sessanta, era stato abbandonato. «Dopo anni di vita come supereroe del consumo – spiega Ronca - percepivo una sensazione di malessere, quella che le persone che fanno cose contrarie alla natura covano dentro loro stesse». Pur collocandosi in un posto lontano dalla città, non vi è però mai stato il desiderio di isolarsi. «Il peggio sarebbe stato se mi fossi rinchiuso in questo posto come in una reggia dorata. E’ quello che il sistema vuole: che le persone si autoescludano».
Se è vero che il PeR parte semplicemente con l’idea di fare le stesse cose, in termini abitativi, in maniera differente, la posizione di rottura e contestazione con il sistema avviene un po’ più tardi grazie ai contributi delle persone che hanno aiutato Alessandro Ronca a dare forma più definita al suo pensiero e quindi alle sue azioni. Un fortunato incontro è stato quello con Paolo Ermani dell’associazione PAEA (Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente) nel 2009, anno in cui il parco è stato aperto. Ronca ricorda quanto gli siano state d’ispirazione la coerenza e la rettitudine di pensiero di Paolo e riconosce che «da solo non vai da nessuna parte, il cambiamento è per forza collettivo e questo posto vuol servire all’amplificazione di un messaggio di contestazione di un sistema che è criticabile sotto molti aspetti».
Le persone chiave del PeR, oltre a Ronca e alla moglie, sono Maurizio Ferrario, co-fondatore e apportatore di capitale fin dall’inizio del progetto, che oggi si occupa degli aspetti comunicativi e social del parco, e Valerio Fiore, giovane laureato che ha deciso di vivere al Per: «Ho considerato questa possibilità come un privilegio, per cui mi sono sentito disposto a lasciare la vita che conducevo prima in modo da avvicinarmi a un cambiamento reale e concreto». L’opportunità gli è stata offerta dal master in GreenEconomy che stava frequentando dopo la laurea in Scienze Politiche. «Avevo anche pensato di andare all’estero – spiega Fiore - ma alla fine ho voluto provare a creare qualcosa di concreto qui, adesso: sono giovane e voglio provare a farlo anche se mi rendo conto che l’Italia non è il posto ideale». Valerio ha già trascorso un anno al Per e ha scoperto la passione per la didattica: «Penso che si dovrebbero impiegare molte più energie sugli aspetti educativi e sulla trasmissione di una cultura del rispetto ambientale».
Il parco, grazie alla presenza professionale di Chiara, agronomo, è anche agricoltura, orto sinergico, aridocultura e presidio SlowFood della Fava Cottora dell’Amerino, una produzione di altissima qualità e di nicchia, che si coltiva solo nelle località di Frattuccia (dove il PeR ha sede) e di Collicello, in provincia di Terni. «Questo tipo di produzione - racconta Chiara Flugy - porta con sé molti problemi. Un piccolo produttore che crede nella vera coltivazione biologica e nella protezione della biodiversità affronta varie vicissitudini: registrare una produzione realizzata in quantità volutamente limitata come biologica diventa molto costoso. Questo è quello che vivono le piccole aziende, una situazione che definirei paradossale».
Ma Chiara non si è arresa. Insieme alla collaboratrice Angelica, pensa che un punto di vista femminile sia strettamente necessario nello sviluppo dei progetti, per la capacità di essere pratiche senza perdere la visione e le dinamiche di fondo ed è felice di poter vivere in campagna, come ha sempre desiderato, e vedervi crescere suo figlio Alberto di otto anni, libero di esprimersi in un contesto naturale e comunque ricco dal punto di vista sociale.
L’incontro con PAEA è stato anche il momento che ha dato l’avvio alla creazione di una cucina più sostenibile per l’ambiente, con la scelta di preparazioni vegetariane e vegane che fanno ricorso ai prodotti, freschi o conservati, dell’orto del parco.
Attualmente, molte delle energie del PeR sono rivolte alla ricerca di persone che desiderino partecipare all’azionariato del parco per dare nuovo impulso alle attività, ai progetti e alle visioni. «Le limitate visioni di una sola persona o di poche persone non possono incidere su tante – spiega Ronca - è necessario creare una struttura democratica partecipata reale che serva a costruire strategie comuni». Numerosi sono gli incontri tra chi ha realizzato il cambiamento, che sia un piccolo passo o un grande salto, e chi ha la volontà di farlo. Tutto ciò serve a creare un clima di fiducia e a fornire coraggio e suggerimenti.
Grande attenzione viene data alle scuole di qualsiasi grado ed indirizzo. L’attività educativa è centrale nella missione del parco, anzi: la volontà è quello di svilupparla. Già adesso bambini e ragazzi affrontano giornate di formazione: sull’architettura, sui semi, sulle piante spontanee, sull’orto sinergico, sul funzionamento della casa passiva, su come viene recuperata e usata l’acqua piovana o su come funziona un pannello fotovoltaico.
Il Per è, insomma, la dimostrazione che tutto questo è possibile e che ciascuno può iniziare.
Si può per esempio cominciare a misurare i propri consumi energetici: vi sono apparecchi che lo permettono. «Questo – spiega Fiore – ci rende consapevoli e già di per sé contribuisce a un iniziale risparmio. Oppure si possono ridurre in modo considerevole i propri consumi di carne, ispirandosi alla cucina vegetariana e vegana».
Di certo, un progetto così ambizioso e caratterizzato da molteplici aspetti e programmi comporta difficoltà pratiche ed oggettive: i fattori economici in primo luogo e la disponibilità di persone con percezioni e volontà simili che possano costituire linfa vitale per il parco.
I desideri, quindi, sul futuro del PeR sono senz’altro quelli di aumentare il numero di persone che contribuiscano al progetto in termini concreti, diffondendone soprattutto la filosofia. Inoltre vi è, per il momento come sogno nel cassetto, una scuola democratica libertaria, dove il concetto di scuola fisica venga scardinato e si acceda ad un altro tipo di educazione, ricco di esperienze, avido di varietà, senza muri o confini. Momentaneamente accantonato, ma in fermento, il progetto NaturaLife, uno strumento a disposizione della collettività, dove la collettività sia protagonista, eliminando il ricorso al credito bancario premiando i soci con consulenze e condivisione di informazioni in rete e in loco: un investimento che, anziché dare rendimenti finanziari, dia diritti ad una conoscenza poco diffusa ma indispensabile.
Oggi quindi il PeR non è più soltanto un luogo che ospita le persone che vi abitano, vi lavorano o che vi giungono come ospiti, ma è uno spazio conoscitivo, un luogo dove si pensano e si realizzano azioni e dove si ispirano le persone a cambiare. Insomma, dove si sogna e si fa. Alessandro lo chiama pensiero trasformativo.
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