Poi ho fatto due conti, soprattutto economici, perché anche io, come tutti, pensavo che quello fosse il nodo: quanto mi serve, quanto costa vivere, come farò io che non sono ricco di famiglia, che non avrò la pensione se smetto di lavorare, che ho una casa ma non ho altre proprietà mobiliari o immobiliari. Ho immaginato mille volte tutto, dall’A alla Z, dalle spese correnti agli ammortamenti, dallo stato patrimoniale ai forecast sul reddito. Neanche in Mediobanca hanno fatto un bilancio d’esercizio e preventivo così vivisezionato, attento, inclemente.
La cosa buona è che mi sbagliavo, per eccesso. Pensavo si potesse vivere con poco, riutilizzando, cambiando d’uso, autoproducendo, barattando, sfruttando l’onda delle tante possibilità che offre questa caotica contemporaneità, comprando diversamente, mangiando diversamente, viaggiando in tempi e modi differenti. Ma non immaginavo così tanto. Dunque la seconda regola del cambiamento è che le possibilità per vivere economizzando ma facendo tutto quel che si desidera c’è, e chi teme che non si possa fa solo i conti con le sue paure, io con la realtà vissuta. Dunque ho ragione io, come dimostro nel libro “Avanti Tutta”.
La prima regola però la ignoravo e occhio perché quella (assai più dei soldi) è in grado di mandare tutto all’aria. Come non dipendeva prima dai soldi la mia felicità o infelicità, non dipende neanche ora. Tanti, pochi, quelli restano sempre strumenti beceri e necessari per stare a questo mondo. Ne avessi di più? Farei meno fatica. Ne avessi meno? Mi industrierei, sudando e temendo. Ma la sostanza, non cambierebbe.
E qual è questa sostanza? La mente, il cuore, la sensibilità, cioè il “sentimento della libertà” vissuto e pagato da soli alla nostra festa (cit. Fossati). Intendo dire che cambiando vita diventiamo subito soli e diversi dal gruppo, il che ci isola, forse ci rende meno banali, ma poi il lunedì mattina alle undici e tre quarti sei solo, dovunque tu sia. Ottima notizia, se sai come si fa. Pessima se lo ignoravi o ti fai prendere dal panico. E se il tuo amore finisce? Guai. E se ne inizia uno nuovo? Guai, perché tu hai tutto il tempo del mondo, mentre lei non c’è mai, va a lavorare. Sei disposto ad attenderla? Non rispondete in fretta, la domanda è tutto fuorché semplice. E gli amici che ti chiamano a raffica alle 18.30 quando escono dal lavoro mentre tu stai meditando? Volevi sentirli per tutto il giorno, ma loro erano impegnati. E quando sei triste? Lavorano. E quando vuoi condividere una gioia? Lavorano. E quando cerchi di costruire un passo regolare nel cuore? Loro vanno a sincopi e adrenaline, sparendo per periodi, riapparendo quando riescono. Ma tu non vivi così. Attenzione: il benessere questo è, sintonia, armonia, equilibrio, dentro e fuori, dunque non sono questioni da sottovalutare.
Sono passato per un bel paio di baratri emotivi e psicologici in questi otto anni. Senza i puntelli del biglietto da visita, della scrivania, dei ruoli, delle forme della società ho rischiato di cadere, anzi, l’ho fatto e mi sono ferito. Ho anche fatto errori, perché quando sei in difficoltà finisce che sbagli anche qualche compagno di viaggio, troppi approfittatori in giro. Ho scoperto, soprattutto, a che servivano soldi, ruolo, inserimento: a proteggerci dalle nostre fragilità. Se non c’è tempo non si pensa e non si sente, il che è un male per tanti versi, ma è un’assicurazione sulla vita per altri. Ci vuole fisico e polmoni per non avere distrazioni. Senza distrarti vedi tutto, senti tutto, capisci la faccenda della vita per quel che è, e cioè non la favola bella della pubblicità o del tempo libero concitato e allotropo, ma una storia in cui devi “ammorbidire il mattone” quotidianamente (cit. Cortàzar). E per farlo serve una forza d’animo che non abbiamo più, serve una capacità di galleggiamento cento volte maggiore di ciò che genera il nostro dislocamento. Per scollocarsi serve dislocare meno, scorrere di più sulla superficie, migliorare l’effetto del principio di Archimede sul nostro scafo.
Uno dei modi è la manualità, il sacro muscolo che lavora, suda, si stanca. Poco manuali, troppo impiegatizi, siamo gazzelle ferite nella savana della vita. Servono muscoli e tendini, e non quelli fatti in palestra. E bisogna sapere fare (tranquilli, si impara).
Insomma, una storia di sudore, qualche goccia di sangue, infiammazioni varie nei gangli neuronali e nelle congiunture. Come si può osservare, nulla che riguardi i soldi.
Consiglio a tutti di tentare? No. Ma lo consiglio a tutti quelli per cui è il caso di provare a farlo il prima possibile. Moriremo tra breve, il tempo non è una fonte rinnovabile, non si può sprecare.
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