Quali servizi e progetti propone Paea? Quale la proposta di cambiamento ed evoluzione che sostiene negli ambiti in cui si impegna?
«L’associazione Paea ha come obiettivo il cambiamento complessivo della società e cerca di raggiungerlo anche attraverso un approccio diverso al lavoro. Le sue aree di intervento sono soprattutto quelle del settore ambientale perché sappiamo bene che sarà uno dei settori in cui ci si dovrà rivolgere maggiormente in futuro se non vogliamo che l’umanità si autodistrugga continuando in questa folle corsa supportata dalla impossibile crescita infinita in un mondo dalle risorse finite. Ci occupiamo quindi di energie rinnovabili, consulenze energetiche, progettazione in bioedilizia, didattica ambientale, mostre itineranti, corsi di formazione. Tutto ciò per noi però non è un hobby ma l’attività principale della nostra vita. In questo modo si può dare dignità al lavoro e trasformarlo in qualcosa di utile e bello per se stessi e il mondo circostante. Limitarsi a fare volontariato ambientale, per quanto lodevole, non produce cambiamenti particolarmente incisivi e duraturi, a maggior ragione se poi si fa un lavoro che è in contrasto con quello che è il proprio volontariato così come purtroppo accade spesso».
Quanto è cresciuta Paea in questi anni?
«Dall’inizio della nostra storia dal 1999 ad oggi di strada ne abbiamo percorsa tanta, piena di innumerevoli attività perché forse in controtendenza con quello che normalmente accade; noi sposiamo in pieno il motto di Simone Perotti del “Fare e testimoniare”. Abbiamo fatto tanto e continuiamo a fare, cercando di testimoniare attraverso le cose che facciamo che un cambiamento è possibile. Limitarsi a parlare o aspettare, non si sa bene cosa e chi, non sposta di molto la situazione, anzi aumenta la frustrazione e l’arrabbiatura contro chi si vuole responsabile di ogni nefandezza. Basterebbe rimboccarsi le maniche, costruire alternative assieme agli altri per dare molto più senso alla nostra vita e permetterci di vedere con più speranza alla situazione, oltre che a sentirsi meno soli e impotenti. Troppe volte ci piace lamentarci, additare vari capri espiatori ma tutto ciò non serve granchè, si può utilizzare questa energia assai meglio. Paea ha costruito nel tempo una fitta rete di contatti e collaborazioni che le permette di agire a livello nazionale. Abbiamo però capito e imparato con il tempo che creare strutture complicate, sovrastrutture, capi, leader, direzioni nazionali e simili, è il modo migliore per fare fallire qualsiasi progetto e entrare sistematicamente in guerra al proprio interno e con il mondo, come accade normalmente nei partiti dove è presente una continua lotta per il potere. Questo accade soprattutto in un paese litigioso come l’Italia, pieno di capetti dove ognuno è più che altro interessato ad aumentare il suo manipolo di accoliti e cerca solo ed esclusivamente visibilità perchè primeggi la sua verità assoluta. Noi riteniamo che si debba fare esattamente il contrario, facendo rete su progetti concreti, non sulle chiacchiere, i documenti o i dogmi di questo e quello. E’ sintomatico vedere come troppo facilmente si assumono gli stessi comportamenti del sistema che si dice di voler cambiare replicando il leaderismo la prevaricazione e la competizione laddove tutto ciò non ha alcun senso ed è controproducente. Riteniamo invece che collaborare e costruire sia un modo ottimale per migliorare la situazione sia da un punto di vista personale che complessivo. Non è un caso che stiamo collaborando fortemente anche con altre strutture come ad esempio il Parco Energie Rinnovabili che pur essendo progetto indipendente dal nostro ne condividiamo valori e obiettivi. Nascono molte più sinergie e crescita personale da una progettualità condivisa piuttosto che non da conflittualità o beghe, specialmente fra maschi alfa rimasti ancora alla adolescenza e che devono continuamente marcare il territorio».
Vi siete dunque per così dire “scollocati” e con soddisfazione?
«Sì, tanto che oltre alle nostre attività tradizionali per le quali stiamo seguendo alcuni progetti in bioedilizia anche di grandi dimensioni, attualmente stiamo proponendo anche l’ufficio di Scollocamento. Forti della nostra esperienza di “scollocati” e avendo visto e vissuto molti progetti di cambiamento e conosciuto innumerevoli persone che si sono scollocate, abbiamo pensato di proporre il servizio dell’ufficio di Scollocamento come alternativa reale per chi vuole uscire dalla ruota del criceto e prendere in mano il proprio destino non solo dal punto di vista lavorativo ma anche da quello esistenziale. La risposta delle persone ci ha sorpreso positivamente perché gli incontri che stiamo facendo sullo scollocamento stanno avendo un successo che va oltre le nostre aspettative. Questa è una conferma del fatto che le persone vogliono costruirsi nel concreto una alternativa e cercano luoghi dove ciò avviene».
Da qualche tempo state portando avanti una proficua collaborazione con il Per, il Parco dell’Energia Rinnovabile in Umbria. Un “matrimonio” riuscito, dunque?
«La collaborazione con il PER ha come obiettivo di realizzare il progetto della rinascita della comunità nelle sue varie componenti, dalla scuola all’autosufficienza alimentare ed energetica, dal lavoro ai rapporti sociali, il tutto declinato in un luogo fisico come quello in cui è inserito il PER e che si presta in maniera ottimale a realizzare queste progettualità. Non è un caso che gli incontri sullo Scollocamento si svolgano al PER dove le persone possono toccare con mano e rendersi conto che il cambiamento non è né irraggiungibile, né appannaggio esclusivo di pochi eletti bensì alla portata di tutti, basta volerlo e impegnarcisi veramente».
Responsabile del PER è Alessanro Ronca. Alessandro, anche tu definisci quello con Paea un “matrimonio perfetto”?
«Paea è diventata per noi del PER un pò come il partner di coppia ideale, con il quale avere complicità, arricchimento costante, rispetto reciproco ma anche ironia e gioia di lavorare insieme. Condividere gli stessi obbiettivi e raggiungerli con percorsi differenti ma complementari. Confrontarsi senza scontrarsi e difendersi senza aggredire. La nostra è una diversità attraente non respingente , come abbiamo capito in tutti quegli anni nei quali lottavamo nella burrasca per mantenere la rotta da soli, senza vedere che c'erano persone pronte a lanciarci una cima, bastava chiederglielo. Raramente ci si accorge di vivere in una società di massa e ancor meno che questa abbia generato sostanzialmente una solitudine di massa, per parafrasare Franco Del Moro. Il vero piacere è trovare negli altri arricchimento e ispirazione e a facilitare questo pensiero, la collaborazione con Paea ha avuto un ruolo determinante. I nostri progetti oggi viaggiano paralleli e la nostra speriamo diventi , per citare un altro visionario, una vera moltitudine inarrestabile. La grande affluenza ai nostri incontri sul cambiare vita ci ha dato la conferma di quale impellente necessità esista di un cambio di paradigma e quale contributo si riesca a dare alle persone che pur percependo questa necessità, richiedono suggerimenti e strumenti concreti per scendere dalla ruota del criceto della società consumistica».
Quello che proponete è un sostanziale cambio di paradigma?
«Ci piace essere sognatori concreti ma ritengo che sia sempre più evidente che gran parte della società consumistica esiste e prospera soltanto grazie all'insoddisfazione esistenziale delle persone che, seppur profondamente radicata, può concretamente essere combattuta. Strumenti complementari a questo cambiamento contemplano nuovi sistemi di apprendimento scolastico che possano generare individui che sappiano meglio sfruttare il potenziale umano che è in loro. Questa è una tematica a noi molto cara, che riteniamo possa essere sviluppata nel prossimo futuro sinergicamente con Paea, prendendo spunto da esperienze concrete come Steiner, Montessori, Krishnamurti, Tolstoj, Doman, Khan Accademy, ma anche da esperienze antiche come l'Accademia di Platone ed inconsuete (oggigiorno! ) come lo sfruttamento del sapere degli anziani. L'ibridazione di cose vicine e lontane , pratiche e teoriche che sollecitino un ritorno alla “polimatia” ( dal greco sapere molte cose) sono in netta contrapposizione alla cultura attuale, iperspecialistica e monotematica che ci sta portando, oltre che alla frammentazione lavorativa, ad una cultura triste e senza visione “orizzontale”, dove l'esperto del pollice sinistro non colloquia con l'esperto del pollice destro e questo è poco tollerabile. Sembrerà retorica, ma se l'Italia ha tutte le potenzialità per essere veramente la culla della rinascita culturale e sociale della nostra epoca, di che cosa c'è ancora bisogno perché i suoi abitanti se ne facciano una ragione? E' possibile che questa crisi sociale ci faccia accorgere, come è accaduto tra noi e Paea, che la diversità geografica e delle genti può essere il vero motore di un nuovo Rinascimento della ragionevolezza e del benessere e noi non ci faremo trovare impreparati».