di
Simone Perotti
06-05-2011
Molti uomini e donne iniziano a comprendere che la nave del capitalismo consumista e devastatore sta affondando. “Oggi la nuova frontiera si chiama abbassamento dei bisogni, riequilibrio del rapporto tra lavoro e vita, delocalizzazione abitativa, recupero dei borghi, ritorno parziale all’artigianato e alla terra, riduzione dei consumi, decrescita, sobrietà, equilibrio. Ma c’è dell’altro”.
Quando una nave affonda, i topi si gettano in mare. Pur dotati di minuscoli cervelli, comprendono che il rischio di affogare è inferiore a quello di restare intrappolati e destinati a morte certa. In mare, almeno, possono tentare.
È quello che accade in questa epoca. La nave del capitalismo consumista, devastatore, basato sullo spreco, sul depauperamento delle risorse e sulla schiavitù per il mantenimento di condizioni simboliche incapaci a produrre autentico benessere… sta affondando. Si reggeva sulla contrapposizione con altri sistemi, ancor più ingiusti. E quando c’è una guerra non si fanno mai riforme. Ora che la guerra non c’è più, mentre buona parte del mondo è fermamente intenzionata ad abbracciare il nostro sistema economico e sociale (che rispetto ai loro permane migliore), molti uomini e donne di questa nostra cultura iniziano a comprendere e a cambiare.
Abbiamo avuto fame, malattie, ingiustizia, dittatura e guerra. Al ricordo di quelle tragedie, negli ultimi cinque o sei decenni, ci siamo tutti convinti di essere liberi, in salute, immersi nel benessere. Tuttavia, l’evoluzione è fatta a scalini. Dopo una lunga fase in cui abbiamo strisciato in orizzontale, godendoci il gradino su cui eravamo saliti dal dopoguerra, ora occorre riassumere la posizione eretta e scalarne un altro.
È la storia che lo rende necessario. È la dignità della nostra generazione che lo impone. Ai nostri nonni partigiani, che hanno combattuto e sono morti per darci la libertà, potrebbe sembrare, altrimenti, che non ci meritiamo quello che ci hanno donato. Come può una generazione nuova, a sessant’anni da una dittatura, continuare a bearsi della libertà ottenuta da altri senza ottemperare al compito che ogni epoca ha, e cioè di fare un passo ulteriore, di aggiornare il concetto di libertà, quello di benessere, accogliendo le nuove sfide che la contemporaneità ci pone davanti?
“Odio gli indifferenti” scriveva Gramsci nel 1917. Ebbene, non siamo un po’ odiosi nel nostro indifferente applicare schemi ormai antichi senza accorgerci che vanno cambiati per evitare il degrado del pianeta, rendere più libera la nostra vita, ammettere che questo sistema ha dato tutto quel che poteva, è ormai inadatto e va riformato?
Oggi la nuova frontiera si chiama abbassamento dei bisogni, riequilibrio del rapporto tra lavoro e vita, delocalizzazione abitativa, recupero dei borghi, ritorno parziale all’artigianato e alla terra, riduzione dei consumi, decrescita, sobrietà, equilibrio. Ma c’è dell’altro.
In passato hanno dominato le ideologie e i movimenti di massa. Per ragioni storiche, tecnologiche, evolutive, non assisteremo più a questo genere di cambiamenti. Oggi la parola d’ordine, l’unica rimasta valevole ed efficace, è una parola che non esiste nel nostro vocabolario: la versione positiva di individualismo. Non è strano, se ci si pensa, che questa parola non esista.
La cultura cattolica e quella marxista hanno sempre ritenuto l’azione individuale un’azione deprecabile, da rifiutare. Per queste due religioni ogni cosa di valore è sempre stata collettiva. Ma la portata storica dell’azione collettiva si è esaurita. Oggi che la politica si è definitivamente prostrata al potere economico e finanziario e mancano idee e rappresentanti in grado di guidare larghe porzioni di abitanti del pianeta verso una evoluzione armonica, occorre muoversi da soli, riassumere su di sé la responsabilità e l’azione diretta, per modificare il mondo cambiando un uomo soltanto.
In questo, oggi come mai, la testimonianza ha funzione rappresentativa ed eversiva. Nell’epoca dell’omologazione, in cui miliardi di persone compiono gesti identici, sincronici, senza discontinuità e per tutta la vita, l’uomo che vada in direzione ostinata e contraria senza soccombere, diventa testimonial di una possibilità, speranza di un cambiamento. Ogni occupazione di media con un minuto o una riga che testimonino questa diversità costituiscono un granello di sabbia nell’oliato meccanismo del sistema, che per prosperare ha bisogno, invece, che ognuno resti al suo posto.
Per cambiare il sistema (abbattendolo o modificandolo, questo dipende solo da lui) occorre che un uomo, una donna, si preparino a lungo e, un giorno, si alzino dal loro tavolo, si rechino verso l’uscita, abbandonino il palazzo, facciano perdere le proprie tracce, smettano di essere un target commerciale, smettano di vivere dove devono, perlustrino il Paese, o il pianeta, come e dove meglio credono, sovvertendo per sé soli, individualmente, l’ordine costituito che li vede in luoghi e tempi definiti, per sempre, come tutti gli altri. Occorre quindi che dal sistema e dalle sue regole mercantili si esca, togliendo da sotto al suo trono la nostra spalla. Senza spalle che li reggano, i troni precipitano nella polvere.
Le gradazioni di questa uscita, di questo abbandono, possono essere moltissime. Qualcuno ha deciso di cambiare autolimitando la propria carriera. Qualcuno abbandonando ogni cosa e scomparendo. In mezzo vi sono tante diverse opzioni quante sono le persone che le generano. Alla base di queste azioni vi è un pensiero individuale, basato sulla responsabilità e sull’intelligenza.
Ma un pensiero compiuto e articolato unisce questa moltitudine: la consapevolezza che viviamo per un tempo limitato, che questo sistema è fortemente migliorabile, che quel che avviene nella nostra società (agli ordini dell’economia e della finanza) non può e non deve continuare ad essere fatto nel nostro nome, che non può essere modificato secondo il principio democratico del consenso se non dopo che gli individui siano cambiati singolarmente, e che il cambiamento è possibile, che esistono altre vie per vivere. Del resto, migliorare quel che vediamo ogni giorno, trattandosi di un sistema così ingiusto, massificato, omologato, non può che essere possibile, se non addirittura semplice.
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