Canone per Internet e licenziamenti per maternità. Rai sotto accusa

Canone Rai per i possessori di qualsiasi dispositivo collegato a Internet e licenziamenti per maternità. Durissime le critiche suscitate dalle notizie degli ultimi giorni e riguardanti le politiche della Rai nei confronti degli utenti e delle lavoratrici. Delle ultime ore la notizia della rinuncia della Rai al canone su pc, tablet e smartphone.

Canone per Internet e licenziamenti per maternità. Rai sotto accusa
Canone Rai anche sui computer e licenziamenti per maternità. Calato il sipario sul palco di Sanremo, scosso quest'anno dall'intervento di Celentano e dallo scandalo 'farfalla di Belen', ben più preoccupanti degli immancabili tormentoni del Festival appaiono le notizie degli ultimi giorni riguardanti le politiche della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo italiano. Sia che si tratti dei lavoratori dell'azienda sia nei confronti degli italiani, 'mamma Rai' si sta mostrando infatti tutt'altro che amorevole. Dure le critiche sollevate dal web contro l'annuncio di Viale Mazzini di voler far pagare il canone a chiunque possieda un dispositivo collegato alla Rete (tablet, pc o smartphone, ovvero apparecchi dotati di una connessione Internet). Il canone speciale Rai verrebbe imposto “a chiunque detenga al di fuori dell'ambito familiare, uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione di trasmissioni radiotelevisive”. Nel mirino vi sono dunque liberi professionisti, imprese, società e uffici. Per giustificare il 'canone speciale' la Rai ha rispolverato il regio decreto 246 del 21 febbraio 1938 che stabilisce il versamento della tassa per “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”. “Quella del canone speciale Rai - commenta Rete Imprese Italia - è una richiesta assurda perché vengono 'tassati' strumenti come i computer che gli imprenditori utilizzano per lavorare e non certo per guardare i programmi Rai. Tanto più se si considera che il Governo spinge proprio sull'informatizzazione per semplificare il rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione. In questo momento di gravi difficoltà per i nostri imprenditori, di tutto abbiamo bisogno tranne che di un altro onere così pesante e ingiustificato”. Il Codacons, da parte sua, ha chiesto un incontro urgente con la Rai al fine di definire un protocollo d'intesa condiviso sul pagamento del canone. Secondo il Codacons “costringere al pagamento del canone speciale tutti quelli che hanno un computer, indipendentemente dall'uso che ne fanno, è assurdo e anacronistico”. “Si tratta, cioè, di una interpretazione arbitraria e fiscale che la Rai dà del Regio Decreto Legge del 1938”. Secondo il Codacons infatti quella definizione di apparecchio atto od adattabile alla ricezione di programmi deve essere applicata agli strumenti esistenti all'epoca dell'entrata in vigore della legge, quando non non esistevano né la televisione né le tecnologie di oggi. “Altrimenti – sottolinea il Codacons - tanto varrebbe dire che ogni nucleo famigliare deve comunque pagare il canone, visto che si può navigare in internet non solo con un computer ma anche con uno smartphone”. Già nel 2008 era esplosa una simile protesta quando la Rai, esigendo il pagamento dell'abbonamento, aveva specificato che l'obbligo non riguardava soltanto i possessori di televisori ma anche di “personal computer, decoder digitali e altri apparati multimediali”. Allora, dopo un intervento del governo, l'azienda fece marcia indietro. Ma non è stato soltanto l'annuncio dell'estensione del pagamento del canone a sollevare perplessità nei confronti delle politiche perseguite dalla Rai. Dure critiche ha suscitato infatti anche la cosiddetta 'clausola di maternità' contenuta nei contratti per le collaborazioni giornalistiche esterne e denunciata dal coordinamento dei giornalisti precari Errori di stampa. Nel testo si legge: “Nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento insorte durante l'esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti Ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della Rai di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate. Comunque, ove i fatti richiamati impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest'ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore”. I giornalisti del coordinamento Errori di stampa non hanno dubbi sull'interpretazione: “se una donna rimane incinta la Rai potrà valutare l'incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e, se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto”. Una situazione, questa, che di certo non riguarda solo la Rai, e che adotta prassi diverse volte allo stesso risultato anche in altri luoghi dell'attuale mercato del lavoro. Intanto, Lorenza Lei, direttore generale della Rai, ha riferito che non c'è mai stata alcuna discriminazione e ha fatto sapere di aver dato agli uffici competenti l'incarico di valutare interventi sulla clausola in questione. In merito alla questione la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso ha parlato di “un contratto assolutamente illegittimo perché considera causa di risoluzione del rapporto di lavoro la malattia, l'infortunio e la gravidanza”. Secondo Camusso simili norme, oltre ad essere in contrasto con la legislazione vigente, non riservano il dovuto rispetto dovuto alle lavoratrici e ai lavoratori. “La barbara normalità per chi vive in un Paese da medioevo” è denunciata anche dai Giovani non+ disposti a tutto CGIL i quali sottolineano che “centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori sono piombati nel medioevo e per loro sembra quasi normale assumersi tutti i rischi, il rischio di impresa quando la commessa finisce, il rischio individuale quando ti ammali o più felicemente stai per diventare mamma”. Aggiornamento Canone per Internet: la RAI rinuncia Dopo un confronto con il Ministero dello Sviluppo Economico, la RAI ha deciso di rinunciare al canone su pc, tablet e smartphone che, annunciato nei giorni scorsi, aveva suscitato forti polemiche. Il ministero ha dato infatti un'interpretazione della norma del 1938 relativa al canone che esclude quei prodotti dal pagamento. Secondo il Ministero sarebbe stato assurdo imporre un pagamento che avrebbe penalizzato lo sviluppo del digitale in Italia, proprio in una fase in cui il Paese sta cercando di potenziarlo.

Commenti

Sono stato costretto a pagare ben euro 200 e qualche cent perchè detengo un televisore nel mio studio professionale che è anche residenza. In pratica la TV la guardo solo io, perchè è posizionata nella mia camera da letto che è anche... parte dello studio in quanto vi disegno. Bontà loro, mi hanno concesso la rateizzazione con, naturalmente, relativi interessi. Nello stesso appartamento risiede anche mia madre di 93 anni che ha la sua televisione in camera. Ho provveduto ad inviare una raccomandata chiedendo che mia madre fosse esentata dal pagamento del suo canone. Sono in attesa di risposta. Speriamo bene!
Giovanni Gregoretti, 21-02-2012 07:21
Questo significa che se nella mia casa non metto alcun televisore, tenendo però il mio pc, non potrà venire nessuno ad estorcermi denaro? Cioè, la rinuncia significa questo? È stata messa nero su bianco? Fa da precedente?
Masque, 21-02-2012 07:21
Io dico che tutto questo è assurdo Oggi! Nel senso che là Rai secondo molti perde là faccia giorno che passa.Poi ci sono i problemi economici che secondo me anno assoluta precedenza...Là mamma Rai farebbe meglio a star serena adesso e rivedersi le sue cose interne.Mà senza penalizzare la povera gente che di soldi ne ha versati eccome per lei.
alessandro, 21-02-2012 09:21
HANNO SMENTITO UFFICIALMENTE! o ci hanno ripensato, non so. Comunque sia NESSUN CANONE è richiesto se non per i classici vecchi televisori. (Sentito a rai2 21-02-12)
lara, 22-02-2012 03:22

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