La storia che vi raccontiamo è quella della lunga battaglia di una famiglia torinese contro la burocrazia. La famiglia di Barbara Bertinetti è composta da due adulti, due bambini di 10 anni e 5 anni e tre gatti. Nel 2010, desiderosa di trasferirsi in montagna, Barbara acquista un lotto di terreno edificabile a Brosso, in Valchiusella (provincia di Torino), con l'intenzione di costruirvi una casa ecologica in legno. Ottenuti i permessi dal Comune, cominciano i lavori di costruzione, ma i problemi arrivano quando, per poter completare il progetto, Barbara è costretta a chiedere un mutuo. Sono diverse le banche interpellate e tutte negano il mutuo, sia perché Barbara non ha un lavoro dipendente e, tanto meno, a tempo indeterminato, sia perché la casa in costruzione non è in muratura, ma in legno. “Abbiamo chiesto ed ottenuto dal Comune il permesso e abbiamo cominciato i lavori utilizzando i nostri risparmi. Ma, ad un certo punto”, spiega Barbara, “diventato piuttosto oneroso proseguire il progetto, abbiamo avuto bisogno di chiedere un mutuo che, però, ci è stato più volte negato. Questo perché è sempre più difficile, in particolare per i commercianti, avere accesso al credito, se non offrendo garanzie stratosferiche. Ma, volendo fortemente andare ad abitare a Brosso, abbiamo proposto al Comune di installare una yurta”. Per poter lasciare la casa in affitto a San Francesco al Campo (dove tutt'ora la famiglia risiede) e abitare finalmente sul terreno di proprietà, Barbara chiede al Comune di poter collocare temporaneamente, sopra il seminterrato dell'abitazione, che nel frattempo era già stato ultimato, una yurta di circa 10 metri di diametro, attraverso la quale si potrebbe accedere direttamente al seminterrato e utilizzare i servizi igienici. “Volendo andare ad abitare sul nostro terreno e volendolo fare a breve scadenza (abitiamo in affitto), abbiamo ripensato ad una bellissima esperienza fatta, anni fa, in una yurta. La yurta è un'abitazione tipica dei popoli nomadi dell’Asia ed in particolare della Mongolia, il cui nome significa “casa ricoperta di feltro”. Si può erigere e smontare in poche ore, ma, nonostante questo, è una abitazione salda, che protegge i suoi abitanti dai forti venti e dai rigidi inverni delle steppe asiatiche. Inoltre”, continua Barbara, “abbiamo chiesto di poter mettere nel nostro terreno una seconda yurta da utilizzare come Bed& Breakfast, per dare inizio ad un'attività turistica”. In questo modo, la nuova attività turistico-ricettiva avrebbe garantito a Barbara le risorse economiche per poter completare la sua casa ecologica. Nella richiesta di autorizzazione, Barbara ha esposto al Comune tutte le sue ragioni: da un lato economiche, “perché non possiamo costruire la casa in legno senza un mutuo, mentre le yurte sarebbero subito alla nostra portata”, e dall'altro ecologiche, “perché la yurta è una abitazione in perfetta armonia con la natura (come vorremmo vivere noi) e non è costituita da materiali inquinanti, che possano danneggiare l’ambiente”. Inoltre, ha ribadito il carattere temporaneo della yurta di 10 metri di diametro, in quanto restava ferma l'intenzione della famiglia di smontarla, non appena fosse stata in grado di completare la costruzione della casa in legno. Ma la risposta del Comune è stata negativa e le motivazioni sono sostanzialmente due: da un lato, il Piano Regolatore non contempla abitazioni come la yurta o similari e, dall'altro, prevede che tutte le nuove abitazioni siano inserite in modo “armonico” nel paesaggio circostante. A questo proposito, il Sindaco di Brosso, Mauro Nicolino, ha dichiarato alla stampa locale: “Abbiamo dovuto dire no, perché il Piano Regolatore vigente non prevede quel tipo di abitazioni. Tra l’altro, una struttura ricettiva come il B&B richiede il rilascio dell’agibilità ed è chiaro che per quella tipologia di tende provvisorie, non poteva essere concessa. Insomma, non ci sono i requisiti minimi per concedere loro i permessi”. “Ad un mese dalla richiesta”, puntualizza Barbara, “ci arriva una lettera di 'non accoglimento' della nostra proposta su tutti i fronti. Addirittura, ci è stato vietato di installare una seconda yurta da utilizzare come B&B, anche qualora riuscissimo a costruirci una 'vera' abitazione in legno o in mattoni. Prima di questo secco diniego (senza nemmeno valutare il progetto insieme a noi), eravamo fiduciosi di poter fissare un nuovo incontro, per discutere serenamente della nostra proposta, disposti anche a modificare, se necessario, alcuni particolari della costruzione”. “La yurta si presta molto ad un utilizzo turistico, per chi vuole provare l’esperienza di soggiornare in un'abitazione antica e moderna allo stesso tempo, realizzata con forme e materiali in armonia con la natura. Abbiamo mostrato raffigurazioni di yurta perfettamente integrate nell’ambiente montano, quale è il luogo dove l’avremmo costruita. Abbiamo parlato del possibile richiamo turistico, che secondo noi ha un buon potenziale di riuscita (basta fare una piccola ricerca sul web, per scoprire che il Portogallo conta quasi 20 B&B in yurta, mentre la Francia ne ha addirittura 40)”. In tutto il mondo, esistono oggi versioni ultra-moderne e molto confortevoli della yurta tradizionale, realizzate con materiali ecosostenibili e traspiranti, tali da renderla una casa molto stabile, salubre e decorosa. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono molte persone che vivono in yurta e le esperienze di questo tipo si stanno diffondendo anche nel vecchio continente, soprattutto nel nord Europa. Ma non è tutto. Riguardo ai permessi di agibilità per i B&B, va detto che in Italia esistono almeno 3 strutture ricettive mettono a disposizione dei clienti proprio le yurta. Si trovano rispettivamente a Montescudaio (Pisa), Fabriano (Ancona) e Cravanzana (Cuneo) e si tratta di attività turistiche esistenti e funzionanti e, di conseguenza, debitamente autorizzate. Ciò che colpisce di più nel lungo racconto di Barbara è, forse, la mancanza di una visione lungimirante di questo piccolo Comune di montagna “con un tasso di spopolamento incredibile. Gli abitanti sono poco più di 400 e, solo nel piccolissimo centro abitato, si possono contare almeno 20 cartelli “vendesi” nel raggio di 200 metri. Speravamo che regolamenti paesaggistici e leggi comunali potessero far sì che un Comune sempre più spopolato accogliesse una famiglia desiderosa di viverci e di instaurare una piccola attività economica. Speravamo ci fosse la voglia e la forza scommettere su di noi e, perché no, di dare vita insieme ad un esperimento basato su un tipo di abitazione antica, ma rivista in chiave moderna, che potrebbe essere una valida soluzione come abitazione a basso costo e minimo impatto ambientale”. Da anni si parla di forme abitative che siano il più possibile ecologiche ed eco-sostenibili, che non siano invasive, ma perfettamente integrate nel paesaggio circostante. Si parla tanto di spopolamento delle nostre montagne, del fatto che quasi nessuno abbia la voglia, o i mezzi, per creare attività economiche o turistiche, ma - nonostante esistono in Italia numerosi esempi di Comuni virtuosi - pare che molte amministrazioni locali facciano ancora troppo poco per incentivare il ritorno della popolazione e delle attività economiche sul territorio montano. E l'epilogo di questa vicenda, purtroppo, non sembra destinato ad un lieto fine: “Siamo delusi. Il Sindaco ci ha chiuso la porta in faccia. Anche se, in futuro, dovessimo fare una casa in muratura o legno, non ci permetterebbe comunque di mettere una yurta nel giardino. Abbiamo abbiamo scritto al Sindaco chiedendogli un nuovo colloquio (visto che al telefono non si fa trovare) e non ci ha nemmeno richiamato. Quindi, siamo stati costretti a mettere in vendita il terreno con il seminterrato. Il nostro è l’ennesimo cartello 'vendesi' tristemente visibile passeggiando in paese”. Eppure, Barbara non intende rinunciare al suo sogno e lancia un appello, che inoltriamo a tutti i lettori de Il Cambiamento: “Siccome permane la nostra intenzione di abitare in una yurta e di avviare un eco-campeggio in yurta, vorremmo chiedere agli eco-villaggi già esistenti se hanno la possibilità (e l'intenzione) di accoglierci, sia come famiglia, sia come progetto". Chi di voi desidera contattarla, può scriverle all'indirizzo info@smagatto.it.
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