di
Giancarlo Tarozzi
21-09-2010
Nel mondo della crescita personale, purtroppo, periodicamente esistono le "mode" che portano alla ribalta tecniche e visioni estremamente valide e profonde per consumarle troppo spesso in maniera superficiale, senza mai andare veramente a fondo.
Cessato il periodo dell'India, di Sai Baba...
Nel mondo della crescita personale, purtroppo, periodicamente esistono le 'mode' che portano alla ribalta tecniche e visioni estremamente valide e profonde per consumarle troppo spesso in maniera superficiale, senza mai andare veramente a fondo.
Cessato il periodo dell'India, di Sai Baba, degli Hare Krishna, della meditazione trascendentale; quello degli alieni, della New Age, dei cristalli delle vibrazioni; quello dei tibetani e del Dalai Lama; poi ancora dei Nativi americani, dello Sciamanesimo e così via...
Tutte cose estremamente valide e importanti ma consumate e digerite troppo spesso come una moda culturale o intellettuale, come un modo di vestire la filosofia del momento.
Adesso molti iniziano a parlare delle tecniche Hawaiiane, quelle Kahuna, lo stesso Ho'oponopono comincia a essere abbastanza conosciuto, ancora una volta in maniera anche molto approssimativa.
Parlando con Kalani Souza a Big Island, nelle Hawaii, è uscito fuori che, al di là di tutte le speculazioni del momento, uno degli elementi fondamentali della tradizione hawaiiana, dello stesso Ho'oponopono è la necessità di consapevolizzare fino in fondo l'enorme potere che ha l'inconscio, gli schemi che esso crea, al punto da rendere molto spesso inefficaci tecniche quali quelle del pensiero positivo o della visualizzazione creativa e così via.
Solo riprogrammando e ripulendo gli schemi dell'inconscio poi è possibile realmente intervenire per trasformare la propria esistenza.
In caso contrario, si rischia di costruire di giorno quello che l'inconscio disfa di notte...
Per esempio, in un'esperienza come la One Experience, il seminario dura nove giorni ed è strettamente residenziale perché questo è un tempo necessario perché la persona realmente possa ripulirsi dai vecchi schemi, che a livello biologico corrispondono con sinapsi ormai quasi cristallizzate, percorsi preferenziali che si sono creati negli anni all'interno del cervello.
Solo così è possibile poi che si creino nuove sinapsi e che queste connessioni sopravvivano al momento diventando effettive.
In queste condizioni, allora, il pensiero quantistico, il pensiero creativo ha la possibilità reale di esprimersi ed agire.
Ma spesso questo è un discorso che non piace perché implica la necessità di lavorare seriamente su sé stessi invece di limitarsi a saltellare da una tecnica all'altra sognando ogni volta di aver trovato quella finale, assoluta e definitiva.
La parola tecnica, la parola-strumento indica qualcosa da utilizzare in prima persona per trasformare sé stessi, non qualcosa a cui affidarsi.
Ma anche qui, il profondo condizionamento creato dalle religioni patriarcali, radicato nell'inconscio, porta a pensare che sia sufficiente affidarsi a qualcosa o qualcuno, sia esso un prete, un lama, un guru, una figura di riferimento piuttosto che provare a scoprire quello che le tradizioni antiche chiamano "il maestro interiore".
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