di
Elisa Magrì
13-10-2011
Mentre la marea nera in Nuova Zelanda minaccia una zona famosa per la sua ricchezza di biodiversità, lo stato attuale delle ricerche nella biologia marina segnala le gravi condizioni in cui versano le barriere coralline, a rischio estinzione per il cambiamento climatico e l’inquinamento delle acque. Peter Sale, autore di 'Our Dying Planet' invita ad agire in fretta e con decisione per frenare il disastro.
“C’è ancora tempo per agire e ci sono ancora cammini economicamente percorribili da intraprendere che ci condurranno ad una Nuova Atlantide, ad un futuro nel quale gli uomini vivranno nella prosperità e realizzeranno le proprie vite come amministratori di una Terra ecologicamente sostenibile”.
Così l’ecologista Peter Sale conclude la presentazione del suo ultimo libro, significativamente titolato Our dying planet, in cui esplora lo stato attuale del pianeta e mette in evidenza i risultati di recenti ricerche condotte da biologi. L’auspicio iniziale non va trascurato perché il contenuto dell’indagine non deve servire ad allarmare, ma a veicolare un rapido ed efficace mutamento di paradigma culturale.
A destare maggior preoccupazione sono le barriere coralline, le straordinarie e vivide formazioni sottomarine tipiche delle aree tropicali, dove trova rifugio più del 25% della totalità delle specie marine. Fino a dieci anni fa solo il 2% dei coralli risultava danneggiato o compromesso, mentre oggi si stima che un terzo della specie minacci di estinguersi. Secondo i criteri stabiliti dall'International Union for the Conservation of Nature i coralli rappresentano le forme di vita più gravemente colpite sulla Terra. Negli Stati Uniti più della metà degli ecosistemi corallini versa in gravissime condizioni.
Le cause sono, naturalmente, molteplici, a cominciare dall’abuso della pesca, che distrugge direttamente i coralli, per non parlare dell’inquinamento delle acque, in cui si riversano gli scarichi industriali, che nel Golfo del Messico fanno già parlare di Dead Zone.
Ma il fattore più pericoloso è il cambiamento climatico, che determina il riscaldamento degli oceani compromettendo seriamente la sopravvivenza dei coralli. Questi vivono in relazione simbiotica con un tipo di alga che produce nutrimento ed energia attraverso la fotosintesi. Quando i coralli non resistono all’aumento della temperatura, le alghe vengono espulse e i coralli sbiancano, divenendo più deboli e suscettibili di contrarre malattie. Anche l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera contribuisce all’acidificazione dei mari, indebolendo la capacità dei coralli di sviluppare la loro tipica struttura scheletrica.
Uno studio in proposito è apparso nel 2007 sulla rivista scientifica Science per segnalare l’elevato impatto del cambiamento climatico e delle attività umane nocive sulle resistenze dei coralli. L’ultima ricerca pubblicata nel 2010 mette in guardia sulla possibilità, sempre più concreta, dell’estinzione delle barriere.
È il segnale più evidente che la crisi ambientale è multiforme, complessa e seria. Ma Peter Sale esorta a sentirsi parte coinvolta di questo scenario e ad afferrare le occasioni rimaste per decidere correttamente e mutare il proprio sguardo sul mondo. Lo scopo è quello di fare pressione su governi ed economie affinché siano intraprese le misure più opportune per frenare l’estinzione delle specie minacciate.