di
Andrea Degl'Innocenti
17-05-2011
Alcune considerazioni a caldo sulla tornata elettorale da poco conclusasi, con l'avanzamento dei 'partiti minori' che sembra indice di una volontà di cambiamento, desiderio che la politica dovrà riuscire a intercettare e recepire. Intanto in Sardegna un plebiscito popolare si schiera contro il nucleare nel referendum consultivo, in attesa del 12 e 13 giugno.
Si fa un gran parlare di 'cambiamento' in queste prime ore successive alla chiusura delle urne per le elezioni amministrative. Giuliano Pisapia, al ballottaggio con un discreto margine su Letizia Moratti a Milano, afferma di aver “intercettato la voglia di cambiamento”; Nichi Vendola puntualizza che il centrosinistra può vincere solo “quando offre un cambiamento credibile”.
Ora, che ci sia un bisogno estremo di cambiare è indubbio, così come è fuori discussione che tale bisogno sia avvertito in modo sempre più pressante dalla popolazione. Ma 'cambiamento' è una parola plurale e complessa. Di cambiamento - in chiave 'green' - parlava Barak Obama, lo stesso che adesso autorizza le trivellazioni in Alaska e Golfo del messico.
Resta dunque da capire se la politica tradizionalmente intesa ha adottato strumenti adatti per affrontarlo o se continua a percorrere la strada della demagogia. Qualche dato interessante – anche se vista la prossimità sarebbe più cauto parlare di impressioni – da questa tornata elettorale lo possiamo già cogliere a partire dall'orientamento dell'elettorato.
Innanzitutto, la vittoria più grande non ha niente a che fare con le elezioni amministrative, ma con i referendum. La Sardegna si è espressa contro il nucleare con un'amplissima affluenza (il 59,34 per cento contro il 33 necessario per raggiungere il quorum di un referendum consultivo) ed un vero e proprio plebiscito di sì (circa il 97 per cento dei votanti).
Un dato ancor più importante se si tiene conto, come ricorda il comitato ‘Vota Sì per fermare il nucleare’, del fatto che “in Sardegna il quorum è stato calcolato sul totale degli aventi diritto al voto, circa 1.480.000 persone. Solo il 25% dei quali è stato interessato anche dalle amministrative (93 comuni su 377)”. Un segnale forte in vista dei referendum abrogativi del 12 e 13 giugno, soprattutto nei confronti di chi escludeva che si potesse raggiungere il quorum senza l'accorpamento con le amministrative.
Tornando a queste ultime, ad uscirne vittoriosi sono soprattutto i partiti cosiddetti minori. A partire dal Movimento 5 Stelle di Grillo, il vero 'terzo polo' di queste elezioni, che ha sfiorato il 10 per cento a Bologna e raggiunto il 5 a Torino con una campagna elettorale a costo praticamente nullo, svoltasi quasi esclusivamente su internet e nelle piazze italiane.
A Milano è stato fondamentale il contributo di Sinistra Ecologia e Libertà di Vendola (quasi il 5 per cento) nei 6,5 punti percentuali di distacco inflitti dal candidato del centrosinistra Pisapia alla Moratti. A Napoli poi, Luigi De Magistris candidato con l'Idv, ha superato il candidato Pd di quasi 9 punti, andando al Ballottaggio con Gianni Lettieri del centrodestra.
Grande sconfitto, anche se già annunciato, il Pdl, partito di governo, travolto dagli scandali legati al premier e dai tentativi di boicottaggio dei referendum sull'acqua e sul nucleare, avvertiti con ogni probabilità dalla popolazione come una violenta espropriazione della libertà di espressione.
Insomma la voglia di cambiamento la si respira nell'aria, ma per il momento resta una speranza, una sensazione, un desiderio inespresso. Adesso, ballottaggi a parte, il prossimo appuntamento importante è fra meno di un mese, ai referendum sull'acqua e sul nucleare. Solo allora si potrà affermare con sicurezza che qualcosa è cambiato.