di
Giorgio Cattaneo
01-03-2013
“Astensionismo in crescita, crollo del centrodestra truccato da 'rimonta', frana del centrosinistra che non riesce a vincere, estinzione definitiva della sinistra”. L'analista Pierluigi Fagan scruta i risultati elettorali ed il successo del Movimento 5 Stelle.
No all’euro-dittatura, all’incubo della crescita impossibile, alla stanca democrazia delle élite, ma anche alla guerra che incombe, evocata dagli obblighi Nato. E poi i punti esclamativi sul reddito di base, la solidarietà, la pace, la convivialità, l’onestà, la trasparenza, la competenza, l’ecologia e la compatibilità ambientale, la cultura. In una parola: la speranza.
Così legge il successo di Grillo l’analista Pierluigi Fagan, che scruta i flussi elettorali: astensionismo in crescita, crollo del centrodestra truccato da “rimonta”, frana del centrosinistra che non riesce a vincere, estinzione definitiva della sinistra. Nei grandi numeri, osserva Fagan, l’Italia ricalca l’andamento dell’elettorato greco devastato dalla crisi, con una importante differenza: l’inesistenza di un’opposizione di estrema destra: CasaPound, Fiamma Tricolore e Forza Nuova raddoppiano i voti ma si fermano a quota 183.000, meno di quelli che ottenne nel 2008 il Partito Comunista dei Lavoratori.
Primo dato assoluto: i voti validi calano dal 77% al 72,5%, pari a due milioni e mezzo di elettori, presumibilmente del centrodestra, che hanno disertato le urne. Evidente il crollo della coalizione di Berlusconi, ancorché dissimulato dalla “rimonta”: il centrodestra ha perso il 14%, cioè il 45% del proprio elettorato. “Circa 4,2 milioni di elettori sono probabilmente andati al M5S, poco più di 2,1 milioni di elettori all’astensione, circa 1,3 al centro, circa 0,3 a 'Fare'”.
Dei probabili 4,2 milioni di ex elettori del centrodestra passati ai grillini, aggiunge Fagan, 1,4 dovrebbero essere pervenuti dalla Lega e 2,8 milioni dal Pdl. “Rispetto al 2008, i “non più votanti” del centrodestra sono comunque poco più di 8 milioni: una vera frana”. Appena meglio il centrosinistra, che perso l’11% netto. In totale, i voti in fuga dalla coalizione di Bersani sono quelli di oltre 4 milioni e mezzo di italiani, cioè poco più della metà da quelli persi daBerlusconi: se n’è andato circa un terzo dell’elettorato tradizionale.
Se sul centro l’analisi di Fagan è in controtendenza – la coalizione Monti ha ottenuto un milione e mezzo di voti in più, rispetto a quelli racimolati dai centristi nel 2008 – una vera débacle punisce la sinistra, che cinque anni fa (tra Idv, Sinistra Arcobaleno e Sinistra Critica) aveva sfiorato i 3 milioni di suffragi. “Sorprende allora in negativo che il risultato finale di Sel più 'Rivoluzione Civile' assommi a 1,8 milioni di votanti”.
Manca almeno un milione di voti, andati probabilmente ai grillini. “Sia la scelta 'entrista' di Vendola, sia quella 'alternativa' di Ingroia con la sua 'società civile' costruita ancora una volta nel buio delle segrete stanze, non hanno affatto convinto”, osserva Fagan. “Dei due, se Vendola ha raccolto forse il 'suo', dato il profilo della sua coalizione e i risultati del 2008, Ingroia ha invece raccolto meno della metà di ciò che in teoria doveva aspettarsi”.
Resta, appunto, la valanga Grillo: oltre 8 milioni di voti andati al 'Movimento 5 Stelle' provengono dalle due grandi coalizioni, con prevalenza del centrodestra, anche se – come partito – il maggior tributario è stato il Pd. “I temi anti-casta hanno unito queste due aree, il blocco ex-Pdl è stato spinto anche dalla compresenza nei programmi M5S di temi fiscali ed euroscettici, tipici di questo elettorato”. Inoltre, pesa anche il richiamo alla 'competenza', tema caro alla diaspora di “Fare”, che ha sottratto qualche centianaia di migliaia di voti al centrodestra.
“Non solo il M5S è risultato più concreto, credibile e completo di Sel e Rivoluzione Civile; ma sui temi sociali, su quelli ecologici, su quelli antisistemici ed antiliberisti, incluso un evidente euroscetticismo di sinistra del tutto assente nell’offerta tradizionale, hanno costruito una nuova narrazione, evidentemente attraente anche per quei quasi 3 milioni di elettori provenienti dal Pd”. Il punto più performativo? La speranza: “L’idea che un altro modo di stare al mondo sia non solo necessario, ma possibile”. Il 'fattore speranza', in un momento di buio pessimismo e depressiva impotenza, è stato l’arma vincente di Grillo.
Articolo tratto da LIBRE
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