di
Andrea Marciani
16-03-2012
L'introduzione dell'IMU in agricoltura, voluta dal governo Monti, interviene in un settore produttivo già allo stremo delle forze. Un settore che necessiterebbe di interventi di rianimazione e a cui viene invece richiesto di pagare la nuova tassa, non solo sulle abitazioni rurali ma anche sui fabbricati strutturali.
Da cinque giorni una tramontana indiavolata soffia sulla maremma assetata, pietrificando le zolle argillose ed aprendo ampie crepe nella crosta dei campi.
Sono tempi duri per l'agricoltore italiano. Da una parte, una meteorologia sempre più lunatica si diverte a vanificare tutte le sue fatiche; dall'altra, la sua classe dirigente ha scelto proprio quest'anno per avviare una nuova politica fiscale che porterà l'agricoltura italiana, quantomeno la piccola e media, a fallimento certo.
L'introduzione dell'IMU in agricoltura, voluta dal governo Monti, interviene in un settore produttivo già allo stremo delle forze, che vede i prezzi dei suoi prodotti di base fermi a valori nominali inferiori a quelli del 1950, che negli ultimi 10 anni ha perso il 32,2% delle aziende e la cui percentuale nazionale di addetti, sugli occupati complessivi, è ridotta al 5,5%, addetti, la cui età media supera ormai i 56 anni.
A questo settore, che necessiterebbe interventi di rianimazione, viene invece richiesto di pagare la nuova tassa sugli immobili, non solo sulle abitazioni rurali ma anche sui fabbricati strutturali come stalle, rimesse, fienili e serre.
Tutte strutture generalmente ampie ed sovradimensionate alle esigenze di molte aziende che perseguono, in questo momento, la semplice sopravvivenza.
Nella riunione tenuta il 9 marzo scorso a Marsiliana dalla Coldiretti, la posizione espressa dai dirigenti in merito all'IMU è di cupa rassegnazione ed anche se viene rivendicata un'azione di mitigazione in fase di elaborazione del decreto istitutivo, la massima misura a nostro favore, messa ora in calendario, è quella di chiedere ai sindaci una riduzione della parte di aliquota di loro pertinenza.
Ad ascoltarli parlare si ha l'impressione di avere di fronte la controparte governativa e non degli alleati solidali (e retribuiti). Infatti, alle richieste della base spazientita, di organizzare proteste per farci ascoltare dal governo, viene risposto che la protesta sarebbe impopolare, perché c'è la crisi e tutte le categorie sono chiamate a fare dei sacrifici e la protesta verrebbe interpretata come una forma di egoismo.
Occorre a questo punto ricordare che il governo sta per elargire, a seguito di una vicenda giudiziaria durata vent'anni,800 milioni di euro alla Federconsorzi, feudo storico della Coldiretti e Confagri[1]. Come si fa a non mettere in relazione la richiesta lacrime e sangue dell’ IMU agli agricoltori ed il regalo alla Federconsorzi?
Le due partite quasi si equivalgono, dato che il gettito che si stima di spremere dagli agricoltori ammonta a circa un miliardo di euro. Inaccettabile infine la chiosa col luogo comune dell'agricoltura come il settore più foraggiato dai fondi europei.
Qualunque agricoltore non avrebbe difficoltà a dimostrare, conti alla mano, che di quei fondi europei lui è solo uno snodo di transito: quelli che non restano impigliati a monte nelle maglie delle amministrazioni regionali e provinciali, passano per le sue mani per brevi istanti, prima di finire in quelle molto più agili ed esperte di associazioni sindacali e di professionisti, specializzati nella gestione dell'immensa mole di incombenze burocratiche di cui sono gravate le aziende agricole in ambito PAC.
Tutti i contributi sono modulati in maniera da prevedere il perenne rinnovo di attrezzature, rese obsolete, non dall'usura o dal tempo, ma da precise norme varate a questo scopo.
Inoltre è obbligatorio il parallelo ricorso al credito che, mentre si ingrassano banchieri e industriali, spinge gli agricoltori in quella spirale di indebitamento che è alla base di una bella fetta di quel 32,2% di chiusure d'attività sopra descritto. Si direbbe che il Governo ed alcuni dirigenti sindacali agricoli abbiano dimenticato che la produzione di cibo è una attività strategica, cui è affidata la sopravvivenza della nazione intera, che l'agricoltura è un'arte che presuppone grande abnegazione e fatica e che si perpetua efficacemente solo se tramandata di padre in figlio.
Spezzare questa continuità, come si sta facendo in questi giorni, espone tutto il paese a gravi rischi, perché l'Italia ha perduto da tempo l'autosufficienza alimentare ed un aggravarsi della crisi potrebbe indurre le nazioni produttrici di surplus alimentare a rallentare le esportazioni, come già ha cominciato a fare la Russia.
Il Comitato Beni Comuni di Manciano intende promuovere tutte le forme di lotta che la Costituzione consente per rendere evidente lo stato di grande prostrazione in cui versa il comparto agricolo e la sua impossibilità ad aderire ai desiderata governativi in materia di IMU.
Note
1. Comissione parlamentare d'inchiesta sulla Federconsorzi
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