di
Andrea Degl'Innocenti
10-01-2012
Il governo dei professori si appresta a varare il decreto sulle liberalizzazioni, abbattendo anche le ultime resistenze della nostra economia al mercato globale. Intanto dal vertice fra Merkel e Sarkozy prende corpo l'ipotesi di una Tobin Tax, nonostante la contrarietà della Gran Bretagna.
Le chiamano liberalizzazioni, ma di libertà c'è ben poco. Ciò a cui si fa riferimento è quel concetto strano di libertà, che vede nell'assenza di regole e nella competizione totale la sua espressione più completa. Una concezione per cui la società ideale è quella priva di ideologie e beni comuni, di legami sociali, in cui vige la legge del più forte.
C'è poco da stare allegri per l'ondata di liberalizzazioni che il governo dei professori si appresta a mettere in atto: alcune forse ci potranno sembrare giuste, altre dovute, ma nel complesso non faranno altro che abbattere le ultime esili barriere della nostra già fragile economia e farne un'arena per le scorribande di grandi gruppi e multinazionali.
Vediamole, ad ogni modo, le liberalizzazioni previste dal decreto che – a quanto dichiarato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà a Porta a Porta – il governo è intenzionato ad emettere entro il prossimo 20 gennaio.
Della questione legata alla privatizzazione dell'acqua abbiamo già parlato ieri. Catricalà ha ribadito l'intenzione del governo di liberalizzare il servizio. Nelle dichiarazioni il sottosegretario usa una formula precauzionale, ma lascia intendere tutt'altro: “Pensiamo di fare modifiche che non vadano contro il risultato referendario ma non vogliamo che sia un escamotage".
Riguardo al servizio idrico, va poi aggiunto che parlare di liberalizzazione non ha alcun senso. Come ha fatto notare più volte il giornalista Luca Martinelli, quella che nel significato del termine dovrebbe essere un'apertura al mercato e alla concorrenza, diventa nel caso dell'acqua un monopolio privato, in quanto i contratti di gestione del servizio prevedono un unico affidatario e hanno una durata che arriva fino ai 30 anni.
Altri settori che finiranno nel decreto saranno, a detta di Catricalà, energia, trasporti, banche e assicurazioni. Sul piano dell'energia il governo si propone di intervenire inizialmente sul caro-benzina, lasciando ad un secondo momento un intervento più generale, che comprenda il gas e l'eventuale separazione Eni-Snam. L'idea, per adesso, è quella di rinegoziare i contratti tra compagnie petrolifere e gestori, eliminando l'esclusiva.
Un intervento deciso è previsto anche riguardo alle ferrovie perché, ha dichiarato sempre il sottosegretario “ci sono tutta una serie di strutture che avvantaggiano il monopolista”. Anche in questo caso, è vero che le Ferrovie dello Stato, per come sono concepite – e ancor più alla luce delle ultime polemiche legate alle quattro classi (e altrettante categorie di viaggiatori) – non offrono un servizio pubblico e dunque non è giusto che godano di privilegi. Ma quella sorta di sillogismo che recita che visto che il pubblico non funziona allora è meglio passare al privato è piuttosto un entimema: la soluzione più semplice sarebbe che i cittadini esigessero, come è nei loro diritti, un servizio pubblico che funzioni.
Ad ogni modo l'esecutivo spinge per portare a termine il decreto attraverso un provvedimento d'urgenza. “Dobbiamo agire d'urgenza – ha dichiarato Catricalà –, la legge avrebbe un periodo troppo lungo di gestazione, ma vogliamo dare alle forze politiche il modo di esprimersi”.
Intanto dall'Europa sembrano voler mettere ulteriore fretta al governo dei professori. Dal vertice di Berlino fra Merkel e Sarkozy è uscita la solita tirata d'orecchi sul debito, con il leader francese che ha appoggiato la cancelliera sulla necessità e urgenza di negoziati per l'accordo sulle regole di bilancio. Il patto di bilancio voluto dalla Germania per contenere la crisi del debito, risulterebbe per i paesi in crisi come Italia e Grecia una zavorra pesantissima, capace di tagliare definitivamente le gambe all'economia.
Dal vertice però è uscita anche un'apertura decisa alla Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie ideata dal premio Noble per l'economia James Tobin e alla base delle richieste di molti movimenti sociali, fra cui Attac. Applicando una percentuale minima su ogni transazione, la tassa peserebbe solamente sugli speculatori, i cui guadagni si basano sulla realizzazione di centinaia di operazioni consecutive, ciascuna con un guadagno infinitesimale.
All'idea si è fin da subito opposto il Primo Ministro britannico Cameron, che ha dichiarato: “L’idea di una nuova tassa europea non applicata da tutti non penso che sia un’ipotesi fattibile. Quindi noi la bloccheremo”. Francia e Germania si sono comunque dette disposte ad andare avanti anche senza l'appoggio della Gran Bretagna.
Dunque l'ipotesi della Tobin Tax sembra per la prima volta una strada percorribile. Va però rimarcato che esiste una differenza sostanziale fra le proposte avanzate da associazioni come Attac e quella emersa dal vertice europeo: nel primo caso il gettito ricavato dalla tassa andrebbe a finanziare una ripresa delle politiche sociali, la tutela dei beni comuni, i servizi alla cittadinanza. Non è ancora noto quali siano le intenzioni di Merkel e Sarkozy, ma è legittimo supporre che non siano le stesse.
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