La strage di Firenze, quando si sceglie l'odio come soluzione

La strage di Firenze, con l'uccisione di due senegalesi per mano di un estremista di destra, si inserisce in un clima generale di tensione razziale. Fra chi cerca di sminuire la portata dell'accaduto relegando il fatto ad un caso isolato, e chi già teme un ritorno al fascismo, forse c'è l'ennesima degenerazione dovuta alla crisi in corso.

La strage di Firenze, quando si sceglie l'odio come soluzione
Quanto accaduto a Firenze può lasciare esterrefatti, sconvolti, straziati. Ma di certo non sorpresi. Le prime avvisaglie di un'ondata di odio razziale si percepivano già da tempo, in Italia, ed erano divenute evidenti con i fatti di Torino di sabato scorso. Là un gruppo di una ventina di persone – forse provenienti dagli ambienti più estremi della tifoseria juventina – ha organizzato un raid incendiario in un campo rom, a seguito della denuncia di uno stupro da parte di una ragazzina, poi rivelatasi un falso. A Firenze tutto è avvenuto ad opera di un unico uomo, almeno all'atto pratico – gli inquirenti non escludono che abbia potuto avere dei fiancheggiatori, se non persino dei complici, nell'architettura del piano – che è sceso in strada e ha fatto fuoco su un gruppo di senegalesi, prima in piazza Dalmazia, poi in piazza San Lorenzo, uccidendone due e ferendone gravemente tre. Gianluca Casseri, cinquantenne ragioniere fiorentino. Di lui in questi giorni abbiamo sentito dire di tutto. Che aveva la passione per il genere fantasy e si dilettava a scrivere romanzi; che era ossessionato dall'ispettore Callaghan, il personaggio cinematografico interpretato da Clint Eastwood col vizio di farsi giustizia da solo. Un profondo odio razziale lo portava a frequentare i circoli di estrema destra ed era vicino agli ambienti di Casa Pound, il centro sociale fascista con molte sedi in Italia. Tutt'altro discorso per le vittime, figlie di quei flussi migratori planetari dell'epoca della globalizzazione, che le avevano portate dal Senegal fino a Firenze. Diop Mor e Modou Samb, entrambi con famiglie numerose nel loro paese da mantenere. Entrambi venditori ambulanti, un'attività spesso invisa ai commercianti fiorentini, che vedono nella vendita di merce abusiva e contraffatta una concorrenza sleale. Sono molti gli interrogativi che affollano le menti dei parenti delle vittime, della comunità senegalese, dei fiorentini. Perché sfogare il proprio odio contro chi non aveva fatto nulla? “Siamo qui da dieci anni, mai litigato con nessuno, siamo persone buone noi” racconta scosso Ndiaye Mor, fratello di una delle due vittime. Difatti, la comunità senegalese è una delle più pacifiche della città. In casi come questi la tentazione di trovare risposte semplici, e strumentalizzabili, è forte. Da un lato c'è chi spinge – soprattutto negli ambienti di destra - l'ipotesi del “caso isolato”, del “folle omicida”, per ridurre la portata dell'accadimento ad un semplice fatto di cronaca, annullandone l'entroterra culturale. Dall'altro chi grida al ritorno del fascismo e degli squadristi. Il sospetto che mi balza in mente è che questa nuova ondata di razzismo e di violenza xenofoba abbia piuttosto a che fare con la situazione che stiamo vivendo, in cui la classe media rischia seriamente di sparire travolta dalla crisi più profonda che il capitalismo abbia mai vissuto. Siamo nell'incubo della società del liberismo e del consumismo sfrenato, che carezzandoci per anni con l'illusione di poter fare tutto ciò che vogliamo, di essere finalmente liberi, ci ha pian piano sgretolato ogni certezza. Ci ha mangiato il terreno da sotto i piedi preoccupandosi che nel frattempo continuassimo a guardare verso il cielo, spinti da un anelito di libertà (che era poi, a ben vedere, una brama di prevalenza). Adesso il terreno è finito, svanito ogni sogno, e stiamo bruscamente rendendoci conto della realtà. Finito il benessere, ognuno cerca disperatamente le sue antiche certezze, ma guarda un po' sono svanite anch'esse. E allora bisogna costruirsene di nuove, con i pochi mezzi che si hanno a disposizione. Così una certezza può consistere nel cercare di ricreare i legami sociali o con il territorio andati perduti, tessere ogni giorno reti di solide amicizie. Oppure ricostruire un rapporto con la natura e con la terra, coltivare i frutti del proprio orto. Tutte soluzioni che richiedono un'impegno costante, un'estrema coerenza. Altrimenti si può optare - soluzione più semplice - per trovarsi un nemico sul quale addossare le colpe di ogni disgrazia, caricarlo di tutto il proprio odio represso ed infine combatterlo. Qualcuno di concreto e visibile, che ci stia vicino, viva accanto a noi ma al tempo stesso sia diverso, di una diversità immediatamente riconoscibile. "Un negro, uno zingaro", insomma.

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