di
Alessandra Profilio
03-06-2013
Da giorni sono in corso in Turchia cortei e manifestazioni che le forze dell'ordine stanno reprimendo duramente. La rivolta ha preso le mosse dal parco Gezi Parki di Istanbul dove un gruppo di attivisti si è radunato contro l'abbattimento di 600 alberi per la costruzione di un centro commerciale per divenire quindi una protesta contro la deriva autoritaria dell'esecutivo.
Ha preso le mosse dal parco Gezi Parki di Istanbul dove un gruppo di attivisti si è radunato contro l'abbattimento di 600 alberi per la costruzione di un centro commerciale per divenire quindi una protesta contro la deriva autoritaria dell'esecutivo la rivolta che da giorni si è accesa in Turchia.
Da venerdì scorso migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per quella che è divenuta un'onda di dissenso contro il premier Recep Tayyip Erdogan , accusato di aver attuato negli ultimi due anni una stretta autoritaria alla vita quotidiana del Paese ed aver trasformato la Turchia in uno stato di polizia.
Istanbul, Ankara e Smirne: i centri delle tre più grandi città del Paese sono stati invasi da manifestanti che si sono trovati a fronteggiare gli attacchi della polizia, che ha utilizzato gas urticanti lanciati ad altezza d'uomo e getti di idrante. Si è trattato di una repressione durissima, al punto che il presidente della Repubblica, Abdullah Gul, ha chiesto al premier turco di favorire un atteggiamento più mite da parte delle forze dell'ordine.
I dimostranti hanno marciato verso gli uffici del premier a Istanbul e Ankara chiedendo le sue dimissioni. Il ministro degli interni, Muammer Guler ha riferito che almeno 1700 persone sono state arrestate, anche se molte di loro sono state già rilasciate.
Non sono state confermate le notizie secondo le quali gli scontri avrebbero provocato due vittime, ma secondo quanto ha riferito all'ANSA Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “cinque persone sono in pericolo di vita per ferite alla testa”.
“Pretendiamo dal ministero della Sanità turco informazioni precise sul numero di persone rimaste ferite negli scontri” e “lanciamo un appello perché ci sia uno stop nell'uso di gas lacrimogeni che sono la causa principale delle ferite riportate dai manifestanti”, ha aggiunto Noury.
Oggi a Istanbul squadre di volontari si sono date da fare per ripulire piazza Taksim, così come facevano gli indignados a Puerta del Sol a Madrid e di Plaza Catalunya a Barcellona. Su Twitter molte persone hanno pubblicato le foto dei volontari che raccoglievano rifiuti, pezzi di vetro, bossoli di proiettili di gomma e candelotti lacrimogeni esplosi.
E proprio contro Twitter ed i social network in generale si è scagliato in un'intervista all'emittente Haberturk il premier turco Erdogan. “Adesso c'è un pericolo chiamato Twitter - ha dichiarato Erdogan - lì vi si possono trovare tutti i migliori esempi di bugie. Per me i social media sono il pericolo maggiore per la società”.
I manifestanti, d'altra parte, accusano tv turche di minimizzare la rivolta, sotto pressione del governo. Le informazioni sulla protesta e sulle violenze della polizia circolano solo sui social network e riferiscono di una rivolta che si sta generalizzando e allargando a tutto il paese.
Intanto a Francoforte, sede della Banca centrale europea, migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il capitalismo, le politiche di austerity e la finanza in Germania. A dar vita alla manifestazione è stato Blockupy, movimento internazionale contro la Bce.
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