L'errore antropocentrico e la filosofia giudaico-cristiana-islamica

Guido Dalla Casa ci spiega quali sono state le origini del forte antropocentrismo che ancora contraddistingue la cultura occidentale. A cominciare dalle espressioni che si usano per indicare il 'non umano' fino a risalire ai testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e al loro impatto sull'immaginario di intere generazioni di uomini.

L'errore antropocentrico e la filosofia giudaico-cristiana-islamica
Nella scorsa puntata sull'errore antropocentrico abbiamo visto come questo può mettere seriamente a rischio anche la migliore intenzionata azione ecologista. Ora capiamo in che senso, nello specifico, questo può accadere. Viene usata assai spesso, quando si tratta di problemi collegati all’ecologia, la parola ambiente, termine fuorviante, perché trasmette l’idea che si tratti di un’entità inerte, 'non viva'. Si usa chiamare 'ambiente' un complesso di: - oltre venti milioni di specie di esseri senzienti; - tutti gli ecosistemi che, secondo recenti teorie scientifico-filosofiche, si possono considerare pure esseri senzienti; - sostanze in continuo scambio e movimento; - relazioni fra tutti gli elementi e le entità interne al complesso. Il termine deriva dall’idea di ambiente dell’uomo, cioè è impregnato dal fortissimo antropocentrismo della cultura occidentale. L’uomo resta l’unico punto di riferimento. In sostanza si usa chiamare 'ambiente' un Organismo Totale vivente-senziente, come se fosse un 'contorno' di alcune sue cellule (la nostra specie). La Terra non è “il nostro ambiente” o “la nostra casa”, ma è l’Organismo di cui facciamo parte: siamo un suo tessuto, siamo come un tipo di cellule integrate in un organismo biologico, e che dipendono in modo totale dalle sue possibilità di omeostasi, cioè dalla capacità del Pianeta di autocorreggersi mantenendosi in condizioni stazionarie. Le tradizioni religiose nate nel Medio Oriente Riporto dalla versione cattolica della Bibbia pubblicata da Marietti nel 1970: Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame, su tutte le fiere della terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” (Genesi, 1/26). ...e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela e abbiate dominio sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame e su tutte le fiere che strisciano sulla terra”. (Genesi, 1/28). Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore di voi e il terrore di voi sia in tutte le fiere della terra e in tutto il bestiame e in tutti i volatili del cielo. Per quanto concerne ciò che striscia sul suolo e tutti i pesci del mare, essi sono messi in vostro potere”. (Genesi, 9/1-2). Qui non c’è l’idea di 'custodia' affidata al bravo amministratore, che sarebbe già una posizione fortemente antropocentrica, c’è ben di peggio. Forse qualche istituzione vorrebbe ancora far credere che un pitecantropo, o un australopiteco, si è svegliato una mattina e si è accorto di avere qualcosa che prima non aveva (l’anima), oppure che un cucciolo di questi viventi sia improvvisamente nato 'umano'. E il Neanderthal, che ha vissuto con il Sapiens in Europa per decine di migliaia di anni, 'aveva' o 'non aveva' l’anima? Spero che non si raccontino più simili amenità, neppure ai bambini! Forse è più facile pensare che tutti questi esseri senzienti sono sempre stati immersi nell’Anima del mondo, per usare un’espressione dello psichiatra junghiano James Hillmann. Ma qualche idea diversa c’era in alcune culture umane, come dimostrano questi pensieri, tratti da antichi testi indiani: Ogni anima va rispettata e per anima si intende ogni ordine, ogni vitalità che la sostanza possa assumere: il vento è un’anima che si imprime nell’aria, il fiume un’anima che prende l’acqua, la fiaccola un’anima nel fuoco, tutto questo non si deve turbare. In uno dei sutra si loda chi non reca male al vento perché mostra di conoscere il dolore delle cose viventi e si aggiunge che far danno alla terra è come colpire e mutilare un vivente. Il valore intrinseco della Natura Le autorità, i governi, 'le persone che contano' hanno tutti lo stesso dio: lo sviluppo, l’aumento indefinito dei beni materiali, che comporta l’aggressione al resto della Natura, considerata al nostro servizio e senza alcun valore 'in sé'. Tutto in funzione umana, come cosa ovvia! Finché non ci liberiamo da questo sottofondo, ogni azione alla lunga sarà inutile. Anche dire che la Natura (o un’entità naturale) è 'patrimonio di tutti' o costituisce una risorsa sottintende una concezione fortemente antropocentrica; così pure dire di voler salvare un 'ambiente naturale' per poterlo trasmettere 'alle generazioni future'. Sono tutte espressioni che considerano la centralità dell’uomo come ovvia. Secondo un tipo di pensiero degno di ogni considerazione anche se assai raro in Occidente, i valori non esistono solo nell'uomo, ma pure negli altri animali e nelle piante. Il punto di partenza più naturale per trovare i valori è di cercarli negli altri animali, che certamente hanno emozioni e sentimenti, oltre alla capacità di soffrire. Per un lupo, l'alce ha un valore strumentale, come preda che sostiene la vita e il benessere del lupo. Lo stesso lupo può considerare i membri del proprio branco come esseri con un valore intrinseco, e non li tratta solo come strumenti. Gli altri esseri creano valori indipendentemente da ciò che l'essere umano pensa di loro. Ci sono anche i valori delle piante. Tutti gli organismi hanno la propria 'mente': l'essere umano può sia promuovere che danneggiare questa qualità, che però rimane indipendente dall'uomo. Che una pianta di casa cresca rigogliosa o meno può dipendere dagli umani, però il suo benessere o malessere è una qualità propria della pianta. Il problema nasce dall'affermazione della mancanza d'identità nelle piante, affermazione priva di ogni fondamento. Ci dobbiamo poi domandare se i sistemi, o gli 'esseri collettivi', possono avere valori non riconducibili ai singoli individui. La tradizione lega i valori agli individui e perciò non comprende che una montagna possa avere un valore intrinseco. Ci dobbiamo anche chiedere se la Natura come un tutto possa essere un soggetto con una mente, e se una montagna o un fiume possano provare esperienza. Le ricerche attuali sulla coscienza e sull'intelligenza artificiale potrebbero gettare nuova luce su questi problemi. Sugli argomenti sopra accennati sono assai interessanti gli scritti e le considerazioni della studiosa finlandese Leena Vilkka, docente di filosofia all’Università di Helsinki. Noi siamo la Terra Siamo immersi nell’Anima del Mondo o, se preferite, nell’Inconscio collettivo, nell’Inconscio ecologico, la Mente della Terra: noi siamo la Terra! Questo è uno degli approcci soprattutto dell’ecopsicologia. Siamo la parte più 'cosciente' della Terra, non c’è alcun distacco uomo-Natura. La repressione dell’inconscio ecologico è la radice profonda del male insito nella società industriale. Ritrovare l’accesso verso l’inconscio ecologico vuol dire ritrovare la via verso la salute psicofisica dell’individuo, della società e dell’ecosistema. È necessario emancipare l’ecologia da semplice branca della biologia dalla quale è nata a una scienza delle relazioni e dell’insieme. Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo tanto quanto i fiumi e gli alberi, intessuti dello stesso intricato flusso di materia-energia e mente. Il sentimento religioso è una prerogativa umana? Lascio la parola a Jane Goodall, che ha trascorso 40 anni fra gli scimpanzé: "Nel profondo della foresta di Gombe c’è una spettacolare cascata. Talvolta, mentre gli scimpanzé si avvicinano e il rombo dell’acqua che cade si fa più intenso, il loro passo si affretta, i peli si rizzano dall’eccitazione. Quando raggiungono il corso d’acqua mettono in atto scene magnifiche, alzandosi in piedi, ondeggiando ritmicamente da un piede all’altro, sbattendo le zampe nell’acqua bassa e in corsa, raccogliendo e lanciando grosse pietre. A volte salgono sulle liane che penzolano dall’alto e fanno l’altalena fra gli spruzzi dell’acqua che cade. Questa 'danza della cascata' può durare dieci o quindici minuti, dopodiché può accadere che uno scimpanzé si sieda su una roccia, con gli occhi che seguono il percorso dell’acqua. Che cos’è, quest’acqua? Continua ad arrivare, continua ad allontanarsi, eppure c’è sempre. Probabilmente gli scimpanzé provano un’emozione simile a una meraviglia o ad un riverente rispetto. Se hanno un linguaggio parlato, se possono discutere delle emozioni che innescano queste magnifiche scene, ciò significa che hanno una religione animistica 'primitiva'. La cascata è sempre stato il luogo più spirituale di Gombe, e ora sappiamo che era considerata un luogo sacro dal popolo che vi viveva un tempo, un luogo in cui gli uomini-medicina eseguivano cerimonie una volta all’anno. Mi chiedo se non abbiano mai osservato, come rapiti, le danze selvagge degli scimpanzé". Conclusioni Se non usciamo dall’antropocentrismo, così radicato nella cultura occidentale e nella filosofia di fondo del pensiero di derivazione giudaico-cristiana-islamica, tutti i tentativi di reintegrazione nel mondo naturale sono destinati a fallire: sarà ben difficile ottenere la fine del mito della crescita e la salvezza della Terra continuando a pensare che tutto è fatto per l’uomo. Se insisteremo in quell’idea di fondo, sarà l’Ecosistema totale a provvedere a un ridimensionamento della nostra specie, probabilmente con un transitorio poco piacevole. Dobbiamo perseguire il benessere dell’Ecosistema, perché se continuiamo nell’illusione del cosiddetto benessere dell’uomo senza tenere conto della Totalità ci comportiamo come cellule patologiche di un Organismo. La visione ideologica che ci fa credere unici e inconfondibili fra tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un delirio di grandezza.

Commenti

Articolo bellissimo! Diventa difficile però capire come possa un entità emergente omniinclusiva come la natura, avere coscienza. Solitamente, è grazie alla presenza dell'"altro", che si riesce a distinguere la propria (difficile trovare il linguaggio giusto... non intendo una proprietà esclusiva ed una separazione dal resto, ma una condizione di vicinanza fra le parti in relazione che permettono l'emergere della coscienza) individualità (o ciò che appare tale) e la coscienza. Ma se la natura è omnicomprensiva, e quindi tutto l'esistente è essa, non potrebbe esserci "altro". Come può distinguersi, quindi una coscienza individuale? Non escludo che possa. E d'altronde io sto pensando usando parametri bio-centrici, dando per scontato che una coscienza debba essere simile a quelle di cui abbiamo esperienza.
Masque, 28-01-2011 01:28
Vi è certamente bisogno di equilibrio tra un atteggiamento di disprezzo nei confronti della natura, con uno sfruttamento di risorse indiscriminato e senza nessun ragionamento sulle conseguenze e un atteggiamento ambientalista estremo, in cui ogni attività dell'uomo, in quanto modifica l'ambiente circostante, è inquinamento, distruzione o abuso. I nativi americani catturavano i bufali, solo i più lenti, solo quelli che servivano per mangiare e per avere le pelli per scaldarsi. Li rispettavano e li veneravano, i bufali, e non li uccidevano mai senza motivo e se non per esigenze strette. Questo è l'equilibrio che io vorrei ci fosse nel mondo, anziché il solito gioco di Guelfi contro Ghibellini, o all'estremo da una parte o dall'altra.
Ezio, 03-02-2011 08:03
L'articolo è molto interessante; segnalo un particolare linguistico che ha rilevanti conseguenze. In Genesi la parola ebraica originaria che per secoli è stata tradotta con "dominare" è "rada". Ebbene questa parola ebraica non significa affatto "dominare" , ma " pascolare, reggere, guidare, condurre" . Dietro questa parola c'è dunque l'immagine di un uomo chiamato da Dio a "pascolare" le altre creature, ad assumere cioé nei loro confronti lo stesso atteggiamento che Dio ha nei confronti dell'uomo. La parola ebraica originaria è stata dunque TRADITA dalle gerarchie religiose, anche in conseguenza dell'assunzione della tradizione greco-romana . Esiste dunque una netta differenza tra Scritture e tradizione-traduzione religiosa. Non è questione di poco conto nè problema solo etimologico. Se esiste una netta differenza tra Parola originaria e tradizione cristiana non c'è bisogno di abbandonare le Scritture per abbandonare l'antropocentrismo.I credenti che vivono con libertà interiore la propria spiritualità possono abbandonare l'antroppocentrismo senza abbandonare la Parola di Dio. Perché privarsi del loro contributo?
giuliano buselli, 03-02-2011 11:03
Ottimo intervento che sento di condividere. Mi permetto di segnalare quanto scrissi sulla stessa falsariga: http://www.ereticamente.it/la-fine-del-pensiero-antropocentrico/. L'antropocentrismo è qualcosa di subdolo. Ci viene inculcato. Molto difficile da eradicare.
Nuccio Cantelmi, 03-02-2011 04:03
vedo con piacere i commenti,tutti di persone di cultura-giuliano ha ragione a dire che le sacre scritture sono sacre ma vengono maneggiate con disinvoltura,e anche questa è azione senza valori,perchè il significato delle parole è sacro. ma il vero problema molto caro al Prof Dalla Casa è il fatto che vi sono difficoltà a cambiare modo di pensare,molte ,ma molte di più di quelle che si immagina.La mia esperienza sul tema è ampia e vi assicuro che è un grosso problema.Un solo piccolo es: mia moglie ,leggendo un testo di G D Casa,ebbe degli incubi,sognava che io la rincorrevo,lei fuggiva,e io avevo in mano un testo di D Casa!!!!! non dico altro,solo che cambiare modo di pensare sembra non difficile,e invece E' IL VERO PROBLEMA,se artisti della cultura di Silvano Agosti inciampano rovinosamente,ancora oggi,sull'antropocentrismo di derivazione biblica. IL VERO PROBLEMA E' NELLA NS TESTA,credetemi.....è lì che bisogna lavorare,sempre. gm
Gianfranco Marinari, 31-07-2016 09:31

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.