di
Giancarlo Tarozzi
20-12-2010
Il solstizio d'inverno è alle porte. Per le culture antiche rappresenta un momento di morte e rinascita in cui l'ombra sembra trionfare sulla luce, ma proprio nel solstizio d'inverno c'è il seme per il solstizio d'estate dove sarà il sole a trionfare. Quando tutto sembra perduto è possibile scoprire che la luce ha qualcosa in serbo per noi.
Il 21 dicembre di ogni anno si celebra la ricorrenza del solstizio d'inverno, il momento in cui il sole raggiunge il punto più meridionale nella sua orbita apparente rispetto alla Terra, il momento in cui le giornate sono più brevi e le notti più lunghe, l'ombra sembra trionfare sulla luce. Nelle culture e nelle tradizioni dell'antichità, il solstizio d'inverno segna la fine di un anno e l'inizio di quello successivo, un momento di morte e rinascita in cui l'ombra sembra trionfare nei confronti della luce.
Nel solstizio d'inverno, nel momento del buio, c'è il seme per il solstizio d'estate, il momento in cui sarà invece la luce a trionfare. Da sempre questo è il giorno che celebra la festa del sole. Il cristianesimo ha annacquato questa ricorrenza suddividendola in più fasi: Natale il 25 dicembre, Capodanno il 31 dicembre, l'Epifania il 6 gennaio. Questo momento dell'anno è simboleggiato in molte culture anche dal ritorno di Babbo Natale, che non a caso vive nell'estremo nord, il punto in cui il sole sembra andarsi a rifugiare nel momento di maggior oscurità. I doni portati da Babbo Natale rappresentano una manifestazione dello stesso principio secondo il quale è proprio quando tutto sembra perso, quando la tenebra sembra trionfare, che la luce ha in serbo nuovi doni e nuove speranze.
Ecco allora l'usanza, che si è tramandata fino ai nostri giorni, di rompere vecchie stoviglie, di liberarsi di vecchie cose, per simboleggiare il nuovo che ha bisogno di spazio per potersi manifestare. In parallelo, lentamente, le religioni patriarcali hanno soppiantato la figura di Babbo Natale come portatore di doni con quella di Gesù bambino che, al di là di qualunque valenza religiosa, esprime una posizione completamente diversa.
Gesù bambino esprime infatti un tempo lineare, il bimbo che nasce e cresce e si evolve nel tempo, mentre Babbo Natale esprime l'eterno ritorno, l'opportunità ogni volta che si raggiunge un momento di ombra, di veder rinascere la luce.
Del resto, lo stesso albero di Natale con le sue luci e con i suoi colori manifesta quello che nelle culture tradizionali è l'albero della vita: anche gli alberi vivono la stessa ciclicità. Quando perdono le foglie, quando sembrano maggiormente nudi e scheletrici, quello che in realtà sta avvenendo è che si stanno creando i presupposti per una nuova fioritura.
Volendo rimanere simbolicamente nel mondo della botanica, gli alberi che crescono più velocemente sono proprio quelli che perdono ogni anno le foglie; i sempreverdi (espressione di una crescita continua e lineare) sono molto più lenti nel loro sviluppo.
Il solstizio d'inverno manifesta anche il ciclo di morte e rinascita, i 'riti di passaggio', attraverso i quali passa l'esistenza di ognuno. L'infanzia lascia il posto all'adolescenza, questa all'età della sessualità della passione, e così via. Celebrare la sacralità di ogni fase della propria vita è un ottimo modo per non disperdere quanto di più prezioso in essa è stato realizzato.
Babbo Natale, con i suoi doni portati proprio nel momento di maggior oscurità apparente, sta lì a ricordarci che è proprio quando tutto sembra perduto e gelo e morte sembrano trionfare, che è possibile scoprire che la luce ha qualcosa in serbo per noi.