Un’inchiesta durata sei mesi e che ha scoperto uomini comprati e venduti come animali e costretti contro la loro volontà sui pescherecci della Thailandia per garantire ai supermercati occidentali la fornitura di scampi e gamberetti che i consumatori richiedono. Il merito va al Guardian, che ha messo sotto gli occhi di tutti una sconcertante verità. L’inchiesta del quotidiano ha portato alla luce come la più grande azienda che tratta di gamberetti, la Charoen Pokphand (CP) Foods, compri il prodotti che arriva proprio dalle barche sulle quali lavorano gli schiavi. Chi è riuscito a fuggire da quelle prigioni sull’acqua ha raccontato storie terrificanti di botte, torture, esecuzioni. Alcuni erano in mare da anni, ad altri venivano somministrate anfetamine perchè non interrompessero il lavoro. Alcuni hanno visto altri schiavi venire uccisi. E dopo l'inchiesta, i rivenditori Usa ed europei hanno fatto scelte diverse, dall'imbarazzato silenzio di alcuni all'annuncio di Carrefour di sospendere gli acquisti dalla Thailandia.
Quindici migranti da Burma e Cambogia hanno anche spiegato come sono finiti in quelle condizioni. Hanno detto di avere pagato dei broker perché li aiutassero a trovare lavoro in Thailandia in fattorie o uffici; invece sono stati venduti ai comandanti delle navi, a volte per meno di 250 sterline. “Pensavo di morire – racconta Vuthy, monaco cambogiano venduto di nave in nave – mi hanno tenuto in catene, non mi davano nemmeno da mangiare. Ci vendono come animali, ma noi siamo esseri umani”. Altre vittime di questi traffici hanno detto di avere visto almeno venti schiavi venire uccisi, uno di essi è stato legato alla barca. “Ci picchiavano anche se lavoravamo duramente – ha detto un altro sopravvissuto – moltissimi vengono da Burma”.
La CP Foods rifornisce di scampi e gamberetti catene e marchi a livello internazionale e ha dovuto ammettere che gli schiavi sulle barche sono una realtà negli ambienti dove si approvvigiona.
“Non siamo qui a difendere ciò che accade – ha detto Bob Miller, uno dei manager della CP Foods – sappiamo che ci sono problemi di questo tipo ma non sappiamo quanto siano estese queste pratiche”. Il Guardian ha ricostruito come le navi con gli schiavi raccolgano enormi quantità di “pesce spazzatura”, piccolo e non commestibile, che poi approda negli allevamenti per fungere da mangime per i gamberetti. Già segnali di questo meccanismo della schiavitù nell’industria ittica thailandese erano arrivati da organizzazioni non governative e da un rapporto dell’Onu; ora non si può più fare finta di niente. “Se acquistate scampi e gamberetti provenienti dalla Thailandia, comprate qualcosa che è stato prodotto rendendo schiavi degli esseri umani” ha detto Aidan McQuade, direttore di Anti-Slavery International.
Il governo thailandese ha stimato che circa 300mila persone lavorano nell’industria ittica, il 90% delle quali è immigrato, quindi estremamente vulnerabile. E se il governo thailandese ha mostrato di avere ben poca spinta per far cambiare le cose, allora la pressione può partire da chi sceglie cosa consumare e acquistare. Scegliamo di non acquistare gamberetti e scampi che provengano dall’Asia e se non è possibile verificarne la provenienza, non acquistiamoli affatto.
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