di
Elena Risi
07-05-2012
Pensate che il vostro quartiere debba essere migliorato? Volete condividere un orto? La prima cosa da fare è parlarne con i vostri vicini. L'invito arriva dagli autori della guida Come fare un orto o un giardino condiviso appena presentata dall’Associazione Zappata Romana. La guida sarà disponibile nelle librerie a partire da oggi, 7 maggio 2012.
"Se pensate che il vostro quartiere debba essere migliorato - scrivono gli autori nelle prime pagine - […] la prima cosa da fare è parlarne con altre persone: i vostri vicini, i commercianti, gli amici".
Il 5 maggio l’Associazione Zappata Romana ha presentato a Palazzo Valentini di Roma la pubblicazione edita da Terre di Mezzo Come fare un Orto o un giardino condiviso, di Silvia Cioli, Luca D’Eusebio e Andrea Mangoni. La guida sarà disponibile nelle librerie dal 7 maggio e continuerà ad essere scaricabile dal sito dell’Associazione dove è possibile consultare anche la mappa dei 100 orti e giardini condivisi di tutta Roma.
Prima di tutto questo incontro è stato un invito ad aggregarsi, a prendere spunto dai racconti per mettere in pratica le idee, a stimolare il recupero di nuovi spazi per dare vita ad altri orti. In tanti hanno portato la propria esperienza, da tutte le zone di Roma, e la volontà di confronto ha permesso anche una presa di coscienza sullo stato attuale degli orti urbani, valorizzando la moltiplicazione straordinaria che hanno avuto negli ultimi anni. L’attenzione verso i protagonisti di queste storie sta crescendo anche da parte di alcuni rappresentanti istituzionali. La possibilità di svolgere questo evento nel palazzo della Provincia è considerata un segnale importante, come anche la presenza di Gianluca Peciola, vicepresidente della Commissione Ambiente della Provincia di Roma.
“Stiamo puntando i riflettori su una realtà che esiste - ha spiegato Luca D’Eusebio di Zappata Romana - fatta di una collettività che si impegna quotidianamente”. Il rappresentante dell’Associazione ha fatto presente che quando è stato avviato nel 2010 il progetto di coordinamento cittadino delle varie esperienze di orti urbani e giardini condivisi, si contavano appena quaranta realtà, oggi il numero tocca già quota cento. Un aumento così significativo si spiega soprattutto con il risveglio di una società cittadina che ha ripreso coscienza dello straordinario valore dei beni comuni e ha la volontà di ridisegnare nuovi rapporti con le istituzioni.
I partecipanti al progetto degli orti urbani considerano questa esperienza come una delle tappe di un percorso più ampio che ha come obiettivo la riconquista del diritto alla partecipazione diretta del cittadino nella gestione dei beni e degli spazi. Una volontà che è stata riaffermata dalla gente – solo per citare gli eventi più vicini nel tempo – anche nella 'bicifestazione' nazionale della settimana precedente e nella manifestazione in difesa dell’acqua lo stesso 5 maggio.
Le testimonianze dei coltivatori di orti urbani sono state tante e diverse tra loro, ma tutte sono guidate dagli stessi intenti. Al centro dell’esperienza c’è sempre la volontà di rispondere alla disgregazione della vita cittadina recuperando i rapporti umani, incontrandosi con gli abitanti del proprio quartiere o di quelli limitrofi, conoscere persone tanto vicine che altrimenti nella vita di tutti i giorni sarebbero perfetti estranei.
Claudio Isidori del giardino condiviso di via del Mandrione ha raccontato di come “un tempo eravamo abituati a riunirci e incontrarci nei sindacati o nelle sezioni politiche. L’individualismo di oggi ci ha portato via tutto, ma nel mio quartiere abbiamo sentito l’esigenza di creare una piazza in cui poterci incontrare”. Così alcuni residenti hanno recuperato un’area altrimenti usata come discarica e hanno creato un giardino che mette a disposizione tavolini e più di ottanta posti a sedere. “Noi lo chiamiamo giardino eno-gastronomico - continua a spiegare Claudio - perché abbiamo montato diversi barbecue e organizziamo spesso eventi in nome della buona tavola”.
Il bello di questi luoghi è la loro assoluta eterogeneità. Ragazzi, anziani, bambini, famiglie. Esperienze orizzontali che diventano anche iniziative di promozione sociale, come nel caso dell’Associazione Coltivatorre, all’interno della Riserva Naturale della Valle dell’Aniene, che dal 1997 ha avviato e consolidato un progetto di inserimento dei disabili e delle loro famiglie attraverso l’orticoltura biologica. In questa, come nelle altre esperienze, i coltivatori riconoscono alla terra un potere di liberazione, il potere di un orto-giardino per reinserire lavoratori in mobilità, per l’educazione ambientale, per fare un presidio contro la speculazione edilizia.
Nella loro apparente semplicità gli orti urbani e i giardini condivisi stanno diventando una proposta sempre più concreta di approccio alternativo che risponde sia alla crisi urbana sia alle note criticità legate all’attuale modello alimentare come l’inquinamento, lo sfruttamento del lavoro, gli sprechi. La riappropriazione degli spazi pubblici diventa un gesto per dare nuovi significati ai conflitti di sempre: città-campagna, cittadino-istituzione, locale-globale.
Questi contadini improvvisati sembra che coltivino solo ortaggi, ma in realtà coltivano rapporti.