Perdere tutto. Tutto ciò su cui si basava la tua vita. O almeno credevi che così fosse. Non c'è più nulla di quei tre o quattro sostegni che avevi faticosamente costruito. Sgretolati in meno di un istante. Ti aspetteresti che tutto crollasse. Non aspetti altro. A sostenere la tua vita adesso c'è il niente. Il niente si sfugge, si rifiuta, non si accetta, si teme come la peste. Il niente è il fratello del vuoto, della mancanza tagliente, amico spudorato della tua paura. Il tempo del niente è il tempo che temevi, quello necessario a liberarti, è quello che scorre lentamente fissandoti negli occhi. Quello che una volta arrivato, esiste. E non puoi che viverlo. Il niente ti fa sprofondare nell'ignoranza di te stessa. E inizia la conoscenza autentica, quella dolorosa, quella degli abiti e delle abitudini che indossavi furtivamente, quella dell'essere quello che facevi, quella stesa al sole della tua paura ed esposta al vento delle dicerie degli untori di turno. Eppure è un viaggio verso la sorgente, un ritorno che riconosci a tratti, che non ti risparmia ferite, che non ti applaude ma neppure si accanisce, non ti loda ma neppure giudica quello che sei, frantumandoti in pezzi da battezzare come fragilità, insicurezze, difetti e lati oscuri. Per il niente sei semplicemente intera. E mentre scompari nel suo buio riemergi alla luce dell'inizio, cominci a ricomporre quel senso che più volte hai sfiorato senza afferrarlo. Perché non c'era. Sei tu stesso il niente. E ne scopri gli innumerevoli vantaggi, le lusinghe, la sana leggerezza dello smettere la pelle del ruolo-serpente in cui eri imprigionata. E la guardi allontanarsi da te quella pelle morta, sbiadita di toni di grigio, sul ciglio della strada che hai battuto, accartocciata e inerte, pronta a dissolversi come mai esistita. Quasi a tornar facile polvere ai raggi del primo sole, a disperdersi arresa al soffiare del primo vento. Così ti accorgi che puoi persino rinunciare a tutti i tuoi nomi. Che quanti più ne disconosci tanto di più sarai. Puoi rinunciare alla ricerca di quel senso perché non ce n'è più bisogno: sei tu il senso, è il presente il senso, è la vita il senso. E' solo l'orrore che ti faceva chiedere il senso, la paura, il dolore, il senso di sconfitta, la sensazione del non vivere ha bisogno del senso. Quando la vita sta da un'altra parte ti metti a cercare il senso. Il niente è pastoso, plastico, della tua stessa profondità, del tuo stesso calore, della tua esatta misura. Il niente è il tuo mezzo di contrasto, dove finalmente e senza trucchi appari a te stessa. Il niente ha una sua struttura portante, una sua forza dirompente che scopri solo quando smetti di averne terrore. Non c'è arrivo senza una successiva e improvvisa ripartenza. Dal niente. Rimane solo l'esistenza, il nocciolo, il nucleo essenziale, quello utile, l'unico necessario. Dove abita l'amore, la fiducia, il vuoto ad aprirsi, lo scorrere della nostra natura primaria. Solo dal niente ci si può ricostruire e solo al niente possiamo anelare per essere quanto più possibile noi stessi. Felici. Il niente ha il valore dei nostri bisogni che affamiamo con i nostri obiettivi irraggiungibili, inutili il più delle volte, che ci fanno stare male perché non sono i nostri ma solo imposti da ciò che ci gira intorno, da ciò che noi stessi abbiamo creato e credevamo vero ma non ci rispetta e non ci riconosce. Abbiamo bisogno periodicamente del niente affinché possiamo accorgerci dell'insostenibilità del tutto, del tanto, del troppo che soffoca le nostre vite, che corrode la nostra lucidità e ci sottomette a modi che ci trattengono, ci trasformano, nutrono le nostre malattie. Malattie del tanto, del troppo. Il niente non è la fine. E' solo l'inizio della gratitudine a chi ci ha vinto. E' l'inizio di un viaggio difficile, necessario, senza sconti per nessuno né aspettative a sostenerci. E' solo aver preso al volo l'opportunità di essere più autentici, più veri, più ridimensionati in ciò che abbiamo e ciò che avremo ma senza più confini a delimitare ciò che siamo e ciò che autenticamente vogliamo essere.
Elogio del niente
di
Marìca Spagnesi
11-02-2016
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