di
Paolo Ermani
09-05-2012
Aumento dell'astensionismo e boom di consensi per il Movimento 5 stelle alle ultime elezioni amministrative. Secondo Paolo Ermani, Presidente PAEA, si tratta di segnali forti che riflettono la fine della politica novecentesca, incentrata sui partiti e sulla figura del leader.
C’è un filo conduttore che lega i due fatti eclatanti emersi dalle ultime elezioni amministrative, la vittoria di Grillo e dell’astensionismo: non sentirsi rappresentati da nessuno o non voler essere rappresentati da nessuno.
Tutto ciò è l’inizio della fine della politica novecentesca in cui c’erano i partiti, c’erano i leader, gli unti dal signore, i condottieri, in lotta perenne con i leader degli altri partiti e in lotta all’interno dei propri partiti per fare prevalere la loro corrente nei confronti delle altre correnti. In questa logica non esistono che i rapporti di forza e la prevaricazione degli altri con ogni mezzo.
Grillo parla spesso contro il leaderismo, nonostante sia evidente che lui - almeno nell'immagine - lo incarni, ma assai opportunamente ha capito che l’epoca dei leader è al tramonto. I leader che ci fanno andare in guerra, che ci fanno sentire inferiori, che ci fanno pensare che ci siano degli eletti di Dio al di sopra di tutti gli altri comuni mortali.
Siamo tutti 'uguali', tutti con splendori e miserie, tutti con capacità eccezionali, né migliori, né peggiori. C’è chi decide di puntare sul peggio di sé, credendosi chissà chi, agendo con arroganza e superbia, usando gli altri per perseguire i propri scopi e c’è chi invece non lo fa. Ma ormai il leaderismo mostra la corda, non se ne può più di tromboni, di persone che ti guardano dall’alto in basso, dall’alto della loro cultura, dall’alto delle loro conoscenze o capacità oratorie, alla fine non sono altro che persone meschine e povere spiritualmente.
Persone simili, per un voto venderebbero la madre, per un applauso venderebbero il resto della famiglia e gli amici. E questo vale per chiunque, sia che incensi il capitalismo più sfrenato sia che parli di diritti dei lavoratori o di decrescita.
Se ci si crede tanto infallibili, unici e senza errore, come si potrà mai pensare di costruire un mondo migliore facendo sentire gli altri sempre inferiori o pecore da condurre da qualche parte?
Il leader non concepisce la parità, ha ragione a prescindere, ne sa sempre una più degli altri e se non ha cultura o eloquio forbito, la butta sul lato aggressivo e volgare, deride, denigra, insulta, urla e minaccia. Il massimo dello squallore è il leader acculturato che si agita, deride, denigra, urla e minaccia.
Forse il mondo sta davvero cambiando, le persone percepiscono che c’è qualcosa che non funziona nel concetto stesso di leader, di entità superiore, nel delegare il proprio destino ad altri senza alcun motivo plausibile.
Le persone del Movimento 5 stelle e chi lo ha votato hanno ascoltato Grillo che diceva loro chiaro e forte di essere leader di se stessi. Molti di coloro che non si sono nemmeno recati alle urne, probabilmente pensano qualcosa di simile in maniera anche più radicale.
Rimanere con i piedi per terra senza pensare di elevarsi al di sopra degli altri non significa essere remissivi o non fare nulla ma semplicemente considerare gli altri come se stessi: né condottieri, né duci, né uomini o donne del destino. Siamo tutti alla stessa stregua, semplicemente e meravigliosamente esseri umani.
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