Il quotidiano Il Cambiamento è tra i pochi media nel panorama nazionale che non solo non accetta i finanziamenti pubblici all’editoria, ma non si piega nemmeno alle logiche commerciali comuni per le quali vige il motto “pecunia non olet”. Per noi invece i soldi di sponsor senza scrupoli puzzano e pure tanto. Puzza l’inquinamento di Enel, Eni, Sorgenia, Edison, E-On e compari. Puzzano le armi prodotte da Finmeccanica, puzza il venefico cartello delle Big Pharma e delle industrie alimentari e chimiche per cui l’ambiente è solo una discarica. Puzzano le industrie automobilistiche e le pubblicità di giochi d’azzardo che mandano in rovina la gente. Puzzano la moda e tutti i prodotti superflui di cui internet è piena per fare spendere soldi inutilmente. Noi riteniamo che un vero cambiamento, non di facciata, debba partire da basi diverse. Ecco perché il giornale Il Cambiamento accetta solo sostenitori selezionati in linea con i nostri valori, ma soprattutto si basa sul supporto dei lettori che, come noi, pensano che l’informazione seria e indipendente non possa dipendere dai soldi degli sponsor che alimentano lo sfacelo.
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E ancora: scopri quale quadro emerge della libertà di stampa in Italia dal rapporto di Reporters Without Borders che ha stilato l’edizione 2014 del World Press Freedom Index. Il nostro paese è al 49° posto, nelle retrovie del mondo civile. Non sarà un caso che i paesi dove maggiore è la libertà di stampa hanno minori tassi di corruzione e maggiore tranquillità economica. Leggete l’elenco dei primi 10 paesi in classifica e vi sarà tutto chiaro.
World Press Freedom Index 2014
1 Finlandia
2 Olanda
3 Norvegia
4 Lussemburgo
5 Andorra
6 Liechtenstein
7 Danimarca
8 Islanda
9 Nuova Zelanda
10 Svezia
11 Estonia
12 Austria
13 Repubblica Ceca
14 Germania
15 Svizzera
16 Irlanda
17 Giamaica
18 Canada
19 Polonia
20 Slovacchia
21 Costa Rica
22 Namibia
23 Belgio
24 Capo Verde
25 Cipro
26 Uruguay
27 Ghana
28 Australia
29 Belize
30 Portogallo
31 Suriname
32 Lituania
33 Regno Unito
34 Slovenia
35 Spagna
36 OECS
37 Latvia
38 El Salvador
39 Francia
40 Samoa
41 Botswana
42 Sud Africa
43 Trinidad e Tobago
44 Papua Nuova Guinea
45 Romania
46 Stati Uniti
47 Haiti
48 Niger
49 Italia
La propaganda trionfa, afferma il giornalista John Pilger, autore di “Utopia”.
«Perché ai giovani giornalisti non si insegna che ciò che viene chiamato informazione di massa non è informazione, ma potere?» si chiede Pilger.
«I tempi in cui viviamo sono così pericolosi e distorti nella percezione pubblica che la propaganda non è più ciò che Edward Bernays chiamava “il governo invisibile”. È il governo. Detta le regole direttamente, senza paura delle contraddizioni e l’obiettivo è quello di renderci terreno di conquista, di condizionare la nostra capacità di distinguere la verità dalle bugie. L’era dell’informazione è in realtà l’era dei media. Attraverso i media abbiamo la guerra, la censura, la demonologia, la diversione, un insieme surreale di clichés dell’obbiedienza e di falsi assunti. Il potere di creare una “nuova” realtà ha radici lontane. Il culto di sé ha annullato la nostra capacità di agire insieme, il nostro senso di giustizia sociale. La classe, il genere, la razza sono stati separati». Ed è in questo isolamento che siamo manipolabili, disorientabili, influenzabili. «Se i giornalisti avessero fatto il loro lavoro, se avessero domandato e indagato sulla propaganda anziché amplificarla – dice Pilger riferendosi alla guerra in Iraq – centinaia di migliaia di uomini e donne sarebbero ancora vivi, milioni di persone non avrebbero dovuto lasciare le loro case e l’infame stato islamico non esisterebbe. In Europa e negli Usa milioni di lettori e cittadini non sanno pressochè nulla dei grandi cambiamenti avvenuti in America Latina, molti dei quali ispirati da Chavez. E ancora, perché milioni di persone sono convinte che una punizione collettiva chiamata austerity sia necessaria?». Sono state convinte. A noi non interessa convincere, a noi interessa costruire cambiamento.