Dal blog di Andrea Strozzi su Il Fatto Quotidiano
Fanno oggettivamente sbellicare dalle risate questi sedicenti economisti che si ostinano a ricercare le soluzioni alla crisi all’interno degli stessi perimetri concettuali che l’hanno generata, primo fra tutti la crescita del Pil. Le scorie mentali e i retaggi illuministici in cui l’Occidente è ancora invischiato impediscono purtroppo a molti di noi di immaginare ed esplorare soluzioni alternative e realmente risolutive, sia in chiave personale che sistemica. Ed è esattamente per questa ragione che l’unico fenomeno ancora in grado di arginare il fondamentalismo neoliberista, aprendo gli occhi a questi templari della crescita ad ogni costo, è paradossalmente un inasprimento della crisi stessa. Il primo passo da fare è quello di sbarazzarsi della favoletta – rigorosamente destinata al solo pubblico adulto – della crescita infinita in un mondo dalle risorse finite, che alle orecchie di un qualsiasi organismo pensante dovrebbe suonare credibile più o meno come l’esistenza di Babbo Natale.
In questa ottica, la crisi rappresenta una vera e propria benedizione per contrastare il delirio consumistico di esseri umani sempre più nevrotici e disorientati, che rischiano di smarrire definitivamente ogni possibile riferimento per ritrovare se stessi, sia in rapporto ai propri simili che soprattutto all’ambiente. La crisi è il limitatore di velocità della follia espansionistica umana, l’ultimo argine che – fortunatamente endemico ai postulati stessi del capitalismo – può ancora propiziarne l’implosione, prima che i suoi effetti collaterali sulla biosfera diventino irreversibili. La crisi, infatti, concentrando la ricchezza in mani sempre meno numerose e sempre più avide, inibisce strutturalmente l’accesso al mercato alla quota di popolazione maggioritaria: l’unica che potrebbe tenerlo in vita. La crisi diventa quindi l’agente lievitante della nuova società vernacolare, finalmente fondata sulla riscoperta della relazione, della reciprocità, dell’emancipazione monetaria. La crisi è il sorprendente propulsore di uno straordinario patto sociale tra il settore agricolo, la società civile, l’imprenditorialità locale e la finanza etica.
Solo la Crisi ci può salvare è il mio nuovo libro-manifesto che, scritto insieme a Paolo Ermani e, distribuito in tutta Italia per Edizioni Il Punto d’Incontro, sussurra alla nostra coscienza le troppe verità che in troppi, da troppo tempo, tentano di nasconderci. E in più, cosa assai rara di questi tempi, suggerisce anche le contromisure da adottare.
Qui di seguito trovate dei brevi estratti.
Le pressioni e gli effetti dissocianti che il mercato del lavoro imprime alla società stanno rapidamente avviandosi al loro stadio più critico: soprattutto nel settore industriale e in quello dei servizi, il generalizzato disorientamento indotto dalla Grande Recessione e la conseguente incapacità di una reazione adeguata stanno generando nei piani alti della governance d’impresa una sempre più convulsa schizofrenia gestionale, inevitabilmente destinata a degenerare nel definitivo scollamento tra le ansie reddituali dei (pochi) governanti e quelle prestazionali dei (tantissimi) governati.
[…] Le profonde trasformazioni che questa Crisi sta procurando alle nostre abitudini rappresentano un fattore di speranza per un futuro più autentico e naturale. Le frenetiche e paranoiche accelerazioni a cui ci ha costretto un progresso tecnologico privo di scrupoli, gli alienanti stili di vita che costringono sempre più persone al ricorso alla farmacologia chimica, il culto del denaro e del successo a ogni costo, le nefaste violenze procurate al territorio con l’unico scopo di assoggettare l’habitat all’impeto espansionistico umano, sono le principali tendenze e gli effetti collaterali di questo perverso modello di sviluppo, che la Crisi può contribuire a inibire.
[…] La reazione corretta è infatti quella che stanno cominciando a praticare migliaia di cittadini ingegnosi e operosi che – fregandosene dalla politica di Palazzo e lontano dai riflettori – si attrezzano per far fronte ai profondi mutamenti degli stili di vita a cui il nuovo corso necessariamente ci abituerà. Gli esempi sono fortunatamente tantissimi e vanno dall’autosufficienza energetica alla partecipazione ad orti comunitari, dal rifiuto delle mode e delle seduzioni del consumismo al ripudio consapevole di una mentalità del lavoro neoschiavistica, da numerosi esempi di soluzioni abitative comunitarie ad alcune testimonianze di imprenditoria virtuosa e realmente orientata al benessere.
[…] Il Cambiamento sta già avvenendo, ma non rientra nelle coordinate conosciute, non rientra nei palinsesti e non viene inquadrato dalle telecamere, non è a capo di niente, non si erge al di sopra di nulla, non comanda e non calpesta. Non ce lo annunceranno a reti unificate, non ci saranno fanfare e squilli di tromba. Il Cambiamento verrà costruito da tutti e ognuno apporterà il suo indispensabile contributo. Insieme si cambierà ogni cosa, come una foresta in silenzio riprende il possesso di ciò che le è stato sottratto. Il Cambiamento è nelle mani di ciascuno di noi, di ogni singola persona consapevole di essere decisiva e fondamentale. Aspettatevi tutto da voi stessi, ma niente da chi vi vuole condurre: solo così salverete voi, i vostri simili e quella meravigliosa casa dove abitate e che si chiama Terra.
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