di
Paolo Ermani
24-01-2012
Partito dalla Sicilia ed estesosi ora nel resto d'Italia, lo sciopero del Tir sta svelando la fragilità della nostra società, impreparata ad affrontare l'indisponibilità di mezzi e risorse. È questa, dunque, la rivoluzione?
Soldi, soldi, soldi, soldi, soldi, ovunque si parla di soldi, in qualsiasi discussione, rivendicazione, argomentazione si fa riferimento ai soldi. Nei discorsi del governo e di qualsiasi politico le parole come ambiente, comunità, solidarietà, natura sono del tutto inesistenti. Si parla di soldi, di crescita, di liberalizzazioni per fare ripartire l'economia. E chi risponde, a seconda della categoria che rappresenta, non è d'accordo con questo e quello in base ai più o meno soldi o vantaggi economici di qualche tipo che ne conseguono.
Siamo in un mondo che sta andando in rovina, stiamo minando le basi stesse della nostra sopravvivenza. In Italia l'inquinamento atmosferico è alle stelle e la preoccupazione maggiore che mobilita migliaia di persone è l'aumento del prezzo del gasolio e della benzina.
Vogliamo pensioni più alte, vogliamo meno tasse, vogliamo che i carburanti costino la metà, vogliamo i vitalizi, vogliamo tutti gli optional, vogliamo il quinto cellulare altrimenti siamo poveri, vogliamo la terza/quarta macchina, il televisore ultimo modello per il quale picchiarci con gli immigrati di fronte ai grandi magazzini, vogliamo la settimana bianca in offerta, la crociera a prezzo stracciato, il volo low cost, i capi firmati, anche in saldo o taroccati vanno bene.
Ma dateci soldi, dateci un lavoro che ci faccia guadagnare bene, non importa quale, un lavoro sicuro, si sa che i soldi non bastano mai. Dateci una bella casa grande così da riempirla con tutte le cose possibili e immaginabili che i nostri soldi possono comprare.
Quello che accade in questi giorni mette ancora in evidenza che l'unica cosa che conta sono i soldi ed è la deriva di un sistema destinato inevitabilmente a crollare.
Gli agricoltori vogliono garanzie affinchè i soldi che loro hanno investito in una agricoltura senza futuro, fruttino, per difendersi dai paesi che producono a basso costo grazie a salari veramente da fame. Ma per non cascare in questa trappola si sarebbe dovuto agire in maniera diversa, non fare esattamente come vuole l'economia classica e l'agricoltura industriale e poi lamentarsi se si viene traditi nell'aver seguito questa prassi suicida e si finisce nelle spietate grinfie della burocrazia e delle banche.
Gli autotrasportatori, veri padroni dell'Italia, vogliono che i carburanti costino il meno possibile così da inquinare ancora di più e meglio. Non importa inquinare se stessi e gli altri con un pazzesco 86% di merci trasportate su gomma, non importa che l'Italia con una percentuale del genere sia un paese che si può mettere in ginocchio in meno di una settimana, l'importante è abbassare il prezzo del gasolio e continuare imperterriti ad ammorbare tutta l'Italia, possibilmente anche più di adesso, visto che le ferrovie vengono continuamente tagliate ma non mi risultano insurrezioni per questo grave fatto. E invece ancora altri Tir, altre autostrade, altro traffico, altro smog, altri malati da curare, così il Pil va in erezione e noi godiamo tutti della nostra follia.
Ancora una volta uno sciopero dei TIR dimostra quanto la nostra società, la nostra economia da settima potenza mondiale, sia fragile e assolutamente impreparata di fronte a qualsiasi difficoltà.
In pochi giorni l'Italia è in ostaggio. E quando il petrolio inizierà a scarseggiare cosa succederà, visto che tutto è dipendente da esso come stiamo verificando in questi giorni?
Inizieremo ad accoltellarci agli angoli delle strade per gli ultimi pacchi di pasta?
È poi inevitabile che i prezzi dei carburanti aumenteranno a causa di una sempre maggiore domanda petrolifera a livello mondiale e una scarsità dell'offerta. Cosa facciamo? Ogni tre mesi i Tir bloccheranno tutta l'Italia o iniziamo a costruire alternative reali alla dittatura del petrolio?
In merito a questa protesta odierna, con gli sprechi colossali che si vedono in ogni luogo d'Italia di cui è protagonista ogni ceto sociale, ogni tipologia di persona, è singolare rivendicare soldi. E per cosa poi? Per sprecare ancora di più?
Mediamente una famiglia italiana all'anno butta nella spazzatura 500 euro di cibo perfettamente commestibile. Procapite ogni italiano spende circa 100 euro (!!!) al mese in giochi d'azzardo. Le edicole sono strapiene di riviste di gossip o simili che sono acquistate soprattutto dalle cosiddette classi sociali svantaggiate. I quotidiani più venduti sono quelli sportivi. La colazione o il pasto a casa è ormai una rarità e tantissimi mangiano fuori, dove costa mediamente molto di più.
Abbiamo 600 automobili ogni 1000 abitanti e complessivamente più veicoli che abitanti in un 'paese garage' secondo al mondo - per numero di automobili - solo agli Stati Uniti. Si spendono migliaia di euro per un matrimonio che, se va bene, dura un paio di anni. In una qualsiasi discarica/isola ecologica si trovano così tante cose in buono stato da rifarcisi arredamenti di interi palazzi. Gadget elettronici di ogni tipo ci sommergono.
Energia e acqua (a proposito, dato che siamo poverissimi, siamo i primi consumatori al mondo di acqua minerale procapite) sono sprecate da ogni famiglia in maniera vergognosa e via di questo passo con decine e decine di sprechi fatti anche da chi dichiara di essere alla fame. In una situazione del genere fare rivendicazioni sui soldi sembra quantomeno strano, se poi devono essere letteralmente buttati dalla finestra.
La vera rivoluzione non è lottare per pagare meno la benzina. Magari la benzina costasse 100 euro al litro, così inquineremmo meno e saremmo costretti a cambiarlo in meglio per forza, il mondo. E poi altro che buttare il cibo quando un miliardo di persone soffre la fame, quella vera.
Ci vogliono risposte pratiche e sensate, non proteste che troppo spesso lasciano il tempo che trovano. Ci vuole la creazione di una fittissima rete di comunità che si autorganizzino per rendersi il più possibile autosufficienti soprattutto negli aspetti energetici e alimentari. Condivisione di mezzi di trasporto e attrezzature varie. Riduzione drastica di qualsiasi spreco, riduzione drastica della produzione di rifiuti, il modo migliore per liberarsi degli inceneritori.
Scambiarsi beni, saperi e competenze per ridurre al massimo l'uso di soldi. Imparare un mestiere e ritornare a saper lavorare con le mani. Acquistare o affittare assieme ad altri, piccoli appezzamenti di terreno con bosco in cui coltivare i propri alimenti e avere riserva di legna. Ritrovare momenti in cui fare cultura e convivialità assieme agli altri intorno ad un buon pasto autoprodotto e ad un buon libro.
Creare una miriade di gruppi, associazioni, cooperative, piccole ditte che lavorino in stretta connessione con i consumatori con la prassi dei gruppi di acquisto collettivo che eliminano gli intermediari e danno fiducia e reale speranza di sopravvivenza ai produttori. Gruppi di acquisto collettivo che siano di cibo, di pannelli solari, di materiale bioedile o altro. Produzione e consumo il più possibile a livello locale, rapporto diretto fra produttore e consumatore.
Mille e mille gesti concreti e quotidiani di ricostruzione della comunità fatta di valori e legami forti sono la vera rivoluzione, non continuare a mantenere in piedi un sistema basato esclusivamente sul dio denaro che mai darà le risposte e le soluzioni reali, poiché si tratta di un sistema intrinsecamente sbagliato.
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