di
Claudia Bruno
19-01-2011
Tra i Paesi europei l'Italia è in fondo alla lista per le politiche che favoriscono la produzione di energia da fonti rinnovabili. L'Anev lancia l'allarme sul settore eolico che nel 2010 ha subito riduzioni del 25 per cento, un dato interpretato come "preoccupante". Intanto le associazioni presentano obiezioni al decreto del Governo sulle rinnovabili. A rischio ci sono gli obiettivi fissati dalla Commissione europea per il 2020 e che riguardano le percentuali di consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili l'Italia resta indietro rispetto agli altri paesi europei. Lo rende noto l'Ewea (European Wind Energy Association) che in un comunicato spiega come su 27 Stati membri dell'Unione Europea, sono 25 quelli che raggiungeranno, o addirittura supereranno, l'obiettivo fissato dalla Commissione europea sulle rinnovabili per il 2020, che prevede di soddisfare il 20 per cento del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili.
Insieme al Lussemburgo l'Italia non ce la farà a raggiungere tale obiettivo e ha comunicato alla Commissione che per raggiungerlo si avvarrà dello strumento della cooperazione. In particolare, rispetto all'obiettivo nazionale del 17 per cento del consumo finale lordo di energia da rinnovabili, l'Italia è in deficit dello 0,9 per cento, segnala l'Ewea. Ultimo della classe il Lussemburgo con un deficit del 2,1 per cento rispetto a un obiettivo nazionale dell'11 per cento.
Di queste ore è anche la denuncia, giunta da parte dell'Anev (Associazione nazionale energia dal vento), di un settore eolico non proprio in piena salute. Il 2010, spiega l'associazione, è stato il primo anno in cui si è registrato un "blocco nella crescita dell'eolico che, con 948 MW installati, vede una riduzione del 25% della potenza annua rispetto agli anni passati". Un dato che è stato interpretato come "preoccupante" dall'Anev, "perché riflette un diffuso malessere tra gli operatori e, in prospettiva, mette a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi comunitari al 2020 e allo stesso tempo l'occupazione a quella data, secondo uno studio congiunto Anev-Uil, dei 67.000 addetti nel settore ipotizzati".
Motivazione principale, spiega l'Anev, è la normativa "che nel corso del 2010 ha fortemente penalizzato l'eolico nazionale per il calo drastico degli incentivi". L'associazione chiede quindi un rapido adeguamento della normativa in modo da consentire il raggiungimento dei valori necessari a raggiungere l'obiettivo comunitario.
Sulla questione si è espressa anche Greenpeace che insieme ad altre associazioni ha mosso delle obiezioni al nuovo decreto del Governo sulle fonti rinnovabili che, dice Greenpeace in una nota "rischia di assestare un colpo definitivo all’energia eolica" perché "questi continui cambiamenti della normativa e degli incentivi scoraggiano nuovi investimenti, inducendo imprese e banche a fermare nuove iniziative imprenditoriali".
Certo è che l'eolico resta settore controverso e delicato, perché la sostenibilità del suo impatto dipende dal peso che gli viene assegnato a livello di fabbisogno energetico nazionale (se gran parte di questo fabbisogno fosse soddisfatta dall'eolico ciò comporterebbe anche un consumo di territorio spropositato).
In ogni caso, resta il fatto che le politiche italiane sulle rinnovabili sembrano per il momento inadeguate. "In questo modo, l’Italia non riuscirà mai a raggiungere i suoi obiettivi in materia di riduzione delle emissioni - afferma Domenico Belli, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace -. Quando si apprende che in Spagna l’energia eolica ha coperto nel 2010 ben il 16% dei consumi elettrici, si capisce quanto questo tipo di tecnologia spaventi le grandi industrie dell’energia fossile e la lobby nucleare con tanti amici nel nostro Governo".
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