La vita operativa dei moduli fotovoltaici si stima generalmente intorno a una media di 20-25 anni, trascorsi i quali la produttività diminuisce al punto da non renderli più convenienti. Non la pensano così i ricercatori che, con diversi studi, hanno dimostrato rese ancora competitive in impianti che hanno già superato il primo ventennio di vita.
Sono più di 300mila gli impianti fotovoltaici attualmente in esercizio in Italia, con una potenza installata pari a oltre 12mila MW. Il fotovoltaico guadagna fiducia, conquista chi cerca maggiore sostenibilità ambientale nella produzione energetica, ma anche chi insegue semplicemente nuove occasioni di investimento.
Sull'onda dell'entusiasmo non dovrebbe, però, venire meno il senso critico sull'effettivo impatto di una tecnologia ancora troppo giovane per trarre conclusioni definitive sul suo intero ciclo di vita e su larga scala. E quindi, insieme al riconoscimento dei vantaggi, non manca chi si interroga sui costi ambientali. Ci si preoccupa, ad esempio, della sottrazione di terre fertili all'agricoltura o ci si pone il problema del tempo di vita di un impianto fotovoltaico e della sua dismissione una volta che i pannelli siano esausti.
In genere l’EROEI del fotovoltaico, quindi il ritorno energetico sull'investimento, si calcola su una durata di vita di 20-25 anni, entro i quali si stima una perdita di potenza pari a circa il 20% a causa dell'invecchiamento e di possibili guasti. Diverse ricerche, tuttavia, hanno verificato la resa di impianti ultra ventennali scoprendo risultati superiori alle aspettative.
Gli studi realizzati dall'azienda giapponese Kyocera su impianti installati a Stoccolma, Tokyo e nella provincia del Gansu, in Cina, tra il 1984 e il 1985, ad esempio, hanno rivelato una produttività pari al 96% dopo 10 anni e al 90,4% dopo 25. Ancora più promettenti i risultati della ricerca condotta dal professor Joshua Pearce presso la Queen's University, in Canada, secondo cui, nei pannelli di buona qualità, la produttività si riduce in misura compresa tra lo 0,1 e 0,2% all'anno.
Dati analoghi a quelli osservati dai ricercatori del progetto Solarec MTBF (Mean Time Before Failure of Photovoltaic Modules), finanziato nell'ambito del 5° Programma Quadro di ricerca dell'Ue. Oggetto dello studio - che vede collaborare il Laboratorio Energia Ecologia Economia (LEEE) della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) con il laboratorio ESTI del Centro comune di ricerca dell'Ispra - è l'impianto TISO 10KW di Canobbio (nel Canton Ticino).
Si tratta del primo impianto allacciato alla rete elettrica in Europa, tenuto costantemente sotto osservazione da quando è stato messo in funzione nel 1982. La ricerca mira a individuare le cause dei guasti e del deperimento dei moduli e a misurarne il degrado nel corso degli anni. Grazie ai dati storici e al lavoro del team di studiosi, è stato possibile verificare l'attuale resa energetica dell'impianto. Quest'ultimo ha rilevato una perdita di potenza annuale pari in media allo 0,2%.
Per quanto lo si rimandi, in ogni caso, il problema della gestione dei pannelli esausti rimane. I primi passi per creare una filiera della raccolta, del riciclo e dello smaltimento sono stati però mossi anche in Italia: nell'ottobre del 2011 è stato siglato a questo fine un accordo tra il Consorzio nazionale raccolta e riciclo (Cobat) e il Comitato Ifi (Industrie fotovoltaiche italiane).
L'atteso progetto si chiama SunMeet e, in base a quanto anticipato al momento dell'accordo, prevederà sistemi di mappatura geo-referenziata degli impianti installati sul territorio nazionale e di tracciabilità dei moduli a fine vita. Produttori, distributori ed esportatori potranno aderire al progetto e così offrire il servizio di ritiro dei moduli ai propri clienti.
Commenti