di
Romina Arena
02-08-2011
La riserva india Tipnis è minacciata dal progetto e dalla costruzione di un’arteria stradale che dal cuore della Bolivia porterà le materie prime del paese al confine col Brasile e da lì verso i porti del Pacifico.
Dopo la legge della Madre Terra, che le dava il primato per essere stato il primo Paese a conferire all’ambiente lo status di 'persona fisica', la Bolivia finisce sui mezzi d’informazione specializzata per un’altra notizia legata alle questioni ambientali. Stavolta però l’aspettativa è decisamente meno virtuosa. C’entra indiscutibilmente la prospettiva economica perché per favorire il trasferimento delle materie prime dall’interno del paese verso i porti del Pacifico, la costruzione di una strada sta tagliando in due la foresta pluviale, penetrando il Parco nazionale nonché riserva india dei Tipnis (Territorio indigeno dal Parco Nazionale di Sécure).
La strada Villa Tunari-San Ignacio de Moxos dovrebbe collegare la regione di Chapare con il confine Bolivia-Brasile. Va specificato che la regione di Chapare è una delle più grosse zone di piantagione illegale della coca. Il progetto, firmato congiuntamente nel 2009 da Morales e Lula non riscuote minimamente i favori delle popolazioni indigene, fortemente contrarie allo sviluppo di questa grossa arteria di comunicazione per vari motivi, non da ultimo per il fatto che la strada distruggerà i loro territori e diventerà via di transito per avventurieri di ogni sorta.
Già un anno fa i popoli indigeni erano riusciti ad ottenere la sospensione di un anno del progetto. Quest’anno si ritrovano a marciare verso La Paz, la capitale, per protestare contro l’approvazione del primo tratto di strada e contro l’inizio dei lavori per costruirla. L’inizio della marcia è prevista oggi, 2 agosto 2011, e vedrà riunite tre differenti tribù contrarie al tracciato che passerà attraverso i territori che loro chiamano “grande casa”; sarà esattamente il tragitto lungo il quale si snoderà la nuova strada dal municipio di Villa Tunari nel Dipartimento di Cochabamba fino a La Paz.
La decisione di intraprendere la marcia è stata presa in seno alla Confederación de Pueblos Indígenas de Bolivia (CIDOB) che ha deciso di intraprendere mobilitazioni in difesa del territorio Tipnis. La decisione è stata presa durante il recente incontro nazionale che i popoli indigeni delle terre basse hanno svolto a Trinidad nel Dipartimento di Beni.
La loro determinazione è molto forte e li ha portati, qualche giorno fa, a respingere qualunque forma di negoziato in sua assenza. Attraverso un comunicato pubblico, infatti, le comunità del Territorio indigeno Parco Isiboro Secure affermano recisamente: “Non riconosciamo alcun negoziato o accordo che si stia sviluppando con il Governo centrale o dipartimentale che non contempli la nostra presenza, perché consideriamo che queste azioni, senza la nostra partecipazione, violano i nostri diritti e la Costituzione politica dello Stato”.
Costruire la strada, poi, comporterebbe importanti implicazioni a livello ambientale. Senza la strada ed al ritmo attuale della deforestazione, il Tipnis registrerebbe una perdita del 43% delle sue foreste in un arco di tempo che arriverebbe al 2030. Aprendo la strada, la percentuale schizza al 64,5%, 610.848 ettari disboscati nel giro di 18 anni. Questi livelli di deforestazione equivalgono a 100 milioni di tonnellate di diossido di carbonio liberati nell’atmosfera, con un valore da i 100 e i 200 milioni di dollari nel mercato volontario del carbonio.
Questa è la proiezione, sulla base di indicatori biofisici e socioeconomici, fatta dalla ricerca Viabilidad económica e institucional para el desarrollo de iniciativas de Bosque y Cambio Climático en el TIPNIS, appoggiata dal Programa de Investigación Estratégica en Bolivia (PIEB), nel quadro dell’iniziativa 'Sostenibilidad de las Áreas Protegidas'.
Alla luce di questi dati, viene da chiedersi se il prossimo passo per la Bolivia sia quello di essere trasformata da fenomeno ambientalista in eroe di cartapesta.
Commenti