di
Francesco Bevilacqua
18-01-2013
La situazione politico-militare in Mali sta velocemente peggiorando. A supporto della Francia, già scesa in campo, si sta schierando il resto dell’Unione Europea, anche se con qualche difficoltà. Ecco una breve analisi della posizione emersa nel corso dell’ultima riunione dell’europarlamento.
Uno dei temi più caldi all’ordine del giorno della seduta del Parlamento Europeo di mercoledì scorso, 16 gennaio, è stato quello relativo all’intervento in Mali, per appoggiare la Francia che da diversi giorni ha già preso iniziativa.
A presentare la discussione, l’Alto rappresentante per la politica estera e la difesa – nuova figura introdotta dal Trattato di Lisbona – Catherine Ashton. Lady Ashton ha riferito che nel corso delle due recenti sedute del Consiglio di Sicurezza è stato rilevato come l’azione dei ribelli del nord del paese rappresenti non solo un pericolo per la stabilità interna del Mali, ma anche una grave minaccia per la sicurezza internazionale.
In apertura di dibattito, ha presentato il piano che prevede l’istituzione di una missione da parte dell’Unione Europea, con l’obiettivo di addestrare le truppe governative e fornire loro apporto logistico. Esattamente ciò che le forze occidentali hanno fatto in maniera più o meno occulta nel corso delle passate rivoluzioni della Primavera Araba e stanno facendo attualmente in Siria, con la piccola differenza che in queste occasioni il loro aiuto era ed è rivolto ai ribelli. 58 i milioni di euro che dovrebbero costituire la prima tranche di finanziamenti all’operazione.
I primi interventi dei parlamentari sono stati tutti in sostegno alla politica francese. Addirittura, fra coloro che si sono dichiarati favorevoli all’intervento armato, c’è stato anche chi ha rimproverato ad Ashton e all’Unione Europea in generale lentezza decisionale, ritardo e mancata coesione interna, ringraziando al tempo stesso il Governo francese per aver tutelato gli interessi dell’Europa nella zona.
Emblematica, a questo proposito, è stata la dichiarazione del cristiano democratico spagnolo Salafranca, secondo cui “se la UE aspira al ruolo di potenza globale dovrà onorare il suo impegno di interlocutore globale in un’area molto vicino ai nostri interessi”. Non è infatti un mistero che il Mali sia una nazione dal grande interesse strategico, per diversi motivi. È forse questo aspetto che ha consentito al Presidente francese Hollande di raccogliere sin qua un elevato consenso intorno alla sua politica interventista, nonostante l’impostazione antibellica della sua campagna elettorale.
Particolarmente contraddittorio è parso il discorso del conservatore inglese Charles Tannock, che ha tracciato un netto solco per differenziare le rivoluzioni della Primavera Araba dai fatti maliani. Allora, secondo lui, i jihadisti erano dei liberatori, mentre oggi vanno considerati alla stregua dei terroristi di Al Qaeda – i quali, fra l’altro, sono stati e sono tutt’ora coinvolti in tutte queste vicende, compresa la rivolta siriana.
Per evidenziare questa grave contraddizione nel corso del dibattito sono intervenuti alcuni europarlamentari, come il francese del Fronte Nazionale Gollnish, che ha puntato il dito proprio sull’incoerenza dei partiti dell’emiciclo che hanno sostenuto gli estremisti e i terroristi islamici quando faceva loro comodo – prima guerra in Afghanistan, prima guerra in Iraq, Libia, Siria solo per citare i casi più eclatanti –, salvo poi prepararsi a combatterli quando i loro interessi diventavano divergenti.
Anche la deputata tedesca della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica Losing si è domandata e ha domandato se i veri interessi in gioco in Mali non siano in realtà quelli strategici delle potenze atlantiche e quelli economici delle multinazionali, facendo riferimento, fra le altre cose, ai ricchi giacimenti di uranio del paese e all’importante progetto dell’oleodotto del Sahel. Ha rincarato la dose il greco Angourakis, che ha condannato senza mezzi termini l’iniziativa del Governo francese, definendola un’ “invasione imperialistica” finalizzata a mantenere il controllo sulle materie prime e sui territori e sostenuta dagli Stati Uniti e dalla NATO.
Ignorando queste posizioni e rivolgendosi principalmente agli interventisti che criticavano l’immobilismo europeo, Lady Ashton ha concluso promettendo che la missione europea di addestramento dell’esercito del Mali sarà avviata il prima possibile e che essa sarà “parte di un programma più ampio per stabilizzare questa zona del mondo e garantire un futuro politico alle popolazione di questa regione”. Un piano di stabilizzazione più complesso tanto dal punto di vista territoriale quanto da quello degli ambiti d’intervento.
A garantire l’appoggio, per ora solo logistico, del nostro paese, ci ha pensato direttamente il Ministro Terzi che, dopo essersi incontrato con il collega americano Leon Panetta – a testimonianza del fatto che anche gli Stati Uniti sono pienamente coinvolti nell’iniziativa –, ha assicurato che l’Italia intende rispettare le previsioni della risoluzione 2081 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, alla quale si è richiamata la Francia – in maniera illegittima, dato che il documento prende in considerazione solo un’azione concertata e non iniziative belliche di singoli paesi – per giustificare il suo intervento.
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