di
Sonia Savioli
07-10-2013
Dall'attacco alle comunità contadine della Colombia agli interventi militari Usa per la difesa degli interessi occidentali. Se ogni conflitto sul nostro Pianeta viene programmato e sovvenzionato dall'impero delle multinazionali, per contrastare il Sistema della Guerra Globale sono necessarie una coscienza ed una responsabilità che permettano a noi 'consumatori-consumisti' di comprendere le implicazioni di ogni nostra scelta.
In Colombia da metà agosto i contadini, che sono il sessanta per cento della popolazione, manifestano, vengono picchiati e arrestati dalla polizia, scioperano. Lottano contro il trattato di libero commercio con gli USA. Trattato che prevede l’utilizzo di sole sementi “certificate”. E le sementi certificate sono quelle della Monsanto, Cargyll ecc. Sono sementi USA.
Del resto, come può essere libero un trattato tra un impero e una nazione ad esso assoggettata? In tutto il paese vengono sequestrate ai contadini e distrutte le loro sementi. Per lottare contro questo sono già morti dodici contadini.
La Colombia è quel paese regolarmente irrorato dai defolianti sparsi dagli aerei USA con la scusa di distruggere le piantagioni di coca. In realtà, così come irrorarono il Vietnam, provocando morte e distruzione che continuano ancora oggi coi bambini che nascono malformati e la gente che muore di cancro, gli USA spargono defolianti-veleni per distruggere la resistenza al loro Impero: una buona parte del territorio colombiano è controllato dalle FARC, un’organizzazione armata definita “terrorista”. Benché sia composta da uomini e donne colombiane, a differenza dei mercenari perlopiù stranieri chiamati “oppositori” e “ribelli” e finanziati, armati, addestrati dall’Impero, che hanno assalito la Libia e ora si danno da fare in Siria.
Le FARC nacquero negli anni sessanta. In quegli anni molte comunità contadine colombiane, per difendersi dalla dittatura e dai latifondisti, si erano date un’autonoma organizzazione politica, economica, amministrativa, dichiarandosi indipendenti. Furono spazzate via nel ’64: il governo colombiano attaccö le comunità con 16.000 soldati capeggiati da consiglieri USA e assistiti dai bombardieri USA; usarono anche il napalm, come in Vietnam. Dopo il fallimento tragico e micidiale della lotta pacifica, i sopravvissuti fondarono le FARC e passarono alla lotta armata.
Ora il nuovo assalto alle comunità contadine colombiane avviene tramite una legge sulle sementi che è la copia di quella che l’Unione Europea ha preparato per i suoi contadini. Si tratta sempre di guerra e di Impero. Dove le leggi e i dettami dell’Impero vengono respinti si procede col defoliante, col napalm o con gli squadroni della morte e, se neanche questi ultimi sono sufficienti, con un bell’intervento armato dei “volenterosi” di turno.
Non esiste oggi sul nostro pianeta una guerra che non sia stata programmata, fomentata, sovvenzionata dall’impero delle multinazionali USA & C. Allora io mi domando se oggi si possa essere pacifisti senza essere anche antimperialisti. Le guerre di oggi non sono mai tra potenze o tra stati, né tantomeno tra religioni o tra etnie, anche se spesso vengono mascherate o aizzate in modo da apparirlo. Oggi si tratta del Nuovo Ordine Mondiale, della globalizzazione che procede a colpi di leggi e di droni, di conquista militare e culturale.
Chi sta in alto dice: pace e guerra
sono di essenza diversa.
La loro pace e la loro guerra
sono come vento e tempesta.
La guerra cresce dalla loro pace
come il figlio dalla madre.
Ha in faccia
i suoi lineamenti orridi.
La loro guerra uccide
quel che alla loro pace
è sopravvissuto.
(Bertolt Brecht)
Nel 2007 Wesley Clark, generale statunitense in pensione, in un’intervista televisiva a Democracy Now (che chiunque può rivedersi su Internet) raccontava che dieci giorni dopo l’11 settembre, mentre si trovava al Pentagono per incontrare il ministro della difesa, un generale suo amico lo chiamò nel proprio ufficio per dirgli: “Abbiamo deciso di attaccare l’Iraq”. Perché? Non lo sapeva. Sapeva solo che il 'programma' del governo USA prevedeva di “far fuori” sette nazioni in cinque anni: Iraq, Siria, Libano, Libia, Sudan e Iran.
Non ce l’hanno ancora fatta a completarlo ma non si può dire che non ci stiano provando.
Il generale Wesley Clark non è un “pentito”. Ha lavorato per trentaquattro anni nell’esercito e nel Dipartimento della Difesa, è stato pluridecorato, adesso è uno dei dirigenti delle multinazionali Growth Energy e BNK Petroleum ed è “consigliere” del governo rumeno, naturalmente sempre per conto del suo, di governo. Fa parte del sistema ed è al suo servizio. Se ha scelto di rivelare tutto ciò, di rendere di pubblico dominio le mire imperiali e guerrafondaie del suo governo è perché ormai queste mire trovano grosse resistenze nello stesso esercito USA.
Un esercito combatte per vincere e per aumentare la potenza e i territori del proprio paese, nonché le sue ricchezze. L’esercito USA oggi combatte per arricchire qualche centinaio di multinazionali, distruggendo, oltre ai paesi che attacca, anche il proprio: gli Stati Uniti si stanno dissanguando nelle guerre; stampano dollari come coriandoli e ne rimpinzano la Halliburton, la Dyincorp, la Blackwater, persino (pensate un po’) la nostra Beretta. I dollari varrebbero ormai meno della carta igienica, se il terrore che ispirano i loro “produttori” non condizionasse il mondo.
Tuttavia, anche stampando a pieno ritmo, per pagare tutto non bastano. Ci vogliono delle priorità. E siccome chi governa gli USA non sono né Obama né il Congresso né l’esercito ma le multinazionali, la scelta è presto fatta. O no? Forse non tutte le multinazionali guadagnano dalla guerra, forse qualcuna si perde con la guerra; forse l’esercito comincia a fare le bizze… Così iniziò la guerra civile nell’Impero Romano. Del resto tutti gli imperi si assomigliano, seguono le medesime leggi sociali, economiche, politico-militari.
Come si può dunque oggi essere pacifisti senza essere antimperialisti? Non è sufficiente invocare la buona volontà, la fratellanza, la non violenza e l’educazione alla non violenza di fronte a un apparato di potere che si fomenta da sé stesso. Di fronte a un impero. La guerra è ormai essa stessa un “sistema”.
Nel 2011 le cento più importanti industrie che forniscono l’esercito USA hanno ricevuto dal governo americano 410 miliardi di dollari. E non si tratta, come molti credono, solo di “mercanti di armi e di morte”, come la Boeing che in un anno ha ricevuto 31 miliardi o la Dyincorp coi suoi 2,4 miliardi. Si tratta anche di industrie come la Coca Cola, la Colgate, la Kellogg, la Johnson Wax…
Non solo perché tutti loro sono piovre dai mille tentacoli, che possiedono nello stesso tempo petrolio e cibo, elettronica e stampa, ma anche perché un esercito mangia e beve, si veste e si lava.
Non è più questione di un colpo al cerchio e uno alla botte, di fronte alle guerre globali di questo Impero globale che mette in pericolo l’intera umanità. Per produrre le guerre lavorano ormai milioni di persone che “non sanno quello che fanno”.
“Interverremo militarmente ovunque i nostri interessi siano messi in pericolo”, ha detto apertamente Obama alle Nazioni Unite, e nessuno ha dubitato che parlasse in nome delle multinazionali USA e non certo del popolo.
…Che ragione abbiamo di temere che qualcuno lo sappia, quando nessuno può chiamare la nostra potenza a renderne conto?...” (Shakespeare, Macbeth)
Non si può quindi lottare contro la guerra e non lottare contro l’Impero globale che vede unite a quelle USA, naturalmente e fino a che c’è torta da spartirsi, anche le multinazionali europee ecc.
Ma non si può neanche combattere il Sistema della Guerra Globale continuando ad essere consumatori-consumisti, comprando e usando auto che volatilizzano petrolio a tonnellate, andando in aereo a far le vacanze a Sharm el Sheik, continuando a comprare l’ultimo aggeggio elettronico che non è mai l’ultimo, riempiendo i carrelli al supermercato di cibi e bevande industriali, andando in crociera.
Perché sono due gli eserciti che sostengono l’Impero: quello militare-politico-mediatico e quello consumista, e ambedue gli sono indispensabili per sopravvivere. Perciò è necessario essere “obiettori di coscienza” di ambedue questi eserciti, stabilire una volta per tutte che per contrastare un Impero Globale sono necessarie una coscienza e una responsabilità globali, che ci permettano di comprendere le conseguenze e implicazioni di ogni nostra scelta. Che ci permettano di non dover dire un giorno “io non lo sapevo”.
Perché c’è un’altra cosa in cui tutti gli imperi si assomigliano: i loro popoli, a un certo punto, diventano plebi. E le plebi sono complici dei poteri che le rimpinzano.
Panem et circense dicevano i romani. La civiltà industrial-consumistica ci ha ridotti a “umani da allevamento intensivo”, ci ha ridotti a plebi.
Abbiamo abbastanza panem da procurarci obesità e diabete e da svuotare i mari e riempire la terra di allevamenti intensivi; abbiamo abbastanza circenses da intasarne le strade, le montagne e le coste, oltre che gli armadi e gli scaffali. E ne vogliamo sempre di più. Perché la plebe è abituata a considerare normale tutto ciò che le viene propinato quotidianamente, senza domandarsi il perché né il come.
Menenio Agrippa disse al popolo romano sceso in sciopero contro i patrizi: “Siamo un unico corpo, voi siete le membra e noi lo stomaco; se non ci nutrite, noi non vi nutriremo. E moriremo tutti”. Questo era il succo e aveva ragione.
I consumatori occidentali, assieme alle poco nutrite schiere delle borghesie dei paesi poveri, sono le membra che nutrono l’orrendo stomaco delle multinazionali. Quello che un Menenio Agrippa non confesserebbe (e sono innumerevoli, oggi, i Meneni Agrippa) è che, sì, anche noi plebei finiremmo assieme all’Impero: finiremmo come plebe per ritornare ad essere popolo; finiremmo come consumatori per ritornare ad essere donne e uomini consapevoli e capaci. Non è un caso che una delle armi che il Sistema ha dimostrato di temere di più sia il boicottaggio delle sue merci.
In Colombia, contro la diabolica legge di certificazione delle sementi, i contadini, oltre a manifestare ed essere picchiati e incarcerati e ammazzati, hanno indetto uno sciopero generale a oltranza; a loro si sono uniti i minatori, poi i camionisti. Dopo diciotto giorni di sciopero, il governo colombiano ha deciso di congelare la legge.
Possiamo sperare che i contadini dei paesi poveri, i piccoli contadini che mangiano quello che producono, che vivono della terra e con la terra, che capiscono immediatamente e sulla loro pelle come funziona il Sistema, siano i Barbari che daranno il colpo di grazia a questo Impero?
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