di
Francesco Bevilacqua
20-11-2012
L’informazione è un’arma potentissima e il suo controllo può risultare determinante in un conflitto serrato come quello siriano. Analizzando le fonti, si può infatti notare che quelle considerate ufficiali e quindi attendibili sono in realtà caratterizzate dalle contraddizioni più evidenti.
Il drammatico conflitto in atto in Siria è una guerra che si combatte su due campi, quello militare e quello mediatico. Il problema per noi occidentali e per chiunque come noi non è in grado reperire informazioni di prima mano o direttamente sul campo, è che tutto ciò che riguarda il reale ed effettivo svolgimento dei fatti viene filtrato da una fitta rete informativa, costituita da numerose agenzie, fonti più o meno certificate, testate giornalistiche note e stimate, che appartengono però a una sfera politica che sta giocando un ruolo attivo nella partita in atto in Medio Oriente.
Dall’altra parte del campo, si schiera la cosiddetta 'controinformazione', media non allineati che spesso hanno un accesso alle notizie di prima mano più ristretto di quello concesso alle fonti del mainstream, ma che svolgono il compito fondamentale di rappresentare l’altra campana dell’informazione, di offrire al lettore una seconda versione dei fatti.
Essa è spesso poco credibile se viene vista attraverso la lente che, soprattutto negli ultimi due o tre anni, siamo stati abituati a utilizzare – quella del crudele dittatore arabo che controlla duramente una popolazione stremata dalla repressione e desiderosa di democrazia e libertà 'all’occidentale' –, ma che diventa molto più plausibile se, per un momento, si riesce a uscire da questo paradigma e ad allargare il campo visivo, inquadrando la situazione nella sua interezza e nella sua complessità, considerando tutti gli attori in gioco – che non si limitano certo alle forze governative e all’opposizione interna – e analizzando le loro mosse e i loro interessi.
Nel mezzo, probabilmente, sta la verità. Per promuoverla, nei giorni scorsi, è stato diffuso un appello internazionale che auspica una risoluzione pacifica del conflitto, che veda però riconosciuto il diritto all’auto-determinazione del popolo siriano. È fondamentale quindi – come d’altra parte sostengono da tempo alcuni importanti attori dello scenario internazionale, come la Russia –, che la cessazione delle ostilità venga negoziata fra i rappresentanti dell’opposizione e il Governo di Bashar al Assad, senza ingerenze esterne e attraverso un percorso interreligioso, finalizzato a superare i contrasti settari che, opportunamente innescati, stanno devastando il paese.
Nella direzione opposta rispetto a questo soluzione va la recente presa di posizione degli Stati Uniti, che si sono apertamente schierati con l’opposizione, aderendo a Doha alla neonata Coalizione Nazionale, iniziativa che segue quella ufficiosamente creata da Sarkozy in seno all’ONU degli Amici della Siria. Poco più di un mese fa, prima della sua rielezione, il Presidente americano Obama ha auspicato il rovesciamento del Governo di Assad.
Gli stessi termini, arricchiti con parole chiave ormai classiche, ha usato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Mark Toner salutando la formazione della Coalizione Nazionale per la Rivoluzione Siriana e le Forza di Opposizione: “Siamo ansiosi di supportare la Coalizione nella direzione di un epilogo del sanguinario regime di Assad e dell’inizio di un futuro pacifico e democratico che tutta la popolazione della Siria merita”. Sul sito del Dipartimento viene rivolto anche un encomio al Qatar per aver organizzato e ospitato la conferenza costitutiva. Il Governo di Doha è un alleato strategico dell’Occidente in Medio Oriente. Il suo reggente, l’emiro Hamad bin-Khalifa Al Thani, è il principale finanziatore di Al Jazeera.
A proposito di informazione, è interessante analizzare le fonti delle notizie relative agli ultimi eventi violenti accaduti in Siria. Tra quste vi sono i Comitati Locali di Coordinamento. L’organizzazione – che contrariamente a quasi tutte le altre realtà analoghe può contare su un sito internet in lingua inglese efficiente e sempre aggiornato, con collegamenti a Twitter e Facebok – è nata nel marzo del 2011 e può contare su sezioni dislocate su tutto il territorio siriano. Stranamente, sembra godere di un’ottima agibilità, soprattutto sul web, cosa che contrasta con le accuse rivolte al Governo siriano di esercitare una feroce censura nei confronti delle voci dissidenti, la maggior parte delle quali è infatti costretta a operare dall’estero.
I Comitati hanno recentemente deciso di abbandonare il Consiglio Nazionale Siriano, a loro avviso egemonizzato dai membri della Fratellanza Musulmana, e di partecipare, sempre a Doha, alla costituente di un nuovo fronte guidato dal dissidente Riad Seif. Altra fonte delle notizie più fresche, in particolare di quelle che riguardano l’afflusso di rifugiati, è il Governo turco. Ankara è però impegnata da tempo in un’accanita campagna politica contro Assad e in violente scaramucce con l’esercito siriano lungo il confine fra i due paesi.
Il Parlamento turco ha già approvato azioni militari contro la Siria, incassando fra l’altro l’approvazione del Ministro degli Esteri italiano Gian Maria Terzi. Oltre a non meglio precisati “testimoni oculari” appartenenti alla popolazione, un’altra fonte citata è la Ondus, l’Organizzazione Nazionale per i Diritti Umani della Siria, guidata dall’esule e dissidente siriano Rami Abdelrahman, residente a Coventry, in Inghilterra, nemico politico di Bashar al Assad e in strette relazioni con il Ministro degli Esteri britannico William Hague.
Contrariamente a quello dei Comitati Locali di Coordinamento, il sito dell’Ondus è quasi interamente in arabo ed è poco aggiornato – le ultime notizie risalgono a giugno 2012, a settembre 2011 quelle disponibili in lingua inglese – e non vengono forniti dati sul bilancio o informazioni sui membri dell’associazione.
Dello stesso tenore i resoconti di Human Rights Watch, forse l’organizzazione più autorevole e conosciuta fra quelle che riportano notizie sul conflitto siriano. Quasi sempre però, le fonti sono protestanti, attivisti dell’opposizione o semplici passanti, come nel caso dei diversi report pubblicati sul sito Syrian Report, che ha base in Germania. Direttore esecutivo dell’organizzazione è Kenneth Roth. Roth ha lavorato alle investigazioni sul caso Iran-Contra ed è stato portato a Human Rights Watch nel 1993 dall’ex direttore esecutivo Aryeh Neier, oggi presidente emerito della Open Society Foundation di George Soros.
Gli editoriali aperti di Kenneth Roth compaiono con regolarità su Foreign Affairs, la rivista ufficiale del Council on Foreign Relation, organizzazione legata al gruppo Bilderberg che si concentra principalmente sulle questioni politiche americane, mentre la sorella Trilateral Commission ha un taglio più internazionale. Ex editore di Foreign Affaire, oltre che membro del consiglio del CFR, è James Hoge, presidente di Human Rights Watch.
Questa breve disamina evidenzia come la maggior parte delle fonti che – contrariamente a quelle che costituiscono quella che viene denominata 'controinformazione' o 'informazione alternativa' – forniscono la versione considerata come ufficiale e quindi veritiera, sono in realtà strettamente legate a potenti interessi, che partecipano attivamente allo svolgimento dei fatti siriani. Diventa quindi imprescindibile, per avere un quadro realistico e imparziale della situazione, dubitare della veridicità delle versioni ufficiali, confrontarle costantemente con quelle definite 'di parte' – che spesso sono in realtà molto meno partigiane – ed effettuare un’analisi critica dei fatti riportati, sempre senza perdere di vista il quadro nel suo complesso.
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