Aspro, ruvido, diretto, disincantato, a volte destabilizzante. Silvestro Montanaro nell’analisi che vi vogliamo proporre si discosta sostanzialmente dai toni e dal merito che si sono rincorsi in queste settimane sui media “convenzionali”. Va dritto, nessun giro di parole, il suo pensiero è chiaro, per alcuni potrà apparire persino irritante perché può destabilizzare. Così come per tanti altri potrà essere illuminante. Chiamiamo i lettori al confronto, commentate, condividete con noi le riflessioni che questi scritti vi sollecitano. Il confronto arricchisce.
«La Crimea è russa. Lo è storicamente, culturalmente, economicamente. Fa parte intimamente della leggenda della Grande Madre Russia. E' sul suo sangue, nella resistenza durata quasi un anno, all'invasione nazista che si decidono le sorti della Seconda Guerra Mondiale, della stessa Russia e della libertà nel mondo. La sua annessione all'Ucraina negli anni ‘60 fu puro fatto amministrativo, non rivendicazione autonoma di un popolo. Averlo volutamente dimenticato provoca gli attuali sussulti internazionali. La cagnara dei media occidentali, serva e bugiarda come al solito, totalmente nelle mani dei potenti della grande finanza, racconta che la Crimea è stata invasa dai russi. Parla di violazioni, minaccia guerre e sfracelli, una nuova Guerra Fredda. L' "occupazione", tecnicamente è così, è avvenuta in poche ore, meno di un giorno. Senza una sola vittima, un solo ferito ed un solo sparo. La "terribile violenza" vede la gente del territorio "occupato" in festa, perche' questa "occupazione" l’ha fortemente voluta. Uomini e donne che si definiscono russi, perche' russi sono e tali vogliono restare. La diplomazia occidentale promette di liberarli. Loro lo hanno gia' fatto. E, nel caso, sono pronti a battersi contro i "liberatori". Non ho particolari simpatie per Putin e, meno ancora, per il deposto presidente dell'Ucraina. Cio' detto e chiarito, la partita che si è giocata e si continua a giocare sull'Ucraina ha fino in fondo i tratti della politica da western tipica del peggior Pentagono e Dipartimento di Stato americano. Una politica folle ed avventurista che già tanti danni ha provocato nel mondo. Una politica che in questi giorni ha conclamato un nuovo principio che fa maledettamente a pugni con tutte le basi di ciò che è democrazia. Da pochi giorni, infatti, i governi non si cambiano grazie a libere elezioni, ma a spallate di piazza. E che piazza, poi, nel caso ucraino. La peggior feccia del nazionalismo, del fascismo e dell'oligarchia ladrona ha nei fatti operato un golpe armato e violento. Se il presidente deposto era un farabutto, chi lo sostituisce veste gli stessi sporchi panni.
In un colpo solo, nella mente folle di chi ha spinto sull'acceleratore della crisi ucraina, si volevano cogliere piu' ed impossibili obiettivi. Conquistare un territorio ricco di manodopera a basso costo, prendere il controllo dei gasdotti ed oleodotti che da lì passano, azzerare il condizionamento russo sulle politiche europee, annientare lo sbocco russo sui mari caldi e quindi tutta la sua influenza sul Mediterraneo e sul medioriente, mettere in crisi l'influenza del Cremlino sull'intero Caucaso. Insomma, si voleva cambiare il mondo in un colpo solo. Follia. A Putin è stato sufficiente raccogliere la richiesta di aiuto che veniva dalla parte russa dell'Ucraina, spaventata dalla strana congerie golpista, ipernazionalista e russofoba, al governo di Kiev, per parare il colpo. Un referendum, già previsto, a fine marzo sancirà l'indipendenza della Crimea dall'Ucraina, con buona pace dell'autodeterminazione dei popoli. Seguiranno settimane e mesi di gelo internazionale e nuovi conflitti. A pagarne il prezzo saranno soprattutto gli europei che da un deterioramento dei rapporti con la Russia hanno molto da perdere. Ma forse era questo l'obiettivo vero degli strateghi a stelle e strisce. E pagherà un prezzo amarissimo il popolo ucraino. Il paese e' alla bancarotta e da questa non lo salveranno certamente i nuovi banditi ora al potere. Anzi. La crisi ucraina si riverserà sull'Europa che di problemi ne aveva già tanti. Un risultato straordinario per chi da anni sogna di far bottino sulla crisi dell'eurozona. Intanto, saremo costretti a sorbirci la retorica prezzolata sull'invasione russa della Crimea. La stessa retorica prezzolata che ha salutato come guerra umanitaria la distruzione prima del'Iraq, poi della Libia. Quelle non erano invasioni? Un milione di morti e paesi rasi al suolo ed in ogni senso. Che schifo. E sopporteremo il tutto in attesa di una nuova sapiente spallata, quella che deponendo il governo venezuelano, restituirà agli Stati Uniti il controllo del suo cortile di casa, il Sudamerica. Lì, purtroppo, a costo di tanto sangue perche' i chavisti,che pure hanno i loro torti, non accetteranno a cuor leggero un golpe modello ucraino. E' troppo sperare che la costruzione della democrazia nel mondo, perche' sia veramente tale e non lurida affermazione dell'arroganza di poteri occulti, sia liberata dai cowboys?».
E in merito al Venezuela, Montanaro prosegue.
«E’ bene ricordare che non più tardi di 20 anni fa l'America Latina era il continente dei golpe e dei colonnelli al potere, dello sterminio degli oppositori e delle manifestazioni dei lavoratori represse a cento morti ogni volta. Il continente della miseria più disperata e delle favela di stracci che si perdevano all'infinito. Il Sudamerica era servo, cortile di casa e bordello a poco prezzo del potente vicino americano che quell'orrore sosteneva con la scusa di dover evitare di trovarsi il nemico comunista sull'uscio di casa. Poi, con l'avvento di una nuova stagione di lotte, si imposero nuovi leader e nuove idee. Chavez in Venezuela, Morales in Bolivia, Correa in Ecuador, Lula in Brasile, la Kirchner in Argentina e la Bachelet in Cile. Il tratto comune della nuova stagione fu l'autonomia dagli Stati Uniti, la denuncia dei vecchi accordi coloniali che permettevano sfruttamento da rapina delle risorse del continente, l'avvio di una politica di riforme e di profonda redistribuzione del reddito. Il pueblo, sempre a capo chino, specialmente le donne, furono protagoniste. Gli interessi prima al potere le tentarono tutte per opporsi al cambiamento. Campagne d'odio attraverso i loro media e quello che avevano sempre fatto, tentativi di golpe e di eliminazione fisica dei nuovi leader. Chavez fu liberato a furor di popolo durante un tentato golpe, lo stesso accadde a Correa. I tentativi di assassinarli non si contano. Furono bollati come populisti e antidemocratici, mentre per la prima volta tutti potevano esprimere le loro idee e fare il giornalista non significava, come in passato, beccarsi una pallottola alla nuca o finire in galera. Lo schifo ed il servilismo dei media occidentali in questa operazione ha dato e da ancora il meglio di sè. Ma non tutto il cambiamento è stato oro. I problemi da affrontare erano immensi. Povertà assoluta, debiti esteri spaventosi, economie volute monoculturali dalle multinazionali americane. Si sono realizzate opere sociali impensabili per quei popoli, ma nessuno aveva la bacchetta magica. L'errore più grande è stato il non aver contrastato la divisione internazionale del lavoro che voleva quei paesi monoculturali in campo economico. Un esempio. Il Venezuela doveva produrre petrolio e venderlo a basso costo agli Stati Uniti che in cambio riversavano in Venezuela le loro merci. Il cambio ha fatto pagare a prezzo giusto quel petrolio, ma non ha alterato lo schema. Il Venezuela continua a fondarsi sul solo petrolio. Che ora costa meno e le riforme invece sempre piu'. Il " cambio" e' in evidente crisi e qualcuno sogna la rivincita, anzi, la spallata decisiva che riporti indietro gli orologi della storia. L'Argentina e al collasso, il Brasile è in decrescita, il Venezuela è divorato dall'inflazione e dalla scarsità di merci di prima necessità. L'errore piu' grande delle nuove elites al potere è non fare i conti con i limiti delle loro politiche fino ad ora. Non basta redistribuire ricchezza, bisogna imparare a diffonderla e a produrla. E non si può bollare ogni critica come golpismo e fascismo».
E ancora: «Dall'altra parte è sempre più evidente, specialmente in Venezuela, che la destra più retriva vuole la resa dei conti. Ha potenti alleanze ed è riuscita a trasformare Maduro, il presidente venezuelano, nell'emblema del male assoluto. Dittatore e sanguinario. E' un gioco sporco e bugiardo. Maduro è criticabile per mille cose, ma è un presidente democraticamente eletto e non è un sanguinario. La decina di vittime nel corso delle manifestazioni di queste settimane ha responsabilità in entrambi i campi, non solo in quello governativo. Anzi...».
«C'e' chi soffia sul fuoco e gioca con il futuro di quel paese e di quel popolo. In Venezuela non è possibile la spallata come in altri paesi. Il chavismo rappresenta metà e forse più del paese ed è pronto a difendere la sua rivoluzione, specialmente se sente puzza di golpe e di ritorno degli interessi americani. Può essere sconfitto in libere elezioni, ma solo in questo modo. Altre soluzioni inonderanno di sangue le strade di Caracas. Qualcuno vuole questo? Forse sì, purtroppo. La balcanizzazione di parte dell'America Latina farebbe comodo a chi ha praticato e pratica questo metodo di governo in altre parti del mondo».
Ucraina e Venezuela sono sull’orlo della catastrofe, secondo Montanaro. «Due realtà lontane, diverse, ma accomunate in questi giorni dall'avventurismo neocolonialista e criminale di alcuni circoli occidentali e dalla spaventosa deficienza politica delle loro attuali classi dirigenti. Nella drammatica crisi di verità dell'informazione mondiale, entrambe le realtà vengono definite rivoluzionarie. Si ignorano le armi nelle mani di tanti manifestanti, i loro vessilli nazisti, i loro slogan sanguinari, la semplice realtà che i governi messi in discussione e bollati come regimi sono due governi eletti in libere elezioni. Si corre dietro a propaganda costruita ad arte raccontando di infermiere morenti che twittano la loro morte e poi risorgono e torture e stupri a studenti mai avvenuti. La cattiva informazione, quella serva dei poteri, non informa, fa propaganda. Nei fatti, se pur è vero che le piazze e le strade dei due paesi sono piene di brava gente esasperata per un presente e un futuro colmi di ombre, la leadership delle due rivolte è sempre più in mano ai settori più oltranzisti e fascisti delle locali destre. Con loro il futuro non avrebbe ombre, sarebbe buio pesto. Una parte della popolazione Ucraina ha scelto come orizzonte l'Europa. Legittimo, ma politicamente e socialmente pieno di insidie e pericoli. Le attuali ricette delle tecnocrazie finanziarie europee farebbero di quel paese una landa ancor più desolata e misera. L'altra parte della popolazione ucraina si sente russofona ed è intenzionata a restarlo. Chiunque prema sull'accelleratore di queste tensioni, scommette sulla divisione del paese. Una divisione che costerebbe lutti infiniti ed irrimediabile sangue. Le classi dirigenti del paese sono un coacervo di corruzione ed incapacità infinita. Occorrerebbe una grande capacità politica, idee nuove sui nostri confini orientali. Difficile aspettarsi questo dai vertici europei. Questa Europa non è il sol dell'avvenire, tanto più che manca di politiche estere comuni, di proposte di sviluppo comuni, mentre pullulano e dominano interessi di pura bottega. Questa Europa non è casa dei popoli, ma terreno di conquista della grande finanza e di alcuni circoli imprenditoriali tedeschi.
In Venezuela il chavismo mostra i suoi grandi limiti. E' riuscito a bloccare la deriva di chi voleva svendere le sue risorse e costringeva un intero paese a miseria assoluta e pratiche medievali. Nei latifondi venezuelani, prima di Chavez, vigeva lo ius primae noctis. Ha affermato identità nazionale contro la sudditanza storica al potente vicino americano, ha distribuito ricchezza e non solo nei confini nazionali, ha promosso servizi sociali e protagonismo popolare in forme tanto grandi da farne un'onda lunga che ha trasformato l'intero continente andino. Tutto,però, fondato sui prezzi alti del mercato del petrolio. Appena questi sono scesi, il problema storico del Venezuela, appena sfiorato dal chavismo, si è ripresentato in tutta la sua evidenza. L'economia venezuelana è stata voluta monoculturale dagli americani e tale e' rimasta sotto il chavismo. Il Venezuela ricco di terre fertilissime non e' riuscito a costruire un'agricoltura moderna. Non riesce, nonostante le sue potenzialità infinite, a sfamare la sua gente e promuovere uno sviluppo più articolato e stabile nei suoi trend. Maduro, poi, non è Chavez e la corruzione in campo bolivariano è una peste che ripete i fasti delle classi dirigenti del passato. L'inflazione è alle stelle, mancano infinite merci di prima necessità e la sanità pubblica è all'apocalisse. Maduro ed i suoi se la prendono con i complotti imperialisti e con la cattiva stampa. Se pur in parte abbiano ragione, farebbero bene, se c'e' ancora il tempo, a metter mano ai grandi limiti delle loro politiche. Chiudere televisioni ed espellere giornalisti non riempie i negozi e in più getta ombre terribili sulla democraticità del bolivarismo. Ma va detto a chiare lettere che la destra venezuelana è tra le più retrive al mondo. Ha un'anima radicalmente golpista. Dovrebbe essere considerata inaffidabile da ogni cancelleria, ma negli Stati Uniti in tanti sperano in una spallata che in un colpo solo restituirebbe il Venezuela al loro dominio e con esso gran parte del Sudamerica e dei Caraibi. Anche a costo di un terribile bagno di sangue. In Venezuela o si fa politica o ci si ammazzerà nella più fratricida delle guerre. Il prossimo futuro non promette un mondo migliore».
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