di
Francesco Bevilacqua
27-12-2010
Recentemente sono cresciuti gli allarmi di contaminazione delle acque potabili in alcune zone d’Italia da parte di elementi potenzialmente nocivi, in particolare l’arsenico. Dopo che anche l’Unione Europea è intervenuta, ecco qual è la situazione.
Come se non bastasse la ben nota polemica riguardante il rischio privatizzazione dell’acqua potabile, recentemente si è aggiunto un altro allarme che riguarda l’accesso e la distribuzione a questo elemento fondamentale.
L’Unione Europea, attraverso la Commissione, ha infatti preso di mira 128 comuni italiani le cui acque pubbliche contengono una quantità di arsenico superiore ai limiti di legge. Tale quantità è attualmente limitata a 10 microgrammi per litro; il Governo italiano ha chiesto una deroga per poter arrivare a 50 microgrammi, mentre le istituzioni europee sono disposte a concederne al massimo 20.
Così, la Commissione ha emanato il testo di una decisione in cui impone il rientro nei parametri stabiliti, pena un procedimento presso la Corte di Giustizia europea che porterà al blocco dell’acqua potabile.
I comuni interessati sono quasi tutti della zona del centro Italia, con una particolare concentrazione all’interno delle province di Roma e Viterbo. Lì alcuni comuni, come Cisterna e Cori, hanno già provveduto autonomamente alla chiusura dei rubinetti e all’allestimento, grazie alla Protezione Civile, di un servizio di autobotti. Ad Albano la situazione è resa ancora più critica dalla richiesta, bocciata dall’ASL (e recentemente respinta anche dal TAR del Lazio, ndr) di installare un inceneritore di rifiuti che rischierebbe di aggravare ulteriormente la condizione delle falde acquifere della zona.
Ma quali sono gli effettivi rischi per la salute umana e ambientale collegabili all’arsenico e quali le cause di una presenza eccessiva di questo elemento nell’acqua che beviamo? Anzitutto bisogna dire che l’arsenico è presente in natura e addirittura costituisce un oligoelemento essenziale per molte specie animali.
La sua assunzione non provoca alcun danno se è limitata, tant’è che il valore massimo di 10 microgrammi per litro è frutto di uno studio che, calcolando un consumo medio giornaliero di un paio di litri, porterebbe un individuo ad assumere nel corso dell’intera vita, attraverso l’acqua potabile, una quantità di arsenico pari a circa mezzo grammo, quindi del tutto priva di conseguenze negative.
Bisogna però tenere presente che l’arsenico può essere assunto anche per altre vie. Per esempio, è molto facile trovarlo in pesci e frutti di mare, che lo assorbono dall’acqua in cui vivono. Per via della sua elevata mobilità, l’arsenico si sposta agevolmente attraverso aria, acqua e terra. Vi sono inoltre diversi materiali e sostanze che lo contengono, come il vino o i pesticidi. Tuttavia, è raro trovarlo puro e molto più spesso esso si lega ad altri metalli quali rame, piombo o argento.
La sua assunzione in quantità eccessive può provocare all’organismo danni di diversa entità, da irritazioni a stomaco, pelle, intestino e polmoni alla riduzione della produzione di globuli bianchi e rossi, fino ad arrivare a favorire lo sviluppo di tumori alla pelle, ai polmoni e al fegato. L’assunzione di quantità eccessive di arsenico è più probabile e più rischiosa per i bambini più piccoli, per i quali la deroga di 20 microgrammi per litro rappresenta già un valore a rischio.
Ma da cosa deriva la presenza di arsenico? Questo elemento chimico si trova naturalmente in molti pozzi, sia in superficie sia soprattutto in profondità. È quindi normale riscontrarne la presenza in acque provenienti da fonti collocate in particolare nelle zone di maggiore concentrazione, come Lombardia, Alto Adige, Campania, Toscana e Lazio. Anche vulcani e microrganismi liberano nell’atmosfera grandi quantità di arsenico.
Ciò su cui non sembra esserci un accordo è l’incidenza che l’attività umana esercita su questi valori. Alcuni ritengono che essa sia irrilevante, soprattutto per quanto riguarda la contaminazione delle falde acquifere. Altri, considerando anche la già citata capacità dell’arsenico di muoversi attraverso gli elementi (aria, acqua, terra), ritengono che l’alterazione di alcuni sistemi naturali abbia ampliato il ciclo dell’arsenico, provocandone la dispersione anche laddove questo elemento non è mai stato presente.
Anche altre attività tipicamente umane sono considerate responsabili di inquinamento da arsenico, come la combustione di fonti fossili, la produzione di rame e l’utilizzo in ambito agricolo di piombo e zinco. Negli anni e nei secoli passati poi, erano numerosi gli utilizzi di questo elemento in prodotti come creme, medicinali e fitofarmaci da cui, una volta certificatane la pericolosità, l’arsenico è stato gradualmente eliminato.
Come considerare quindi questa situazione? Esimendoci da allarmismi, ci sentiamo comunque di appoggiare la scelta della Commissione Europea di usare il pugno di ferro nei confronti di chi – il Governo italiano, nei suoi vari livelli amministrativi – ancora una volta antepone una presunta efficienza gestionale ed economica alla tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente.
Considerando anche il fatto che il nostro paese è il primo in classifica per quanto riguarda le deroghe ai livelli di sostanze potenzialmente nocive quali fluoro, boro e, appunto, arsenico nelle acque potabili. Ci pare che sia proprio giunto il momento di invertire la rotta.
Commenti