di
Alessandra Profilio
27-10-2011
Il disastro di Fukushima potrebbe aver rilasciato nell'atmosfera il doppio delle radiazioni rispetto a quanto precedentemente affermato dalle autorità giapponesi. A sostenerlo è uno studio pubblicato dalla rivista Atmospheric Chemistry and Physics. Tra le conseguenze del devastante sisma del maggio scorso anche uno tsunami di rifiuti in viaggio nell'Oceano Pacifico.
Il disastro avvenuto presso la centrale giapponese di Fukushima in seguito al devastante terremoto/tsunami del marzo scorso potrebbe aver rilasciato nell'atmosfera il doppio delle radiazioni rispetto a quanto precedentemente affermato dalle autorità giapponesi. A sostenerlo è uno studio pubblicato dalla rivista Atmospheric Chemistry and Physics.
I ricercatori guidati da Andreas Stohl del Norwegian Institute for Air Research hanno esaminato i dati di decine di stazioni di monitoraggio delle radiazioni in tutto il mondo, sia indipendenti sia membri del Cbcto dell'Onu.
Secondo l'ultimo rapporto delle autorità giapponesi l'incidente avrebbe liberato 1,5 per 10 alla 16/ma potenza (1,5 seguito da 16 zeri) bequerel di cesio-137, e 1,1 per 10 alla 19/ma bequerel di xenon-133. I dati di Stohl indicano invece una liberazione di 1,7 per 10 alla 19/ma bequerel per lo xenon e di 3,5 per 10 alla 16/ma di cesio, il doppio dunque di quanto stimato dai tecnici giapponesi.
L'analisi ha inoltre smentito l'affermazione delle autorità secondo cui dalle piscine di combustibile spento non sono venute radiazioni. Un effetto, quest'ultimo, che poteva essere evitato con azioni appropriate. Il modello utilizzato dai ricercatori ha infatti mostrato chiaramente che il livello di radiazioni è sceso di molto quando le vasche sono state bagnate con acqua.
La discrepanza tra le stime sarebbe dovuta in parte al fatto che i tecnici giapponesi hanno utilizzato solo i dati dei loro sensori, mentre i ricercatori guidati da Andreas Stohl hanno tenuto conto ad esempio anche della radioattività che si è liberata nel Pacifico.
Non soltanto la radioattività ha però raggiunto l'Oceano Pacifico in seguito al doppio cataclisma che l'11 marzo scorso ha messo in ginocchio il Giappone. Divani, frigoriferi, pezzi di abitazioni, relitti di barche da pesca: le inondazioni seguite al fortissimo terremoto hanno provocato un vero e proprio tsunami di rifiuti che, risucchiati dalle correnti oceaniche del Pacifico, viaggiano ora in direzione delle Hawaai.
Le macerie si trovano a 3.200 chilometri dalle coste nipponiche e stanno facendo rotta verso le Isole Midway, per poi raggiungere le Hawaii nei primi mesi del 2013. I rottami proseguiranno quindi verso la West Coast degli Stati Uniti dove potrebbero arrivare all'inizio del 2014 colpendo in particolare gli Stati dell'Oregon e di Washington.
A sostenerlo sono il ricercatore dell'International Pacific Research Center di Hawaii, Nikolai Maximenko, e lo studioso di programmazione informatica Jan Hafner. I due scienziati hanno elaborato il percorso dei detriti sulla base delle informazioni fornite da una nave russa che si occupa di studiare le correnti oceaniche.
“I frammenti sembrano viaggiare più veloci di quanto pensavamo inizialmente”, ha affermato Hafner, che ha stimato in 20 milioni di tonnellate la massa di rifiuti. Lo studioso ha aggiunto di non voler creare il panico, ma che “è bene sapere quello che succederà”.
L'avvenuto terremoto sta infatti causando un disastro ambientale senza precedenti. Il problema infatti non è rappresentato soltanto dal rischio per le imbarcazioni che navigano in quelle acque - per le quali è molto difficoltoso evitare ostacoli semisommersi - ma ad essere in pericolo è l'intero ecosistema dell'Oceano Pacifico, invaso da milioni di frammenti di spazzatura.
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