di
Francesco Bevilacqua
25-10-2010
Consumi domestici elettrici e di gas, produzione e trattamento dei rifiuti, mobilità privata. Queste le macro-voci attraverso cui si articola il Rapporto Cittalia 2010 'Cittadini sostenibili', l’indagine appena presentata dall’ANCI. Un’analisi che tiene conto delle emissioni di anidride carbonica dei cittadini italiani e ne illustra le origini e gli effetti.
Dopo avere spiegato, nel primo di questa serie di articoli, cosa si intende per impronta ecologica e perché è così importante calcolarne l’incidenza, proseguiamo entrando nel vivo del rapporto presentato dall’ANCI che, come abbiamo già detto, analizza ciò che può essere considerata una porzione dell’impronta ecologica complessiva, ovvero la carbon footprint, cioè il grado con cui noi cittadini italiani partecipiamo all’emissione di anidride carbonica con le nostre attività quotidiane.
Prima ancora di analizzare nel dettaglio i dati raccolti, soffermiamoci sulla metodologia e sui parametri che Cittalia ha deciso di scegliere per effettuare il suo studio. Le macro-voci che costituiscono la struttura dell’indagine sono quattro: i consumi elettrici domestici, i consumi di gas domestici, la produzione e il trattamento dei rifiuti e la mobilità privata. Vediamole nel dettaglio.
I consumi elettrici domestici sono, molto banalmente, la quantità di elettricità che consumiamo in casa. Chi ha familiarità con l’argomento coglierà immediatamente il legame fra energia elettrica e emissioni di CO2, ma ritengo comunque opportuno spiegarlo. La stragrande maggioranza (circa il 77%) dell’energia prodotta in Italia proviene infatti da centrali tradizionali, ovvero alimentate dai tre grandi combustibili fossili: carbone, petrolio e gas naturale.
Il processo di generazione dell’energia avviene tramite combustione, la quale provoca l’emissione di anidride carbonica. In parole povere, uno degli effetti collaterali della produzione di energia elettrica è la produzione di CO2. Questo naturalmente non avviene con le fonti pulite e rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico e altre), che però oggi rappresentano una ristretta minoranza. È quindi superfluo dire che il risparmio di energia elettrica corrisponde a una riduzione dell’inquinamento.
I consumi di gas domestici sono riferiti al gas naturale che utilizziamo direttamente in casa nostra, fondamentalmente per tre scopi: cucinare, scaldare l’acqua e alimentare il riscaldamento domestico. Fra queste voci quella largamente preponderante è la terza: i costi per il riscaldamento della casa rappresentano fino all’80% delle spese nelle bollette degli italiani, soprattutto se includiamo anche il condizionamento estivo (che incide ovviamente sulla bolletta elettrica e non su quella del gas).
Ne parleremo più avanti, ma sin d’ora appare chiaro come provvedimenti atti a ottimizzare riscaldamento e raffreddamento degli ambienti domestici siano importantissimi per l’abbattimento delle emissioni. Così come d’altronde lo sono quelli mirati al risparmio idrico, in particolare dell’acqua calda. Anch’essa infatti necessita di gas, il carburante che utilizza la maggior parte dei boiler e dei sistemi di produzione di acqua calda sanitaria.
Per quanto riguarda la produzione e il trattamento dei rifiuti il discorso è più complesso, poiché sono diversi i processi che contribuiscono alle emissioni. Anzitutto bisogna specificare che dal computo sono stati tolti tutti i beni deperibili e alcuni beni di consumo (per esempio cibo, bevande, detergenti e tanti altri); questo comporta un dato finale che sottostima i livelli di anidride carbonica.
Inoltre, potenzialmente qualsiasi cosa può diventare un rifiuto, quindi bisognerebbe includere in questa voce anche tutte le operazioni di produzione per esempio degli imballaggi, dei materiali di consumo, delle apparecchiature elettroniche, degli accessori usa e getta e di tantissime altre tipologie di oggetti. Naturalmente sarebbe impossibile includerli tutti nella lista e calcolare con buona approssimazione il loro costo in termini di CO2, così anche questa categoria è stata esclusa.
In definitiva, alla voce rifiuti si calcolano gli effetti della fase di smaltimento, che oggi corrisponde per gran parte al processo di incenerimento, eufemisticamente chiamato 'termovalorizzazione'. In questo modo la voce ha un’incidenza abbastanza bassa, ma ricordiamoci sempre, soprattutto quando più avanti penseremo alle azioni da compiere per abbattere le emissioni, che tutto può diventare un rifiuto e quando succede si pone inevitabilmente il problema dello smaltimento.
L’ultima voce considerata è quella della mobilità privata. È importante notare che vengono escluse le forme di trasporto pubblico. A questo proposito, un’interessante statistica pubblicata sul testo americano The climate diet di Jonathan Harrington, quantifica le emissioni di CO2 pro-capite per i vari mezzi di trasporto. Intuirete facilmente che i mezzi pubblici, quindi di uso collettivo, dividendo le emissioni per le molte persone che li utilizzano ottengono dei valori ottimi.
Per esempio un utente di un autobus è responsabile dell’emissione di 211 chili all’anno di anidride carbonica, mentre quello di un treno ne ha sulla coscienza 359. Fa eccezione l’aeroplano, che in virtù della sua tecnologia altamente performante e quindi altamente inquinante ha una pessima prestazione: 4.246 pro-capite di CO2 all’anno. Questo valore è simile a quello di un taxi (5.162) poiché questo tipo di mezzo viene usato da poche persone, spesso una sola.
Quello che ci interessa e che è computato nella nostra statistica è però il mezzo privato. A seconda del tipo di macchina e delle sue performance in termini di emissioni si possono ottenere diversi risultati, che vanno dai 2.341 chili annui per automobili ibride e a basso impatto ambientale ai 7.711 chili per quelle più inquinanti. Curiosamente vengono calcolate anche le emissioni della bicicletta, che sono di 104 chili all’anno per persona. Il conto si riferisce all’anidride carbonica che serve a produrre il cibo necessario a fornire le calorie che il ciclista brucia nei suoi spostamenti.
Ecco dunque esaminate puntualmente una per una le voci su cui si regge lo studio. Nel prossimo articolo procederemo con l’analisi dei dati effettivi che contribuirà a delineare lo scenario all’interno del quale ci muoveremo per proporre delle soluzioni.
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