di
Andrea Boretti
16-12-2010
Mentre in Germania uno studio testimonia l'impatto sulla natalità femminile delle radiazioni emesse dalle centrali nucleari, in Italia Umberto Veronesi, Presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, arriva a negare la radioattività delle scorie e afferma: "potrei dormirci in camera".
Per gli studiosi Ralf Kusmierz, Kristina Voigt e Hagen Scherb dell'HelmholtzZentrum-German Research Center fo Environmental Health, nelle vicinanze delle centrali nucleari nascerebbero meno femmine. La scioccante affermazione è il risultato di uno studio condotto dai tre ricercatori sui dati delle nascite avvenute nel raggio di 35 km da 31 centrali nucleari nell'ambito degli ultimi 40 anni. Secondo lo studio, infatti, rispetto alle medie mancano all'appello in questi 40 anni circa 15.000 bambine.
La notizia è stata subito commentata dall'IPPNW (International Physicians for the Prevention of Nuclear War) che raccoglie diversi scienziati avversi al nucleare, come l'ennesima prova della relazione tra contagio radioattivo e danneggiamento delle cellule embrionali come già ipotizzava uno studio del 2007 secondo il quale i bambini nati nei pressi delle centrali avevano percentuali di rischio maggiori di contrarre leucemia e tumori.
Questa volta lo studio si concentra invece, come abbiamo detto, sul calo di neonate, un fenomeno che sarebbe da ricondurre alle radiazioni ionizzanti che già avevano dimostrato effetti di questo tipo a seguito del disastro di Chernobil. Dopo il 1986 i dati Europei registrano, infatti, un calo notevole di nascite rosa.
Insomma le radiazioni - in particolare quelle dell'isotopo H3 e C14 - influenzerebbero enormemente gli embrioni e questo, sempre secondo lo studio, avverrebbe anche quando i livelli di radiazione registrati dai controlli sono entro i limiti di legge. Su questo argomento l'IPPNW rincara la dose spiegando che tali limiti andrebbero quindi rivisti in quanto tarati su uomini attivi e in salute e non su embrioni appena formatisi e quindi decisamente più sensibili al rischio radioattivo.
Mentre in Germania ci si interroga su queste questioni, in Italia, appena una settimana dopo, succede che Umberto Veronesi, già ministro della salute e Fondatore dello IEO e ora Presidente dell'Agenzia di sicurezza nucleare dichiari: “Le scorie non sono un problema per la salute. Io potrei dormire in camera con le scorie nucleari, non esce neanche una minima quantità di radiazioni”.
Secondo Veronesi, quindi, le scorie radioattive non sarebbero radioattive. Secondo Veronesi anni e anni di preoccupazioni, di armature di cemento armato per contenerle a Chernobyl o nei siti di stoccaggio italiani sarebbero solo precauzioni inutili al punto che ci si potrebbe anche dormire in camera tanto "non esce neanche una minima quantità di radiazioni".
Una dichiarazione del genere crediamo che non meriterebbe una vera puntualizzazione, preferiamo quindi parlare attraverso la voce di Giuseppe Onufrio, Direttore esecutivo di Greenpeace Italia, secondo il quale: “Le analisi correnti dell’emissione radioattiva delle scorie vetrificate indicano che a un metro di distanza il rateo di dose, a seconda del tipo di contenitore, è di 40, 100 o 200 microSievert all’ora (World Nuclear Transport Institute, luglio 2006).
Supponendo che il professor Veronesi dorma 6 ore a notte, ci passerebbe 2.190 ore all’anno. La dose di radiazioni conseguente (gamma e neutroni) varierebbe, a seconda del tipo di contenitore e di scorie, da 87 a 438 milliSievert (mSv) all’anno, quando la dose massima consentita per un individuo della popolazione è di 1 mSv all’anno (i lavoratori addetti sono invece autorizzati a prenderne 20 all’anno)”.
Insomma una quantità di radiazione da 87 a 438 volte superiore a quella consentita per legge e come abbiamo visto grazie allo studio dei tre ricercatori tedeschi i limiti di legge non sempre sono sinonimo di sicurezza per la salute.
Se questo è l'approccio del Presidente dell'Agenzia per la sicurezza nucleare allora dobbiamo ardentemente sperare che di questa Agenzia non ci sia mai veramente bisogno.
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