di
Andrea Degl'Innocenti
23-02-2012
Un gruppo di personalità di spicco nel mondo dell'attivismo e del pacifismo, tutti insigniti di premio Nobel, ha deciso di scrivere all'Ue per caldeggiare l'approvazione della 'Direttiva sulla Qualità dei Carburanti', che limiterebbe l'uso del petrolio estratto con metodi inquinanti, come nel caso delle sabbie bituminose. Il Canada però non è d'accordo e fa pressioni sulla Commissione.
Le lobby del petrolio fanno pressione e allora, si saranno detti, facciamo pressione anche noi. Così otto premi Nobel hanno deciso di scrivere una lettera ai capi di stato europei, proprio ieri, alla vigilia di un voto fondamentale da parte della Ue: quello sulla Fuel Quality Directive (Direttiva sulla Qualità dei Carburanti), che se approvata potrebbe imporre forti limiti all'utilizzo del “petrolio sporco”, ovvero quello estratto con metodi altamente inquinanti.
“Cari Capi di Stato, noi vi scriviamo oggi per chiedervi di fare la cosa giusta per il nostro ambiente e supportare lo sforzo della commissione Europea nel voler tenere al di fuori dell’Europa l’altamente inquinate petrolio estratto dalle sabbie bituminose”. Inizia così la lettera, che porta la firma di otto personalità di spicco nei campi dei diritti umani e del pacifismo, tutte insignite col Nobel.
C'è l’arcivescovo Desmond Tutu, distintosi negli anni Ottanta per la lotta all'apatheid, l’attivista Shirin Ebadi, avvocatessa iraniana da sempre in lotta per i diritti umani, il pacifista argentino Adolfo Pérez Esquivel, battutosi contro la dittatura militare degli anni Settanta. Solo per citarne alcuni. Insieme hanno deciso di ridare lustro al premio istituito da Alfred Nobel – e spesso criticato, basti pensare ad i premi per la pace a Kissinger e Obama, a quello per l'economia a Friedman - per “apportare considerevoli benefici all'umanità” (così sta scritto nello statuto del premio stesso).
L'occasione gli è stata data dalla discussione, in Commissione europea, della Direttiva sulla Qualità dei Carburanti, che verrà votata proprio oggi. Si tratta di un voto fondamentale, che i media nostrani stanno colpevolmente ignorando. Vediamola.
La Fuel Quality Directive è tesa a limitare l'importazione e l'utilizzo del cosiddetto “petrolio sporco” e dei suoi derivati. Petrolio cioè estratto da fonti non convenzionali, con processi altamente inquinanti che impattano sul clima e sull'ambiente in maniera devastante.
In particolar modo, la direttiva si riferisce alle oil sand o tar sands, le sabbie bituminose, principale imputato, che secondo le tabelle contenute nella proposta di legge sarebbe il 22 percento più inquinante di altri combustibili.
Fino a pochi anni fa il petrolio presente nelle sabbie bituminose non era neppure calcolato nel computo delle riserve mondiali, tanto era considerata inquinante e dispendiosa la sua estrazione. Ma il petrolio, si sa, è agli sgoccioli, ed oggi ogni sua anche minima riserva diventa tesoro inestimabile per le società estrattrici, che non si fanno scrupoli ambientali di alcun tipo.
Così si è iniziato a trivellare sui fondali oceanici (con le conseguenze disastrose che tutti ricordiamo), ad utilizzare tecniche devastanti come il fracking, a cercare la 'preziosa droga' persino nelle sabbie bituminose. Nelle oil sand, oltre all'inquinamento prodotto, si necessita di un enorme utilizzo di acqua, al punto che circa un anno fa la Nestlé arrivò a proporre alla regione canadese dell'Alberta di creare una borsa dell'acqua per risolvere l'annosa questione di concorrenza fra agricoltori e compagnie petrolifere sull'utilizzo delle risorse idriche.
Il Canada è il maggior estrattore mondiale da sabbie bituminose. Non sembra un caso il fatto che proprio il Canada abbia annunciato neanche tre mesi fa la decisione di ritirarsi dal protocollo di Kyoto. E – di nuovo, non sembra un caso che – proprio il Canada da qualche anno a questa parte stia facendo forti pressioni sulla Commissione europea perché non legiferi sulla questione delle oil sand. Al principio si trattava di pressioni sui media mirate a “caratterizzare il dibattito sulle oil sand in Europa in modo che favorisca gli interessi canadesi” (così si legge in un documento del 2009 riportato da E, il mensile di Emergency).
In vista della votazione, poi, sono arrivate persino minacce di rappresaglie commerciali, legate alle importazioni. Esistono molte fonti documentali che certificano le reiterate pressioni sulla Ue e su vari governi europei da parte del governo di Ottawa e della Capp, l'associazione canadese dei produttori di petrolio, affinché la Commissione non approvi la direttiva. Il difensore civico della Ue, Nikiforos Diamandouros ha dichiarato che “la piena pubblicazione (di tali documenti ndr) avrebbe potuto seriamente compromettere le relazioni tra Canada e Ue”.
È a queste pressioni che ha deciso di fare da contrappeso il gruppo di Nobel, cercando al tempo stesso di tirare fuori la questione dagli anfratti mediatici e portarla alla vista dell'opinione pubblica mondiale. La legge che verrà votata oggi, se approvata, potrebbe costituire un precedente importante nella legislazione ambientale mondiale e mettere finalmente un freno alla folle estrazione degli idrocarburi.