di
Claudia Bruno
20-04-2011
Il referendum sul nucleare è "superato". A qualche ora dall'emendamento proposto dal governo in seno al decreto omnibus per abrogare le norme relative alla realizzazione di impianti nucleari in Italia, sono queste le parole del ministro Romani per definire il quesito referendario relativo alle politiche nucleari italiane. Una manovra per depotenziare la portata dei referendum del 12 e 13 giugno prossimi. Ma andare alle urne è tutt'altro che superfluo.
A decidere sulle sorti del referendum sul nucleare sarà l'ufficio centrale della Cassazione. È questa l'ultima notizia relativa alla manovra del Governo che ieri pomeriggio all'interno del decreto legge 'omnibus' ha sfornato un emendamento ad hoc che prevede l'abrogazione di tutte le norme relative alla realizzazione di impianti nucleari in Italia. In particolare, il Governo propone "l'abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari" sospendendo così "la definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". L'emendamento andrebbe a sostituire così, in maniera più convinta, la richiesta di moratoria già contenuta nel decreto.
Nelle prossime ore, quindi, sarà la Cassazione a decidere se le affermazioni contenute dall'emendamento proposto ieri siano sufficienti ad eliminare o ridimensionare il quesito referendario relativo al nucleare in Italia.
Una mossa, quella dell'esecutivo, che senza troppi veli ha l'obiettivo di depotenziare la mobilitazione per i referendum, rendendo in questo modo 'superfluo' il quesito sul nucleare, quello tra i tre probabilmente in grado di attirare la maggiore affluenza il 12 e 13 giugno prossimi, soprattutto dopo l'impatto violento che il disastro di Fukushima ha inevitabilmente avuto sull'opinione pubblica.
Intanto i ministri impiegano tutte le parole a disposizione per sostenere l'emendamento che oggi sarà votato al Senato. Il ministro dello Sviluppo Romani, garantisce che si tratta di un primo passo verso una politica energetica basata su energia pulita e rinnovabile (ma viene subito smentito da associazioni e sindacati, oggi in piazza contro il decreto varato dallo stesso ministro e soprannominato proprio 'ammazza rinnovabili'), la ministra dell'Ambiente Prestigiacomo - che solo pochi giorni fa era stata colta in una delle sue migliori dichiarazioni "non possiamo permetterci di perdere le elezioni per il nucleare" - ha dichiarato che comunque "la ricerca andrà avanti". Infine il ministro dell'Economia Tremonti, che invitando ad aprire una riflessione anche economica sul nucleare crede sia "arrivato il momento di investire in programmi alternativi con una visione applicata del vecchio piano Delors" e "finanziare piani di nuove energie anche con gli Eurobond".
Proprio il fatto che l'obiettivo del Governo non sia quello di abolire definitivamente il piano nucleare in Italia - ma di ridurre al minimo la partecipazione a un referendum che mettendo insieme acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento potrebbe costituire una vera 'batosta' - però, rende la decisione dei nostri amministratori tutt'altro che una vittoria per tutti.
"Ad una lettura più approfondita - fa notare lo stesso Stefano Leoni, presidente Wwf Italia - l'emendamento di sospensione sine die del programma nucleare presentato al Senato ha le conseguenze di un'abrogazione delle disposizioni sottoposte a quesito referendario ma non del complesso di norme che hanno rilanciato il nucleare in Italia".
A questo si aggiunge il fatto che l'emendamento afferma che entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Consiglio dei ministri si impegnerà ad adottare una strategia energetica nazionale tenendo conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione Europea e a livello internazionale in materia di scenari energetici e ambientali. Quindi, di fatto, l'abrogazione è sospesa 'sine die' e il futuro del nucleare in Italia dipende dall'evoluzione del dibattito sul nucleare nell'Ue, come ha dichiarato pochi minuti fa il ministro Romani intervenuto in Aula al Senato per chiarire la posizione del Governo sul nucleare. "Il referendum si svolgerebbe su di un piano oramai superato", ha esplicitamente detto il ministro riferendosi al quesito sul nucleare.
In realtà, andare alle urne per il nucleare è tutt'altro che superfluo. Non andare, o eliminare il quesito, significherebbe invece autorizzare il Governo a ricominciare il lavoro lasciato in sospeso sul nucleare dopo i referendum. Se il governo vuole dire addio al nucleare, che lo dica chiaramente e che non usi strumenti legislativi per aggirare ostacoli elettorali in vista.
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