"La diffusione nella nostra società del trend horror non è solo l'espressione di un disagio sociale e psicologico verso la vita, ma probabilmente una sorta di nuova religione inconscia". Valerio Pignatta ci accompagna lungo un sentiero di riflessione tra nuovi culti e alienazioni, ma soprattutto verso le molteplici possibilità di risveglio dal mondo dei ' morti viventi'.
Jean-Paul Sartre diceva che l'umanità si divide tra coloro che si lavano le mani prima di urinare e coloro che se le lavano dopo. Altri tempi, tempi di contrapposizioni sociali, di borghesie. Tempi in cui l'appartenenza di classe si evidenziava da tanti piccoli particolari...
Oggi c'è invece chi ha detto che l'umanità si divide sempre in due gruppi ma diversi da quelli precedenti: quelli che guardano se c'è la carta igienica prima di andare in bagno e quelli che si accorgono che è finita solo dopo... Tempi diversi... Sbadataggine ed evanescenza a confronto con perfezionismo alienato.
A me piace pensare invece che l'umanità si divida tra coloro che hanno una scintilla accesa - e che anche se sotto la brace della quotidianità continua a bruciare e ogni tanto emerge in una fiammata di vita vera - e altri che sono già morti ma deambulano in attesa di seppellimento.
Il gusto per il genere horror che oggi si riscontra un po' ovunque (film, letteratura, festa di Halloween, giocattoli, moda ecc.) potrebbe essere benissimo correlato a questa sintonizzazione dei morti viventi con il loro effettivo habitat psicoemozionale in cui si trascinano abitudinariamente.
Nel passaggio dai morti viventi ai viventi ardenti sta il salto qualitativo della resurrezione odierna [1].
Ma la diffusione nella nostra società del trend horror non è solo l'espressione di un disagio sociale e psicologico verso la vita, ma probabilmente una sorta di nuova religione inconscia che adora le manifestazioni più oscure della malvagità umana e sovrannaturale.
Come si diceva, abbondano film su vampiri, mostri, zombie e serial killer più o meno 'umani' o disumani. I giocattoli, i fumetti e persino i libri per bambini si sono uniformati su questa nota espressiva e ad esempio una delle collane di racconti/romanzi più venduti per ragazzi è proprio impostata su questo genere di storie.
Del resto, l'omicidio, la violenza, la brutalità dei rapporti interpersonali sono rappresentati quotidianamente in tv come fossero la norma di qualunque esistenza individuale o familiare su questo pianeta. Ogni giorno possiamo assistere a vari assassini virtuali (ma rappresentati più che realisticamente) che nella vita solo alcuni sfortunati di noi (e davvero pochissimi) avrebbero l'occasione di vedere nella realtà. L'abitudine alla contemplazione e osservazione degli abissi della psiche e perfidia umane sta trasformando e desensibilizzando coloro che si pascono di tali emozioni.
Se la religione pre-ististuzionalizzata è un sistema culturale ideato dagli uomini nel tentativo di rispondere alle domande esistenziali sulla morte e la vita e sul rapporto con l'universo è chiaro che l'horrorismo in quanto nuovo orizzonte religioso delle masse (giovanili o meno che siano) stabilisce delle risposte in questo senso che sono spaventose e che fanno poco sperare in un futuro migliore.
L'inferno nucleare giapponese di questi giorni ben si armonizza con questo tipo di scenario d'oltretomba. La solarità e il culto del bello vanno di pari passo con la gioia di vivere, l'impegno per un mondo migliore, la condivisione, la solidarietà e il rispetto dell'altro. Il culto dell'ombra, il gusto del sangue e del mostruoso si accoppiano invece senz'altro con l'accettazione della crudeltà, dell'indifferenza, del delirio di potenza, del sopruso sul più debole nella glorificazione dell'atto bestiale vissuto e interpretato come momento catartico che favorisce il rilascio di qualche emozione adrenalinica che consente di sentirsi vivi in un'esistenza trascinata a testa bassa, terrificantemente ripetitiva e spettrale.
E, come è facile intuire, ciò vale oltre che a livello sociale anche su un piano più prettamente materiale come quello energetico: energia solare e nucleare sono veramente agli antipodi non solo come tecnologie della vita e della morte, ma come vibrazione e stimolazione degli abissi di pace o violenza che ognuno di noi ha dentro.
Il gusto dell'horror è oggi l'aspetto rituale della nuova religione che vede sull'altare quale nuovo dio il sistema tecnologico-scientifico. Un sistema che ormai si autogenera e che in pratica rende l'avvenire 'impensabile'. Un sistema che isola gli esseri umani nel momento in cui li mette a contatto su una banda di frequenza virtuale che scimmiotta la relazione reale. Un sistema che costringe a vivere chiusi, segregati dalla natura, intrappolati tra mille schermi e vettori di comunicazione impalpabili, introiettati a scavare nell'immondizia della nostra psiche malata da dove fuoriescono i mostri di turno delle nostre “opere culturali” che inscenano i nostri deliri più perversi.
“L'uomo della nostra società non possiede alcun punto di riferimento intellettuale, morale, spirituale a partire dal quale possa giudicare e criticare la tecnica. [...] La sociologia della morte delle ideologie (Bell) e la teologia della morte di Dio attestano accidentalmente la scomparsa del punto di riferimento. Il processo di crescita tecnica comporta la distruzione dell'universo estraneo o la sua assimilazione. Il sacro, il religioso non tecnico è eliminato. L'uomo così non può collocarsi in alcun punto dal quale potrebbe apportare il proprio giudizio a riguardo del processo”[2].
Anzi, l'uomo diventa prigioniero dell'alienazione indotta dalla tecnica e raffredda la propria umanità allineandosi alla sideralmente lontana e gelida modalità di funzionamento degli strumenti tecnologici. Da questo raffreddamento e alienazione coercitivi, la cui unica libertà che lasciano è quella di consumare, emerge il gusto dell'abominio e dello shock emozionale conseguenza della prodigiosa crescita dell'irresponsabilità che caratterizza il sistema tecnico stesso.
Non concludiamo però da tutto ciò che l'essere umano sia ormai completamente meccanizzato.
Ci sono ancora, come dicevamo all'inizio, possibilità di risveglio. Attizziamo il fuoco che cova sotto la cenere delle illusioni tecnologiche. Alla fine si tratta di fare nostra una lezione di umiltà. La realtà ce lo sta insegnando. Il mondo intorno a noi è un inno alla vita e non ai morti viventi. Non facciamoci pervertire dai nuovi dei. Usciamo dall'universo fatto unicamente di oggetti in cui ci siamo calati e smetteremo di reificare gli altri umani, di volerli sezionare per provare il brivido di essere vivi in un mondo di cose.
Note
1. Questo proliferare di letteratura e cultura horror nasce ed è il prodotto scaturito anche dall'incapacità di guardare e affrontare le proprie ombre (e ne abbiamo tutti di ombre: paura della morte, rapporto con le tendenze aggressive ecc.); non dimenticando poi che la festa di Halloween - preda ambita della banalizzazione e della mercificazione odierna - si ricollega (in maniera del tutto inconsapevole) alle celebrazioni del capodanno celtico, coincidente con la festa di Ognissanti e quella della Commemorazione dei defunti.
2. Ellul, Jacques, Il sistema tecnico. La gabbia delle società contemporanee, Jaca Book, Milano, 2009, pp. 387-388