di
Anna Garrapa
15-09-2011
"Un respingimento in mare, un'espulsione collettiva, preliminare a qualsiasi procedura d'identificazione ed alla possibilità di esercitare il diritto di fare richiesta di asilo". Succede il 21 agosto scorso a Lampedusa, eppure "non si è trattato di un caso isolato". Anna Garrapa continua a raccontarci il suo viaggio a Lampedusa.
21 agosto 2011. Un insolito respingimento al largo di Lampedusa
Immaginate di mettervi in mare con tanti altri, di rischiare la vita per un sogno di libertà, per trovare un lavoro, o magari di scappare da una vita omosessuale impraticabile o di cercare di ritrovare la vostra famiglia... quanti altri motivi possono esserci per decidere di partire per un nuovo pezzo di mondo in cerca di qualche opportunità di cambiamento?
Siete davvero in grado d'immaginare il pezzo di legno su cui galleggiate da giorni immerso nei corpi di altri, di vederlo andare sempre più a fondo mentre annaspate per svuotarlo con un contenitore qualsiasi, di veder arrivare soccorsi stranieri che vi tirano su dall'imbarcazione che ormai galleggia a fatica, di assaporare ancora il gusto della vita, in corsa verso l'Europa, finalmente al sicuro.
Immaginate d'intravedere la terra, quella promessa soprattutto dai canali televisivi stranieri, o quella che avete già conosciuto e da cui siete stati espulsi lasciando una vita a metà, di essere tanto vicini da poterla quasi toccare, di percepire l'entusiasmo ed istintivamente alzare le dita in segno di vittoria per salutare chi dal molo aspetta di vedervi sbarcare.
Ma invece del molo arriva l'inversione di rotta ed al posto della terra europea ritorna il mare aperto, pensate allo sforzo fatto, alla paura vissuta, ai soldi perduti, all'umiliazione del rientro coatto... siete davvero in grado d'immaginare tutte le possibili conseguenze di un vostro rientro in un paese incerto? Non vi verrebbe voglia di buttarvi in mare per raggiungere ad ogni costo l'isola italiana che a poco a poco rischia di sparire ancora una volta dal vostro orizzonte?
Lampedusa. 21 agosto. Ore 17.30 arriva sfrecciando una motovedetta della Guardia di Finanza diretta verso l'attracco del molo Favarolo. Invece di attraccare e sbarcare i passeggeri gira su se stessa per tornare verso il mare aperto oltre l''imbocco del porto. Trasborda quindi alcune persone sulla motovedetta della Guardia Costiera che successivamente rientra nel porto per sbarcare solo poche persone tra cui due donne, un ragazzo sistemato su di una sedia a rotelle ed un altro trasportato in barella verso un'ambulanza. A quel punto la guardia di finanza prende il largo, carica delle poche decine di migranti rimasti bordo.
È solo l'ANSA che dopo poche ore rivela il destino dei passeggeri: trasbordo su di una nave della Marina Militare Italiana e successivo passaggio su di una motovedetta tunisina diretta in patria.
In poche parole un respingimento in mare, un'espulsione collettiva, preliminare a qualsiasi procedura d'identificazione ed alla possibilità di esercitare il diritto di fare richiesta di asilo.
Una chiacchierata informale con le forze dell'ordine coinvolte nell'operazione chiarisce l'origine delle disposizioni di consegna immediata alla marina militare italiana: è il Ministero dell'Interno che decide, senza alcun atto pubblico, senza un'assunzione di responsabilità politica, all'oscuro del diritto internazionale e della consapevolezza dell'opinione pubblica; forte di un intesa verbale con il ministro dell'Interno di un governo di transizione risalente all'aprile scorso.
Eppure i soccorsi si dirigono verso il molo lampedusano, l'ordine arriva una volta che le motovedette sono già in mare, si verificano problemi di comunicazione e la priorità viene data al mandato originario di soccorso in mare. Una volta in porto però l'operazione di sbarco di alcuni passeggeri scelti sembra irrealizzabile e si decide di operare in alto mare, lontano dal molo popolato di operatori sanitari e mediatori culturali, dalle banchine cariche di curiosi osservatori sbigottiti dall'insolita manovra.
Dopodiché la Guardia di Finanza si dirige verso la nave della Marina Militare Italiana, non è la prima volta che accade, altre volte i migranti sono stati condotti direttamente a Taranto, in questo caso è ignota la destinazione finale della nave che attende in acque internazionali.
Eppure questa ricostruzione informale dei fatti lascia in sospeso alcuni lati oscuri della vicenda.
È stata un'operazione spontaneamente orientata al salvataggio di alcune vite umane al di là di ciò che stabilivano ordini superiori, di un'effettiva inefficienza nella tempestività comunicativa o della volontà di esplicitare un'operazione indigesta che sarebbe passata altrimenti in sordina?
Perché questo respingimento? Si è trattato di un caso isolato? E già accaduto in passato? Si tratta di un'eccezione alla regola o di una nuova regola?
26 agosto 2011. Lampedusa, una nuova regola
Negli ultimi giorni sono proseguiti regolarmente gli sbarchi di migranti provenienti dalla Tunisia. Apparentemente si direbbe che il respingimento avvenuto in mare il 21 d'agosto di un'imbarcazione tunisina abbia costituito un'inspiegabile eccezione. Senonché una chiacchierata informale con il capitano dell'Audacia, imbarcazione della Grimaldi Lines, ci rivela le reali intenzioni del Ministero dell'Interno.
Il capitano commenta una telefonata appena avvenuta con l'armatore privato della nave, che chiede un suo parere in merito alla possibilità di guidare le operazioni di rimpatrio via mare dei migranti tunisini. Si tratta di un'offerta fatta dalla Protezione Civile, che è già delegata dallo Stato a coordinare tutto il sistema di trasporto e smistamento dei migranti sul territorio nazionale.
La Grimaldi Lines è attualmente impegnata nel trasporto dei migranti, prevalentemente subsahariani, che hanno minore probabilità di venire espulsi, a fronte di un guadagno giornaliero di 60.000 euro. Solitamente i tunisini vengono trasferiti tramite ponti aerei nei vari CIE, da dove vengono poi espulsi e rimpatriati.
Il capitano si esprime negativamente riguardo all'ipotesi, dice di non nutrire alcuna fiducia e simpatia nei confronti dei tunisini, preferisce “caricare i negretti” ed accetterebbe la proposta solo nel caso in cui le condizioni di trasporto fossero le stesse del rimpatrio aereo, cioè di un rapporto 1 a 2 fra tunisini e forze dell'ordine. Considerando che l'Audacia ha una capienza indicativa di 500 persone, lo stato spenderebbe più di 60.000 euro per il rimpatrio immediato da Lampedusa di sì e no 150 tunisini, in barba a qualsiasi straccio di diritto internazionale.
L'Audacia ha attraccato al molo di Cala Pisana il 21 agosto ed invece di ripartire a fine giornata, come di solito, al 24 di agosto è ancora ormeggiata lì, vuota, in attesa di trasferire i migranti presenti nei centri, che al momento si aggirano intorno alle 500 presenze... Sarà che non si voglia svuotare il centro lasciando Lampedusa Accoglienza a bocca asciutta? In ogni caso le giornate d'attesa dell'Audacia sono pagate con soldi pubblici, anche se in Italia non ci sono mai...
Anna, Brigate di solidarietà attiva (*)
(*) Le BSA sono una realtà autofinanziata, nata durante l'esperienza dei campi di solidarietà nell'Aquila del post-terremoto e che attualmente porta avanti differenti progetti di solidarietà sia a livello nazionale che internazionale.
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