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Ungheria verso la dittatura? Chiude una radio d'informazione
di
Andrea Degl'Innocenti 02-01-2012
In Ungheria arriva la prima vittima della legge bavaglio varata un anno fa. È la radio d'opposizione Klubradio, chiusa ufficialmente "perché non dava spazio a musica e cultura nazionali". Le proteste scaturite hanno portato all'arresto di un leader dell'opposizione. Intanto dal 1 gennaio è in vigore la nuova costituzione ultraconservatrice, cattolica e nazionalista. Possiamo già parlare di dittatura?
Che sta succedendo in Ungheria? Una radio indipendente viene privata della proprie frequenze, un leader dell'opposizione viene arrestato, entra in vigore una nuova costituzione ultraconservatrice, il governo di Viktor Orbán assume sempre più le caratteristiche di una strisciante dittatura dalle tinte fasciste.
È un processo in corso già da diverso tempo, e quelli elencati qui sopra non sono che gli ultimi aggiornamenti. Già le prime avvisaglie di queste tendenze dittatoriali e liberticide s'erano avvertite un anno fa. Prontamente ne avevamo dato notizia, quando in pochi ancora ne parlavano. Era notizia di allora l'approvazione di una legge bavaglio, che metteva le basi per un'informazione di regime con pesanti sanzioni a chi contravveniva.
Ora la legge ha mietuto la sua prima vittima. Si chiama Klubradio, ed è l'unica emittente a dar voce all'opposizione, nonché una seguitissima radio d'informazione. Ancora per poco. Infatti il governo di Orban – leader del partito della destra conservatrice Fidesz, che vanta 206 seggi su 265 in parlamento – ha deciso di privarla delle proprie frequenze, per assegnarle ad un'altra emittente. Il motivo ufficiale è che la radio non darebbe abbastanza spazio alla cultura, alla musica e alle tradizioni nazionali. Ma dietro alla decisione si cela indubbiamente la paura del regime verso l'informazione libera.
La decisione ha scatenato le proteste degli ascoltatori, ma anche dei cittadini e dei partiti d'opposizione. La manifestazione organizzata dai partiti d'opposizione socialista, liberale e ecologista il 22 dicembre davanti al palazzo del parlamento è stata dispersa dalla polizia, che ha effettuato alcuni arresti. Fra i fermati risulta anche il capogruppo dei socialisti in parlamento, Attila Mesterhazy.
Intanto dal 1 gennaio è entrata in vigore la nuova costituzione ungherese, un testo criticatissimo per la sua connotazione fortemente conservatrice. In essa si fa più volte riferimento ai valori della religione cattolica e al concetto di ungheresità come pilastri fondanti della nazione. Vengono drasticamente ridotti anche i poteri della Corte Suprema, e aumentati quelli del governo.
Insomma, per tornare alla prima domanda, in Ungheria sta succedendo qualcosa di molto preoccupante, un processo già visto. Un potere forte sta cavalcando la crisi, il bisogno di sicurezze e di identità della popolazione, la paura, per dare una svolta autoritaria e liberticida.
Quel risentimento verso l'Europa e la dittatura finanziaria internazionale, che altrove ha portato frutti ben più democratici, in Ungheria è stato imbrigliato e spinto sui sentieri del nazionalismo, dell'integralismo religioso, della repressione e della censura.
Si sta reagendo ad una dittatura con un'altra dittatura. Quanto di più sbagliato e illogico si possa fare, perché oltre a privare la popolazione della possibilità di informarsi e capire e scegliere, si finisce per legittimare agli occhi di tutti il sistema cui ci si vorrebbe opporre. Ma il governo di Orbán non sembra volerlo capire, e prosegue per la sua strada. Una strada in cui non v'è spazio per la libertà d'informazione.
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