Si è soliti pensare che il cervello sia “cablato” e che, a differenza degli altri organi, non posso auto-ripararsi o ripristinare funzioni perdute una volta subìto un danno o una malattia. Ora sappiamo invece che il cervello è neuroplastico, che l’attività e l’esperienza mentale possono essere usate per modificare la strutture delle connessioni che il cervello contiene. Questi principi innovativi vengono usati per migliorare in maniera evidentissima, a volte anche per curare, disturbi cerebrali prima ritenuti irreversibili. E se ne può fare tesoro anche nella vita di ogni giorno per migliorare la salute del nostro cervello e le sue performance. Ecco cinque cose da provare, tratte dal libro di Norman Doidge.
Camminare tre chilometri al giorno
L’esercizio fisico regolare, come camminare, ha dimostrato di essere un fattore chiave nella riduzione del rischio di demenza, fino al 60%. Una delle ragioni potrebbe essere legata al fatto che quando gli animali compiono lunghi tragitti solitamente esplorano e scoprono territorio inesplorati dove vivere. Il cervello, anticipando il fatto che l’animale deve imparare parecchio sul nuovo territorio, rilascia fattori di crescita che agiscono come “fertilizzanti” che favoriscono la crescita del cervello, permettendogli di costruire più facilmente connessioni tra le cellule. La camminata prolungata ha lo stesso effetto su di noi, mette il nostro cervello in uno stato neuroplastico. Non è necessario compiere esercizio fisico brutale, basta camminare per tre chilometri o percorrere 15 chilometri in bicicletta per contribuire ad abbassare il rischio di demenza.
Imparare un nuovo ballo (o lingua o strumento musicale)
Invecchiando, e soprattutto quando entriamo nella mezza età, non sfruttiamo più il nostro cervello come quando eravamo a scuola. La maggior parte delle persone di mezza età utilizzano competenze già acquisite. Per mantenere giovane il cervello occorre puntare sulle novità e sull’esercizio: imparare qualcosa si difficile come una nuova lingua o un nuovo ballo o imparare a suonare uno strumento musicale. Queste attività coinvolgono una parte del cervello chiamata nucleo basale, responsabile del mantenimento dell’attenzione e del consolidamento delle nuove connessioni nel cervello quando impariamo. Sarebbe consigliabile praticare un’ora al giorno o di più con un alto indice di attenzione.
Fare esercizio cerebrale con rigore
Mano a mano che invecchiamo, il nostro cervello diventa più “caotico”, non siamo più così bravi a registrare nuove informazioni con chiarezza, segnali forti e diventa più difficoltoso trattenere le informazioni che vengono registrate in questo modo. Ci sono però esercizi cerebrali molto rigorosi, ideati dal pioniere della neuroplasticità Michael Merzenich, pensati per allenare specificatamente aree del cervello che processano suoni e immagini. Uno studio dei National Institutes of Health ha dimostrato che gli effetti di questi esercizi durano 10 anni e che chi li praticava utilizzava meglio il cervello nel suo quotidiano. Si tratta di esercizi molto diversi rispetto a quelli che si possono fare al computer o trovare sui giornali; richiedono una intensa concentrazione. Un esempio: ascoltare combinazioni di consonanti e vocali che possono essere facilmente confuse pronunciate a una velocità molto alta. Aiuta ad affinare le abilità uditive del cervello, a registrar informazioni, chiarire i segnali. Questi esercizi vengono chiamati Brain HQ .
Fare attenzione alla propria voce
Avrete notato che a volte siete catturati dall’ascolto di una voce che legge, oppure al contrario ascoltate parlare un bravissimo insegnante la cui voce però non riesce a far rimanere desta la vostra attenzione. Ciò che fa la differenza è la frequenza vocale e la capacità della persona di parlare in modo da riuscire ad ascoltare le differenze sottili nella propria voce. Chi ha una voce migliore è perché sa ascoltare meglio, non per le sue corde vocali. Se ascoltate con molta attenzione cosa state dicendo mentre parlate, solo il suono non il contenuto, non annoierete gli altri.
Date al corpo il riposo di cui ha bisogno
Uno studio recente dell’università Americana di Rochester ha dimostrato che, durante il sonno, le cellule cerebrali chiamate glia aprono canali speciali che permettono ai prodotti di scarto e alle tossine di essere eliminate, incluse le proteine che causano la demenza. Inoltre, mentre dormiamo si consolidano nuove connessioni tra neuroni e divengono più durature. Nelle moderne società occidentali si dorme sempre meno, ma questo è innaturale. La luce elettrica e i computer catturano a tal punto la nostra attenzione che non riusciamo più a cogliere i segnali del nostro corpo che ci dicono di dormire. Nel diciannovesimo secolo la media di sonno degli adulti era intorno alle nove ore. Nel Nord America è oggi intorno alle sette ore e stanno diminuendo. Le raccomandazioni variano, ma alcuni ricercatori sostengono che non si dovrebbe scendere sotto le 8 ore e mezzo.