McDonald's, il gigante del fast-food, è stato costretto a lasciare la Bolivia. Complice la caduta dei profitti in un Paese che ad omologarsi al panino globale ancora non ci sta. I boliviani, particolarmente gelosi della loro cultura e delle loro tradizioni, hanno mostrato al mondo intero che, a volte, per essere padroni in casa propria basta fare delle scelte piuttosto che altre.
Nonostante il dominio indiscusso di banche e multinazionali, succedono ancora cose in grado di stupire, o di fare sperare che un giorno si potrà finalmente liberare il mondo dal giogo del capitalismo di rapina che lo sta letteralmente soffocando. A fare credere in ciò è stata la chiusura di McDonald’s in Bolivia. Nonostante le milionarie campagne pubblicitarie con cui la multinazionale statunitense ha tartassato la popolazione locale, il colosso è stato abbandonato anche dall’ultima speranza, quella di riempire gli otto suoi nuovi 'ristoranti' nelle principali città del Paese andino.
Niente da fare, ai boliviani il McMenu proprio non va, ed il marchio più noto e diffuso del pianeta ha dovuto fare i bagagli e tornarsene mestamente a casa sua. I motivi sono molteplici e chi conosce meglio la Bolivia ritiene che questi non siano solamente di carattere ideologico.
Certo gli abitanti della Bolivia, noti per un forte mantenimento delle proprie radici, non provano molta simpatia per i gringos, né per tutti coloro che giungono con l’intenzione di sfruttare la loro terra e le loro risorse. Ma la vicenda di McDonald’s sarebbe collegata soprattutto ai gusti dei boliviani stessi, ancora indissolubilmente legati al concetto del buen vivir, in cui rientra anche un approccio genuino (e slow) con la cucina, e con un cibo locale dai prezzi ridotti, che non ha bisogno né di 'offerte' né di pubblicità.
L’amore dei boliviani per i panini e le patatine fritte della corporation statunitense durò in effetti solamente sei mesi, quelli seguenti l’apertura dei primi punti vendita della catena. In quei giorni, i nuovi negozi erano pieni, e al loro esterno si vedevano promettenti file di curiosi i quali, però, nonostante gli innumerevoli tentativi della multinazionale di rendere sapori e ambienti più consoni al gusto locale, decisero in fretta di non farvi più ritorno.
Ma all’origine della chiusura dei 'Mac’s' boliviani non c’è solo un mero boicottaggio, che già basterebbe e sarebbe più che legittimo, c’è il rifiuto di base di uniformarsi ad un modello, appunto, ormai decrepito e putrescente come quello neo-liberista ed iperconsumista di stampo nordamericano.
Certo, c’è chi potrebbe ribattere che proprio per questo la Bolivia è probabilmente il Paese più povero (a livello materiale) dell’area sudamericana. Ma è una cosa che può dire solamente chi, pervaso dalla presunzione di fare parte di una cultura o una civiltà superiore, ritiene il suo modello di vita l’unico o comunque il migliore possibile, senza però volere ammettere che, come accennato, questo è evidentemente giunto al capolinea.
Un fatto che porta anche il sig. McDonald a pagarne le conseguenze, facendo fagotto e levandosi dai piedi, e che dà di sicuro un certo gusto, ricordandoci allo stesso tempo come il nostro potere di 'consumatori' (!) sia veramente enorme, oltre che l’ultimo che ci è rimasto.
In Italia, dove votiamo per i referendum ed è come non avere fatto nulla, dove raccogliamo decine di migliaia di firme e non le guardano neppure, dove votiamo al Parlamento europeo persone di cui spesso nemmeno conosciamo il nome - mentre per quello italiano non possiamo fare nemmeno questo -, possiamo comunque decidere di non comprare o non 'consumare' questo o quel prodotto.
E invece, gli oltre quattrocento McDonald’s italiani sono destinati ad aumentare. L’ultimo ad avere aperto, in ordine di tempo, è quello di Chieri, in provincia di Torino, sorto dal nulla nell’arco di poche settimane.
Se anche noi italiani, a parole così orgogliosi della qualità del nostro cibo e della varietà dei nostri piatti, così gelosi della nostra identità culinaria, fossimo un po’ più come i boliviani, ossia meno supini e disposti ad accettare a braccia aperte tutta la spazzatura a stelle e strisce che ci viene riversata addosso, potremmo un giorno liberare i nostri centri storici dal tanfo omologato di Ronald McDonald.
E ricominciare a sperare che la situazione possa cambiare, in generale; ma soprattutto che, come i boliviani, attraverso piccole grandi vittorie, anche noi si possa tornare ad essere un po’ più padroni a casa nostra. Dimostrando al mondo intero e soprattutto a noi stessi che il nostro Paese non è solamente terra di conquista per le multinazionale globali.
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