di
Dario Lo Scalzo
07-10-2011
Vivere l'attimo, seguire il cuore, pedinare le passioni. Da un capo all'altro del mondo milioni e milioni di persone hanno detto addio a Steve Jobs esaltandone la filosofia di vita. Eppure, già da oggi, la moltitudine "rientrerà mestamente nella propria vita" e la visione del mondo dell'inventore rivoluzionario scomparso due giorni fa rimarrà per i più "un'utopia mentale".
Essere l'uomo più ricco del cimitero non mi interessa. Andare a letto ogni sera sapendo di aver fatto qualcosa di meraviglioso, questo è importante per me
Steve Jobs
È notte fonda. Come spesso accade sono seduto davanti ad un Mac e le mie ore sono ispirate dalla sinfonia n. 6 'pastorale' di Ludwig van Beethoven. Nel silenzio del buio sereno, la forza della musica mi fa da compagna, e scrivo. Per un attimo distraggo la mente dai miei voli pindarici e dò un’occhiata ad internet leggendo della morte di Steve Jobs.
In quest’oggi dell’indomani, fiumi di parole vengono dette e scritte sul vivere di questo inventore moderno, definito il visionario. Superfluo seguitare con l’elenco delle sue creazioni, delle sue ideazioni innovative e del suo percorso straordinario.
Steve ci lascia qualcosa che va oltre la materialità geniale che ha stravolto e cambiato la vita di milioni di persone e dell’intera società sviluppata; qualcosa che oltrepassa le sue idee realizzate della sua squadra talentuosa, non dimentichiamolo. Jobs lascia anche un altro messaggio al mondo la cui traccia, oggi, emoziona ed accalora la gente seppure, forse, non in molti riusciranno a percepirne la sua profondità. Steve Jobs ci regala la consapevolezza. È la sua consapevolezza che è anche quella propria di ogni essere umano e quindi anche la nostra.
Non ci sono apologie né esaltazioni da fare su questo personaggio; non è di certo il primo che marca un’epoca nella storia dell’umanità, ma è rilevante che sia riuscito a farlo all’interno di una società moderna agguerrita che sembra essere refrattaria alla semplicità e all’idea di ricerca della consapevolezza del proprio 'se stesso'.
Così, oggi, ci si ritrova e ci si esalta emotivamente nelle sue parole, nella sua filosofia di vita, nel suo vivere l'attimo, nel suo vivere seguendo il cuore, lottando le paure, pedinando le passioni, accogliendo le vampate di sana follia. Da un capo all’altro del mondo, si 'glorifica' il suo essere fuori dagli schemi, il suo pensare ed agire differente, come se di questo tipo di approccio alla vita ne abbiano l’esclusiva gli altri, pochi eletti privilegiati e come se, per principio, non possa appartenerci e non possa fare parte di noi stessi.
Domani, che è già oggi, la moltitudine, accesasi per la commozione, rientrerà mestamente nella propria vita di prima e quella filosofia, i suoi elogi e tutte le emozioni legate alla diversità di Steve resteranno per molti un'utopia mentale, una nostalgia del cuore e del ricordo e rappresenteranno solo l’assenza di coraggio, la conformità passiva, il vittimismo e l’incapacità ad ascoltare realmente se stessi sino in fondo. Ed invece andrebbero coltivati, fatti crescere e meriterebbero di fiorire in tutti noi.
Abbiamo costruito un mondo incollato alla paura in cui ciò che ci emoziona e ci fa sognare sembra troppo spesso rientrare nel raggio di azione degli altri. Ci infuochiamo, il nostro spirito bolle e poi, passata l’emozione, il boomerang mentale, spinto dall’eccitazione estemporanea, ci riporta alle vecchie certezze. Nessun salto nel buio, nessun dubbio ad intralciare il nostro esistere. Solo per pochi il timore e la razionalità cederanno il passo al coraggio e alla passione, quella vera, quella che stravolge, che fa mutare, che crea il terremoto interiore nel nostro io permettendoci di 'rivoluzionare'.
Ciò che dovrebbe essere conforme e naturale, la pura espressione del proprio animo e del proprio cuore, si è travestito di eccezione e ciò che dovrebbe essere comportamento straordinario, il farsi condurre dai fili invisibili della società dimenticando di guardarsi dentro, è la regola che per l’appunto fa modello.
Oggi l’istintivo vivere ascoltando se stessi è troppo frequentemente considerato fuori dall’ordinario. Ed ecco perché una persona 'comune' per il suo stile di vita e la sua maniera di pensare (certamente grandiosa e geniale per quello che creato) come Steve Jobs diventa immediatamente icona; una persona che, probabilmente conscia della sua pochezza di fronte alla morte, ha vissuto il suo mondo interiore come ognuno di noi dovrebbe e potrebbe vivere non perdendosi nel labirinto dell’eternità del mondo materiale.
Nel mondo vertiginoso in cui ha vissuto per anni, sembra inevitabile non pensare che Jobs, lo spietato 'rivoluzionario', non avesse degli scheletri nell’armadio, ma in fondo non importa perché la sua orma ai posteri giace nella perseveranza positiva, nel credere fermamente, nella sensibilità e capacità del dare spazio alla meritocrazia, nella consapevolezza del suo essere e della sua forza comunicativa. La sua grandezza di uomo risiede nell’avere sognato e volato in un cielo di avvoltoi con la leggerezza geniale dell’uomo semplice nonostante fosse un potente dell’epoca moderna.
Con la sua storia, Jobs mostra e dimostra che si può dare e creare, creare e dare ed esserne felici anche in una società che si è rinchiusa dentro l’eccessivo individualismo. Il suo dare e creare fuoriescono così dal puro concetto di materialità, che è limitante ed è limitato dalla fine della vita, per fondersi in una diversa modalità di concepire l’esistere ed il coesistere in una collettività.
Questa è l’eredità semplice che ci lascia Steve Jobs e per la quale di certo sorriderebbe se l’umanità potesse un giorno trarne davvero insegnamento e concreto beneficio.
Nessun pianto.
Ricordare che dobbiamo morire è il miglior modo che conosco per evitare la trappola di pensare che si abbia qualcosa da perdere
Steve Jobs
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