Un giornalismo militante, vero, “in loco”, che racconterà “dal basso” la storia di un popolo (e di una donna) che sta lottando per i suoi diritti. A portare avanti il progetto sono Simona Carnino e Luciano Gorriti Robles; lo hanno presentato al Consorzio delle Ong Piemontesi partecipando al bando Dev Reporter Network e hanno vinto. Partiranno a luglio e Il Cambiamento si è impegnato, sostenendoli da subito, a dare ampia e adeguata diffusione al lavoro una volta che sarà terminato. Si intitolerà “Aguas de oro”.
Verranno prodotti un reportage video di 15 minuti e un reportage scritto corredato di fotografie.
La storia è quella di Máxima Acuña Chaupe e della sua resistenza nei confronti di Yanacocha, multinazionale mineraria (51% della Newmont Corporation, 44% Buenaventura-Perù, 5% International Finance Corporation-World Bank) proprietaria della più grande miniera di oro e rame del Sud America. Yanacocha vuole acquistare la terra di Maxima, strategica per il prossimo ampliamento della miniera d'oro di sua proprietà (progetto Conga). La donna si rifiuta. Nel 2011 Yanacocha ha diffuso la notizia che Maxima gli avesse già venduto la terra, accusandola di usurpazione. In seguito a un processo penale, a dicembre 2014 Maxima ha vinto la causa. Yanacocha ha rifiutato la sentenza e ha proceduto al ricorso in Cassazione. La vicenda giuridica è giunta questo punto.
QUI il resoconto di quanto accaduto
Maxima continua a vivere in condizioni di oppressione e intimidazione: sola nel suo campo, minacciata dalle forze della polizia che si sono piazzate davanti a casa sua con un avamposto permanente.
«Ci focalizzeremo sul tema della violenza da parte della polizia e dello Stato, sul diritto all'acqua e a un ambiente incontaminato, landgrabbing e autodeterminazione dei popoli – spiega Simona - Proveremo a parlare del modello di sviluppo promosso dai contadini di Cajamarca, che li accomuna ai valori espressi da altri gruppi umani coinvolti in conflitti ambientali in altre zone geografiche. Lo faremo anche insieme a Hugo Blanco, leader della riforma agraria peruviana, che ho conosciuto ultimamente e ha dimostrato interesse ad apparire nel reportage. Proveremo a parlarne anche con Yanacocha. Prima di tutto per capire qual è il mercato d'oro che stanno alimentando. Dove va quest'oro? E il rame? Cercheremo di far emergere una riflessione su quali devono essere gli obiettivi e i limiti alla base di scelte economiche. In questa fase, stiamo approfondendo il tema anche insieme agli Ingegneri Senza Frontiere del Politecnico di Torino, che stanno collaborando all'analisi degli studi ambientali e alla riflessione sugli obiettivi dello sviluppo. Chi deve essere il destinatario ultimo dell'innovazione tecnica?».
«Io e Maxima ci siamo parlate di recente. Sta bene, ma è provata dalle continue aggressioni da parte della polizia che entra nel suo campo ogni volta che lei si allontana. Il 29 aprile scorso, membri delle forze dell'ordine, approfittando della sua assenza, hanno prelevato il suo allevamento di cuy. Alcune settimane prima le sono state rubate le pecore e qualche giorno dopo i cani della polizia hanno sconfinato nella proprietà della donna, uccidendo tutti i conigli. Maxima non può più vivere di pastorizia, per cui prova a sbarcare il lunario con piccoli lavori di artigianato: cuce coperte, maglioni, ponchos. Ha deciso di rimanere a Tragadero Grande, non tanto per difendere il suo campo, ma per impedire con la sua presenza fisica, l'ampliamento della miniera. Si sveglia alle 5 del mattino, fa colazione, poi lavora un po' a maglia. In mattinata si dirige verso una delle lagune che il progetto Conga vorrebbe distruggere e si carica di acqua che le servirà per la sua giornata. Maxima vive senza acqua corrente, luce e sistema fognario. Ogni tanto si assenta per andare al mercato di Santa Rosa a vendere i suoi prodotti di artigianato o per impegni a Cajamarca. Ma ritorna il prima possibile. Teme di ritrovarsi la casa distrutta o il campo devastato. Attualmente vive da sola in 25 ettari. Lei e, di fronte, una casupola di poliziotti piazzati in forma permanente ai limiti della sua proprietà. I figli passano a salutarla il fine settimana. La sua avvocatessa, Myrtha Vasquez, sta chiedendo garanzie per la donna e che vengano preservati i suoi diritti umani. Maxima è contenta di partecipare a questo reportage. Dovrei essere a Cajamarca a metà luglio».
«Gireremo il reportage tra luglio e agosto di quest'anno – con me ci sarà Luciano Gorriti Robles. Abbiamo studiato entrambi giornalismo, io in Italia e lui in Perù. Io ho lavorato circa cinque anni per Amnesty International e scritto per un giornale locale della Valle di Susa occupandomi di tematiche ambientali. Luciano si è diplomato alla scuola di documentaristica di Barcellona. Ha lavorato per Discovery Channel, Al Jazeera e RT. Ci siamo conosciuti in Perù, dove lui è nato e io ho vissuto quando lavoravo come cooperante internazionale per una Ong italiana. Io sto scrivendo lo script e Luciano sarà incaricato delle riprese, editing e post-produzione. Speriamo che i nostri sguardi italo-peruviani possano incrociarsi armonicamente. In Italia ci sarà anche Gabriele Lusco, un fotografo professionista e videomaker che ci appoggerà in caso di modifiche tecniche che dovessimo apportare al materiale all'ultimo minuto. Tra Perù e Italia alcuni amici ci stanno fornendo un supporto nella logistica delle riprese e per gli spostamenti».
«Sono contenta di avere l'opportunità di tornare in Perù e raccogliere le storie di chi è lasciato ai margini del mondo dell'informazione tradizionale – continua ancora Simona - Allora abbiamo pensato di dar voce alla vita di Maxima Acuña Chaupe e di farla conoscere anche in Europa. Quella di Máxima è una storia originale, ma antica. Ci auguriamo che chi vedrà il reportage possa capire cosa accade al di là del mare, ma anche rendersi conto che gli abusi dei diritti di cui è vittima Maxima sono soliti accadere in ogni conflitto ambientale in Sud America, come in Europa e magari anche a due passi da casa nostra qui in Italia. La nostra squadra è lieta di aver ricevuto il finanziamento del bando Dev Reporter Grant, perché promuove un giornalismo attento all'approfondimento, alla promozione dei diritti umani e, in un'epoca in cui la notizia vive a migliaia di chilometri da chi la dà effettivamente, pretende che i giornalisti ritornino a calpestare la terra, tocchino i protagonisti e accolgano con sincerità le storie che verranno raccontate. Mi sembra di tornare al vecchio giornalismo, quello dei grandi viaggi e dei grandi incontri. Un po' ci mancava».