di
Paolo Ermani
18-08-2011
Nucleare, rinnovabili, combustibili fossili. Che senso ha parlare di fonti energetiche quando basterebbe intervenire sugli sprechi, non soltanto per rendere inutile la costruzione di nuove centrali ma anche per permettere la riduzione di quelle attualmente esistenti?
Ancora oggi a distanza di tanti anni, sono stupefatto di come si continui a parlare di fonti energetiche e che il dibattito si concentri pressoché esclusivamente sul fatto che sia meglio utilizzare il nucleare e le fonti fossili o le energie rinnovabili.
In mezzo a tutto questo c'è un mare che però ben poco viene navigato.
La mia formazione professionale acquisita alla fine degli anni ottanta in Germania presso l'Energie und Umweltzentrum - Centro per l'Energia e l'Ambiente, mi ha permesso di impostare il discorso in maniera che ritengo assai razionale e sensata e che può risolvere adeguatamente il problema.
Ha senso prendere in considerazione le rinnovabili solo in un'ottica di efficienza e risparmio, altrimenti la situazione non si migliora di molto, anzi paradossalmente parlare solo di rinnovabili quindi solo di fonti energetiche, può fare il gioco di chi vuole nucleare, gas, carbone e petrolio.
Ciò perché chi parla di fonti dà per scontato che il consumo energetico crescerà all'infinito e un consumo energetico che cresce all'infinito giustificherà sempre il bisogno di fonti fossili e nucleare, almeno fino al loro esaurimento o fino alla scomparsa della vita umana sulla terra a causa dell'effetto serra o dei disastri delle centrali nucleari.
Da un punto di vista energetico siamo di fronte a sprechi colossali e stiamo ancora a dibattere se un fotovoltaico ha un rendimento x o y oppure conviene più del nucleare?
Mi capita spesso di fare interventi in enti pubblici, scuole, università, luoghi di aggregazione, sale congressi, etc. La maggior parte delle volte faccio notare alla platea che gli infissi sono del Pleistocene, i vetri sono singoli, le finestre aperte e i termosifoni, questi invece del Neozoico, regolarmente accesi. Poi spifferi ovunque, nessuna coibentazione, nessun intervento di riduzione dei consumi idrici, termici ed elettrici, nessun sistema di contabilizzazione e monitoraggio, computer e ogni apparecchiatura da ufficio possibile lasciati accesi giorno e notte, stand by mai disinseriti, stufette elettriche portate da casa in aggiunta al riscaldamento già esistente, luci lasciate accese anche la notte, caldaie inefficienti, tubi di distribuzione non isolati termicamente, nessuna forma di educazione al risparmio per gli utenti e l'elenco può continuare interminabile.
Immancabilmente in questi incontri c'è il politico di turno, l'assessore comunale, provinciale, regionale, spesso all'ambiente, che piange miseria perché la sua amministrazione è senza soldi, ma così tanto senza soldi da permettersi di buttarli letteralmente dalla finestra.
Tutta questa lagna degli enti pubblici che non hanno soldi è veramente una commedia dell'assurdo.
Il libro degli sprechi energetici e non, delle nostre amministrazioni pubbliche, fa concorrenza alla Enciclopedia Treccani ma lo stesso hanno il coraggio di dire che poverini sono senza soldi e magari che per questo sono 'costretti' a cementificare il territorio per avere delle entrate.
Una centrale termoelettrica tradizionale o nucleare ha un rendimento medio del 35/40%, al massimo nelle centrali a gas a ciclo combinato si arriva al 55/60% , a ciò vanno aggiunte le perdite di trasmissione in rete e alla fine le perdite all'utenza: ovvero il percorso completo di una autentica strage energetica.
E questo è progresso? E questa è tecnologia all'avanguardia? O si tratta di dinosauri di inefficienza?
Le nostre case consumano per il riscaldamento mediamente fra i 180/200 KW-h e più al metro quadro annuo e con pochi accorgimenti edili ed una buona coibentazione potrebbero consumare 3 o 5 volte meno. Per non parlare poi delle Case Passive che praticamente sono senza riscaldamento (ma dentro in inverno ci sono temperature uguali, se non superiori alle case costruite con i piedi) e consumano dieci o anche quindici volte meno di quelle tradizionali.
E che dire dei consumi elettrici da condizionamento continuamente in ascesa e che sono anche essi una conseguenza della cattiva costruzione e della mancanza di coibentazione? O ancora degli scaldabagni elettrici, un assoluto non senso energetico ed economico che sono diffusi su tutto il territorio?
In questo quadro energeticamente folle, che senso ha parlare di fonti quando basterebbe intervenire sugli sprechi per rendere non solo inutile la costruzione di nuove centrali ma se ne otterrebbe la chiusura di varie altre attualmente esistenti?
Così come non sarebbe necessario installare centrali ad energie rinnovabili che di per sé in moltissimi casi sono una contraddizione, dato che per antonomasia le fonti rinnovabili sono sistemi decentralizzati. Quale sia poi il motivo di fare ettari di fotovoltaico su terreni agricoli, lo può spiegare solo la speculazione selvaggia.
Tralasciando il fatto che tanti prodotti o tante attività siano sensate o abbiano effettiva utilità, l'efficienza e il progresso di un paese si misurano sulla sua capacità di fare le stesse attività o produrre le stesse cose con meno energia possibile, il che riduce inquinamento e costi.
Non è un caso che il detto "non c'è energia più pulita e conveniente di quella non consumata" è assai veritiero.
La tragedia nucleare giapponese ha rialimentato la sfida fra i seguaci delle rinnovabili e i contrari, o almeno i meno contrari, visto che la posizione di chi prima diceva che le rinnovabili erano una buffonata almeno adesso è quella per cui c'è bisogno del famoso "mix energetico" dove ci mette dentro di tutto, rinnovabili, combustibili fossili e anche il nucleare, come se i soldi da investire, che ci ripetono sempre che non ci sono, fossero infiniti.
Comunque sia, finché lo scontro sarà pro o contro rinnovabili, non si andrà lontano, del resto è nella finitezza delle risorse la problematica principale.
Infatti le domande da farsi per impostare correttamente la questione sono: quanta energia ci serve per fare cosa? È possibile pensare ad una crescita infinita dei consumi energetici? È possibile prevedere una installazione infinita di sistemi energetici rinnovabili o non, datasi la finitezza delle risorse materiali che servono per realizzarli o alimentarli come nel caso dei combustibili fossili e nucleari?
In un mondo dalle risorse finite le risposte ovvie a queste domande sono che va utilizzata meno energia possibile intraprendendo un'opera maniacale di riduzione degli sprechi e dedicando una assoluta attenzione alla conservazione e all'utilizzo delle risorse stesse.
Tutto ciò ben sapendo che la fonte sicura, pulita e infinita di cui ci parlavano all'alba dell'era nucleare è quella che sta minacciando ancora una volta in questi giorni il mondo intero.
Avendo un approccio razionale si può facilmente immaginare poi quanto lavoro ci sarebbe da fare per intervenire energeticamente anche solo sul patrimonio edilizio italiano che è un colabrodo senza fine. Quanta formazione e lavoro ci sarebbe per insegnare l'educazione all'efficienza e al risparmio ovunque, alle famiglie, alle piccole e medie imprese, negli enti pubblici, nelle scuole, nelle industrie, negli ospedali che hanno costi energetici da infarto appunto. Quanto lavoro ci sarebbe nella creazione di nuovi prodotti legati all'efficienza e alla riduzione dei consumi e di conseguenza anche dei rifiuti.
Davvero qui si parla senza ombra di dubbio e senza possibilità di sbagliare di milioni di posti di lavoro.
Le rinnovabili devono fare parte di un approccio sistemico, inserite in un contesto dove il primo passo è la minimizzazione dei consumi e poi la previsione di un loro utilizzo in un quadro di tecnologie appropriate. Se ho il sole in abbondanza perché devo importare olio vegetale dall'Indonesia distruggendo foreste millenarie, scacciando popolazioni indigene, sterminando fauna, flora e inquinando mezzo mondo con il trasporto, per poi apporre il bollino blu di fonte rinnovabile?
Efficienza e risparmio, questo è il corretto punto di partenza e ci si arriverà volenti o nolenti, poiché i benedetti e salvifici limiti del pianeta sono ineludibili.
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